Frode su minore malato. Chi fa beneficienza chieda un progetto e rendicontazione
Utilizzavano le donazioni messe a disposizione da una onlus per la cura di una bimba gravemente malata per pagarsi invece viaggi, abbonamenti a pay-tv e videogames, e per effettuare versamenti verso l’America Latina. Una frode ai danni di un’associazione filantropica della Valsesia è stata scoperta dalla guardia di finanza di Vercelli, al termine di un’operazione di polizia giudiziaria coordinata dalla procura vercellese.
E’ una di quelle notizie che fa male leggere, per due motivi: il primo è sicuramente il disgusto per avere ancora una volta conferma che per delle famiglie la gestione della fragilità di un congiunto diventa un’occasione di lucro, non certo a favore del diretto interessato. Purtroppo dietro campagne di marketing “compassionevole” molte volte si nascondono interessi di altra natura, piuttosto che l’effettiva volontà di creare condizioni di vita migliori a delle persone in condizioni di disagio.
Vale per la malattia, le dipendenze, le disabilità, l’emarginazione, la povertà ecc. E’ un’abitudine pessima che a volte passa attraverso campagne ad alto tasso emotivo e iconografie a supporto basate su immagini struggenti o narrazioni iperboliche. Si ricordi che la volontà di far del bene non deve essere sollecitata attraverso la rappresentazione realistica della sofferenza o la proclamazione di virtù eroiche per chi se ne occupi.
Un’altra delle ragioni per cui queste notizie faremmo volentieri a meno di leggerle è che generano sfiducia e sospetto in chi, prevalentemente nel settore privato, generosamente sarebbe disposto a impegnarsi in campagne sociali. Il caso dei Pandoro/Ferragni è l’esempio più eclatante e recente. Sarebbe auspicabile che la valutazione dell’effettivo valore di una campagna di sostegno passi per qualsiasi investitore attraverso la richiesta di una progettualità dettagliata e un’accurata rendicontazione, non nella capacità di fare like e muoversi in campagne virali. I nodi prima o poi vengono sempre al pettine.
Nel caso di Vercelli sono tre gli indagati per truffa aggravata, tra cui i genitori della bimba, affetta da una patologia rara. Un’ingente somma di denaro, circa 200.000 euro, frutto di donazioni, era stata vincolata dalla onlus valsesiana per le cure della bambina, ma i genitori hanno utilizzato gran parte della somma per altri motivi, con la complicità di una terza persona. Sono stati sequestrati dal comando della finanza complessivamente 128.000 euro.
I finanzieri, per risalire all’utilizzo effettivo del denaro, hanno effettuato controlli in noti ospedali pediatrici della Liguria, Lombardia e Toscana. Le fiamme gialle hanno anche scoperto fatture e ricevute create ad hoc dai tre indagati per ottenere i fondi da parte dell’associazione; tra queste, fatture di un medico luminare spagnolo con studio in Italia, e ricevute di frequenti viaggi all’estero in strutture sanitarie.
Sembra davvero singolare che qualcuno possa ancora mettere a disposizione una somma importante come duecentomila euro senza richiedere le garanzie minime indispensabili sulla consistenza del progetto, soprattutto senza richiedere una capillare rendicontazione di come la somma venga spesa.