Léonie, la sorella “stramba” di Teresa di Lisieux
L’autismo è una condizione che sconvolge la vita. Nessuno di quelli che hanno avuto contatti con l’aspetto più difficile della neurodivergenza, ossia quello dei comportamenti oppositivi, delle urla che trapanano il cervello, delle notti insonni, delle ritualità ossessive, delle selettività alimentari, può affermare di non aver maledetto la propria nascita, con tutta una sequela di se avessi… È difficile stare alla finestra a guardare la vita degli altri, ma, si sa, nessuno pensa di essere un santo! Invece la storia di Léonie Martin, sorella di Teresa di Lisieux, e figlia di Zélie e Louis Martin, i primi coniugi santi, proclamati da Papa Francesco nel 2015, ci risolleva moralmente nella consapevolezza di essere tutti sotto lo stesso cielo.
Léonie nacque ad Alençon il 3 giugno 1863. Terza figlia, dopo Marie e Pauline; delicata, bionda, occhi azzurri, era completamente diversa dalle sorelle. Ben presto i genitori cominciarono a preoccuparsi della sua salute. Ne abbiamo testimonianza tramite le tante lettere che la madre scrisse al fratello e alla cognata. “La piccola Léonie ha nove mesi e a malapena si regge in piedi. È molto debole, ha una tosse cronica, ma per fortuna non così grave come quella di Pauline – non potrebbe sopravvivere. Dio ci manda solo quello che possiamo sopportare”. Due mesi dopo un’altra lettera nella quale la sua preoccupazione si fa più intensa “Léonie non sta crescendo bene, non sembra voler camminare. Non c’è niente di strano in lei, ma è molto debole e piccola. Ha appena avuto il morbillo con terribili convulsioni”.
Quando ebbe un anno e mezzo, Léonie, che aveva appena imparato a camminare, si ammalò di una grave forma di eczema che interessò tutto il corpo. Il medico non capì la gravità del quadro clinico e le medicine prescritte non ebbero alcun effetto, consentendo la diffusione della malattia che lasciò diverse cicatrici.
Ad ottobre 1864 nacque Marie-Hélène la cui intelligenza fu una gioia per la famiglia. Léonie si affezionò molto a lei che considerava una compagna di giochi. Purtroppo, la bambina morì nel 1870 all’età di cinque anni e questo, probabilmente, provocò un peggioramento nel suo comportamento.
Sebbene la sua salute fisica migliorasse, quella mentale causò non pochi problemi alla serenità familiare. In una lettera al fratello Isidore, la madre scrisse: “Ieri Léonie ci ha fatto passare dei momenti terribili tutto il giorno. Si era messa in testa di andare a Lisieux e non la finiva più di urlare. Alla fine, suo padre si è dovuto arrabbiare e dirle che non poteva andare; dopodiché ci ha dato un po’ di pace”.
Più passavano gli anni e più la madre si preoccupava del ritardo mentale che cominciava ad essere evidente, soprattutto se confrontato con l’intelligenza vivace delle altre figlie. Nell’ottobre 1869 Zélie scrisse alla cognata “Le mie bambine parlano spesso della tua piccola Jeanne e chiedono se tornerà presto. Abbiamo avuto difficoltà a spiegare a Léonie che Jeanne è una bambina, non un maschio. È così lenta a capire le cose, ma poi, è stata ammalata così spesso. Spero che si svilupperà in tempo”.
Cinque mesi più tardi, Léonie ebbe un altro problema di salute “Ora Léonie ha gli occhi irritati. La povera bambina mi preoccupa; ha un carattere molto indisciplinato e mentalmente è sottosviluppata”.
La costante, ostinata disobbedienza di Léonie e la sua mancanza di buon senso continuarono a sconvolgere la famiglia, e più si avvicinava l’età per la scolarizzazione, più la loro ansia aumentava. Marie e Pauline frequentavano una scuola a Le Mans. In una lettera alla cognata, Zélie scrisse “Mi sarebbe piaciuto mandare Léonie con loro. Sfortunatamente ho parlato del carattere di Léonie e la Madre Superiora non vuole prenderla. In un certo senso sono contenta perché non credo che l’avrebbero tenuta; è meglio aspettare un altro anno affinché lei sia più pronta. È veramente molto dolce, ma, nonostante ciò, è difficile farla obbedire” .
Passò un altro anno e la madre si diede da fare per trovare una giovane donna che potesse dare lezioni a Léonie “La bambina ha difficoltà di apprendimento, ma lentamente si sta riprendendo un po’. Il prossimo anno andrà al convento della Visitazione. Sto preparando i suoi abiti. Penso che siano soldi buttati, ma sono soprattutto i guai che darà a sua zia che mi preoccupano. Tuttavia, è mio dovere provarci ancora; se non ci riuscirò, almeno avrò fatto tutto il possibile”.
Finalmente nel gennaio 1874 Léonie andò a scuola insieme alle sue sorelle, ma tre mesi dopo una lettera fece ripiombare la madre nella disperazione. Scrisse al fratello “Se tornerà a casa, sarò disperata. La mia sola speranza è di lasciarla là per anni. Ti scongiuro, tu che stai diventando santo, prega affinché lei rimanga al convento”.
Léonie fu mandata a casa per la terza volta e in una lettera alla cognata “Avrai sentito dalla zia di Léonie a Le Mans che la mia povera bambina ha abbandonato la scuola. Come puoi immaginare questo mi ha irritato terribilmente; più di questo, il dolore che mi ha causato è costantemente con me. Mia sorella era l’unica persona che speravo potesse educare la bambina ed ero sicura che l’avrebbe tenuta, ma, a dispetto di tutta la buona volontà, è stato impossibile. Avrebbe dovuto essere separata dagli altri bambini. Quando è con gli altri, perde il suo autocontrollo e diventa terribilmente indisciplinata. Dubito che qualcosa, tranne un miracolo, possa cambiare la sua natura. So che non merito un miracolo, tuttavia spero contro ogni speranza. Più diventa difficile, più mi convinco che il buon Dio non la lascerà così. Pregherò così tanto che so che Lui si arrenderà. Quando aveva solo diciotto mesi, Léonie guarì da una malattia che avrebbe dovuto ucciderla; perché Dio salvò la sua vita se non intende avere misericordia di lei?”
La storia racconta che alla fine Léonie entrò in monastero il 28 gennaio 1899 per rimanervi definitivamente, assumendo il nome di suor Françoise-Thérèse. Morì il 17 giugno 1941. Il processo diocesano della sua causa di beatificazione e canonizzazione si è svolto nella diocesi di Bayeux-Lisieux dal 2 luglio 2015 al 22 febbraio 2020. Anche lei, come Francisco Pascal, dimostra che la neurodivergenza è un aspetto dell’essere che ci mette di fronte alle nostre insicurezze. La beatificazione, in chi crede, è espressione dell’uguaglianza.
Gabriella La Rovere