Mi concederò solo un altro anno di parole sull' autismo
Sono dell’idea che di autismo non si potrà parlare seriamente in questo paese se prima non si riuscirà a promuovere una vera campagna culturale. Occorre informare in maniera chiara e inequivocabile cosa significhi avere a che fare con il problema di un familiare autistico. Questo sforzo produrrà risultati solo se chi è coinvolto in prima persona sarà dotato di strumenti culturali che lo aiutino a smettere di camuffare, o minimizzare, il proprio problema in famiglia. Ci sono veramente troppi autistici fantasma in Italia.
Ho riflettuto e ho preso la decisione che, ancora per un anno, voglio impegnarmi a far passare il concetto che gli autistici siano un esercito e che meritino un’attenzione più informata. Passato questo termine di tempo se in Italia non vedrò i segnale di un vero cambio tornerò a dedicare ogni mia energia, riservata al mondo dell’autismo, esclusivamente al benessere e al futuro di mio figlio Tommy. Parlerò meno e proverò a costruire con pochi “colleghi” la nostra Insettopia. Ci sforzeremo per la vita migliore possibile dei nostri figli.
Negli ultimi due anni ho dedicato la maggior parte del mio tempo e delle mie energie cercando di raccontare meglio che potevo quello che sapevo dell’autismo. Ho raccontato prima la mia vicenda personale di padre di un ragazzo autistico, poi ho riferito quello che ho visto e letto da quando guardo con occhi diversi tutto quello che abbia a che fare con l’ autismo. Per fare questo ho scritto due libri e molti articoli sul tema dell’autismo, ho spesso parlato alla radio, in tv, nelle piazze, nelle librerie, nei teatri, nelle sedi delle associazioni.
Assieme a pochi, ma generosi amici ho messo la prima pietra di INSETTOPIA.IT, quella che dovrebbe essere la prima porta di accesso per chiunque abbia a che fare con l’ autismo e la grande community delle famiglie che gestiscono persone con questo problema.
Devo dire che ho girato e parlato molto e per questo in queste ultime settimane ho deciso di riposarmi e di riordinare le idee. Sono in linea di massima abbastanza soddisfatto. Mi sono accorto che oggi si parla molto di autismo, almeno infinitamente di più di quanto lo si facesse due anni fa. Sono riuscito a intercettare interlocutori sinceri e attenti in importanti istituzioni, anche governative. A tutti ho sottoposto la mia idea che alla fine non è per nulla rivoluzionaria, anzi è semplicissima. Per diffondere concretamente un cultura dell’autismo bisognerebbe riuscire a divulgare pochi, ma basilari, concetti:
- L’autismo è un disturbo del neuro sviluppo.
- L’autismo non è causato dai vaccini.
- L’autismo non è causato dalle madri inadeguate o da contesti familiari problematici.
- Gli autistici se presi in carico e trattati correttamente possono avere un progetto di vita sociale.
Bisognerebbe farlo attraverso organi d’ informazione importanti e popolari, bisognerebbe che in Italia si costituisse uno comunità di medici e ricercatori che si faccia garante di un corretto approccio all’autismo, sia da parte delle amministrazioni pubbliche che dei maggiori media. All’occorrenza rettifichi e ogni informazione sull’autismo che divulghi miti e credenze prive d’ evidenza scientifica.
Il vero problema è che in Italia, su base nazionale, nessuno può rispondere con esattezza alla domanda di quanti siano realmente gli autistici, quale sia il livello di servizio ottenuto delle famiglie, quale siano le prospettive che i genitori si immaginano per il futuro dei propri figli.
Sanità e scuola sono i due massimi universi istituzionali con cui si misura la famiglia di un autistico. Solo se questi due soggetti riusciranno a sedersi a un tavolo comune e specifico sull’autismo, sarà possibile una vera rottura con la naturale diffidenza di chi si senta d’istinto abbandonato.
Sarebbe necessaria un’ azione potente e strutturata capace di coinvolgere il maggior numero possibile di famiglie che hanno in carico un congiunto con autismo. In famiglia si consuma la parte più faticosa e invisibile dell’onere sociale delle persone autistiche. Le famiglie dovranno essere avvicinate dando loro certezza che non saranno lasciate sole con il loro problema.
In questo le associazioni di familiari, a cui si deve tantissimo negli ultimi anni, dovrebbero fare un ulteriore sforzo per superare ogni frammentazione o antagonismo interno e convergere su dei punti di comune condivisone.
La maniera migliore per non cadere nelle pastoie dell’ambiguità sull’autismo sarebbe secondo me quella di tenere fermo il punto sulla linea guida 21 dell’ ISS dell’ottobre 2011 (presto verrà nuovamente aggiornata e ancora dopo quattro anni non è tradotta in una legge per tutti)
L’ approccio corretto al problema lo riassumerei in quattro punti.
- Necessità d’individuazione dei sintomi e diagnosi precoce.
- Avviamento a un centro specializzato per valutazione
- Svolgimento pratiche necessarie per riconoscimento invalidità.
- Inizio di un progetto di abilitazione e autonomia che arrivi fino al “dopo di noi”.
Quando questo percorso sarà assicurato ad ogni famiglia l’Italia potrà dire di essere uscita dalla fase delle soluzioni “sciamaniche”, almeno rispetto a un problema sanitario e sociale così importante. Mi sento di poter dire che per raggiungere gli obbiettivi già basterebbe un impiego più razionale e mirato delle risorse pubbliche già destinate all’autismo, ma di cui gli autistici sono spesso gli ultimi a trarre vero beneficio.
Ci tenevo a comunicare in sintesi quello che per me è il pensiero fisso di ogni giorno, che probabilmente lo sarà pure di molte persone che qui mi leggono, ancor più di un’infinità di famiglie che non conosco, che non mi hanno mai sentito nominare. Sono quelli che intuisco che vivono in silenzio e rassegnazione il loro destino, come se non esistesse alcuna alternativa al farsi carico del loro congiunto autistico nella fatale attesa di una finale a cui si preferisce non pensare.
In ogni caso buon anno a tutti