Il bambino iperattivo sospeso per essere “educato”
Da quando è un preside a stabilire gli interventi abilitativi su bambini neuro divergenti? E’ lecito domandarselo dal momento che a Ladispoli un bambino di sei anni, con un disturbo comportamentale diagnosticato, è stato sospeso da scuola per 17 giorni dal dirigente scolastico, che ha così motivato il provvedimento: «Se si sta in una comunità si deve imparare a rispettare le regole, così poi si torna rispettando il prossimo».
E’ veramente una brutta storia, sembrerebbe fare retrocedere a vari decenni fa il diritto di inclusione scolastica, almeno per quello che riguarda i bambini con disabilità psichica e relazionale.
Il bambino di Ladispoli indubbiamente ha dei problemi per cui potrebbe presentare comportamenti oppositivi e turbolenti, fa parte però del suo disturbo. L’ ospedale Gemelli che lo segue gli ha infatti certificato un «deficit di attenzione con iperattività (Adhd) di tipo combinato, associata a marcata difficoltà nella regolazione degli aspetti comportamentali e aggressivi».
E’ un bambino sicuramente difficile che in un ambiente realmente inclusivo ha necessità di essere trattato da persone con maturata competenza, insomma se avesse un sostegno capace di lavorare con strumenti appropriati su di lui, la legge che lo tutela sarebbe correttamente applicata e la classe tutta, compresi gli insegnanti, se coinvolti avrebbero un’occasione importante per provare la loro capacità di gestire una fragilità.
Però il consiglio di classe sembrerebbe abbia preferito trattare quel bambino come un indisciplinato, un piccolo discolo che va educato con rigore. Lo ha mandato quindi a casa. Non è chiaro se con l’assurda pretesa di “raddrizzarlo” o semplicemente per allontanare un problema che non avevano strumenti culturali sufficienti per gestire nella maniera corretta.
Il genitori del bambino non l’hanno mandata giù e sono ricorsi al Tar. Oggi molti lo fanno per futili motivi, loro ne avevano tutto il diritto: un figlio disabile che è allontanato dalla scuola che lo ritiene “maleducato” non è certo un boccone facile da inghiottire. Il tribunale amministrativo ha naturalmente dato ragione ai familiari, stabilendo che il piccolo debba essere riammesso immediatamente a scuola, che tra l’altro ha l’obbligo di «assegnare al minore un numero di ore di sostegno compatibile con la gravità dell’infermità di cui è affetto».
Il padre sostenuto dalla sentenza del Tar lo ha riaccompagnato a scuola, però non lo hanno fatto entrare. Esasperato chiama i carabinieri e denuncia la scuola.
Il preside insiste che la sua è «una metodologia di insegnamento». Funziona quasi con tutti e insegna a rispettare il prossimo, secondo lui poi la famiglia avrebbe dovuto collaborare con la scuola invece di mettersi contro.
Non so ancora come andrà a finire, può essere che obtorto collo alla fine il preside e il corpo insegnante tutto saranno costretti a riammette l’esule in quella scuola, in cui è così remota la consapevolezza di cosa si intenda per un disturbo del neuro sviluppo.
Con questa premessa il bambino non avrà comunque la vita facile, proprio questo è il lato più triste e sconsolante di tutta la vicenda. Trovarsi a soli sei anni già schiacciati da uno stigma basato solo su ignoranza e pregiudizio, soprattutto da parte di chi si pone come educatore, non è certo la maniera migliore per immaginarsi un futuro da adulto.
Quel bambino ha invece ha tutto il diritto di essere aiutato nella maniera più corretta e scientificamente validata per compensare le sue difficoltà, la sua felicità futura dipende in massima parte dalle reali competenze di chi, prima possibile, sarà delegato a occuparsi di lui.
Aggiornamento dell’8 marzo
Il Bambino è rientrato a scuola. Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara e il direttore dell’Ufficio scolastico regionale del Lazio Anna Paola Sabatini hanno disposto un’ispezione: andrà verificato come mai non sia stato rispettato dall’istituto il decreto del Tar che disponeva il rientro a scuola del piccolo.
Elisabetta Piccolotti, di Sinistra Italiana, ha anche presentato un’interrogazione. Chiedendo al ministro Valditara di chiarire sia perché il bambino fosse stato respinto nonostante il decreto del Tar, ma anche di riferire sull’adeguamento delle ore di sostegno necessarie. Valutando, anche, “l’idoneità del dirigente scolastico”.