A Bologna il 14 giugno “La Repubblica delle idee”
Venerdì 14 giugno sono andato a Bologna a parlare a “La repubblica delle idee”. Siederò sul palco assieme a due persone formidabili: Enrica Baricco e Luca Trapanese. Lei quasi venti anni fa ha avviato, a Torino, il centro diurno CASA OZ, da cui poi è nato MAGAZZINI OZ, un luogo in cui finalmente trionfa la dimensione del “bello”, sempre trascurata quando si parla di strutture per accogliere persone fragili. In questo posto da un decennio si occupa formazione e inserimento professionale per soggetti disabili, persone rifugiate e svantaggiate attraverso l’eccellenza nella ristorazione, nella caffetteria e nei prodotti in vendita nel loro emporio.
Luca invece lo considero il più fragoroso schiaffo in faccia al benpensantismo retrivo e bigotto. E’ da sette anni il padre di Alba una bellissima bambina con sindrome di Down, che la madre non aveva riconosciuta dopo il parto. Lui l’ha adottata e fa coppia fissa con lei, a dispetto di ogni bieco difensore della supremazia dell’umanità “standard”, che dovrebbe rappresentare il modello a cui tendere, solo perché i “normali” sarebbero più numerosi dei “divergenti”. Di recente ha fondato “IL BORGO SOCIALE” micro comunità per ragazzi disabili senza genitori impegnati a vivere in maniera autonoma ed all’inserimento lavorativo, e la CASA DI MATTEO la prima comunità nel Sud Italia che accoglie bambini con gravi malformazioni, disabilità e forme tumorali abbandonati.
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Il titolo del dibattito è “Nati due volte”, come il titolo del romanzo di Giuseppe Pontiggia che racconta il tormento di un padre a cui nasce un figlio disabile. Il tema è “disabilità e inclusione lavorativa“, argomento tra i più trattati negli ultimi tempi. Mi è capitato almeno un paio di volte nelle ultime settimane di partecipare a discussioni pubbliche su questo tema, ho sempre detto che il lavoro è una importantissima condizione per sancire il diritto di cittadinanza ai nostri figli disabili.
Si ricordi però che la dignità sociale di una persona “cervello ribelle”, che sono quelle di cui io mi occupo, si basa anche su una costante attività di abilitazione, su un progetto di vita autonoma, che necessariamente prevede di essere strutturato su operatori specializzati e affidabili, su una qualità del tempo quotidiano che va inventata ogni giorno, sempre a misura di ogni distinto cervello variamente collocabile in aree differenti nello spettro. Soprattutto è importante che ogni azione sia mirata alla costruzione di un modello replicabile.
Ogni atto di buona volontà da parte di genitori, animati dal desiderio di fare qualcosa nell’immobilismo istituzionale, al di fuori di questo schema, rischia di estinguersi con l’esaurimento ineluttabile delle loro forze, o peggio ancora, animare una delle tante “madonne pellegrine” che fa tanto comodo alla politica abbracciare, baciare, ostentare per camuffare il loro disimpegno.
Cosa faccio io? Quello che ho sempre fatto, cerco di costruire, di informare, di progettare. lo faccio fondamentalmente senza alcun sostegno pubblico e ne vado fiero, posso solo contare su pochissimi amici, che fanno il possibile perché le mie idee utopiche possano approdare a soluzioni concrete. L’ultima su cui stiamo lavorando dovrebbe coinvolgere aziende importanti nel campo delle telecomunicazioni, per cui vorremmo creare un protocollo specifico che permetta di impiegare quelle risorse nello spettro autistico particolarmente dotate nel campo dell’informatica.
Non è facile ma siamo come il funambolo sospeso nel vuoto, è rischioso fermarsi, rischioso arretrare, rischioso avanzare. Quando l’alternativa è comunque il precipizio si smette di pensare e si fa sempre quello che d’istinto ci fa sentire più leggeri.