2-Bollettino medico di Tommy: 23 marzo
Continuo qui a dare notizie di mio figlio Tommy che al momento è ancora nel reparto di terapia intensiva al Policlinico Gemelli. Il primo bollettino medico pubblicato ieri ha provocato messaggi da una valanga di persone che esprimevano vicinanza e apprensione per lui.
IL PRIMO BOLLETTINO MEDICO DI TOMMY
Da una parte questo mi ha fatto dubitare un attimo che mettere in piazza lo stato di salute di una persona che non mi ha chiesto esplicitamente di farlo, forse poteva essere stato da parte mia una maniera facile per elaborare quello che sto provando. Poi ho riflettuto sul fatto che Tommy non ha strumenti autonomi per proclamare il suo esistere, almeno che un mediatore non si prenda la responsabilità di interpretare e leggere quello che a lui farebbe maggior piacere.
Sono convinto quindi che avere attorno a sè migliaia di persone che mandano messaggi e si informano della sua salute, anche se non direttamente percepito, può comunque contribuire a creare un clima che non può che fargli bene. Non chiedetemi come, resta il fatto che l’indifferenza uccide e quindi l’attenzione solidale aiuta a vivere.
Tommy ha disegnato due felici e un gatto

Oggi quando siamo entrati nella sua stanza tommy aveva gli occhi aperti. Erano fissi e stralunati più del solito. Ricordo che di aver guardato con attenzione le immagini che gli avevo scattato nel pomeriggio di giovedì, sia con la nostra amica Maria Antonietta, sia durante la premiazione alla Fondazione Baroni. Aveva gli occhi sbarrati anche allora, ci ho fatto caso dopo. Penso che fosse già nell’aura di una crisi epilettica e io non me ne sono accorto. Vederlo anche oggi così mi ha fatto impressione. gli ho domandato come stesse. Mi ha risposto immancabilmente “Felice”. Anche l’operatrice sanitaria che lo segue mi ha detto. “A ogni domanda risponde sempre che è felice.” Le ho spiegato che è il suo modo di rispondere. Come la signora è uscita ho preso un taccuino e un pennarello e gli ho detto se volesse disegnare. Ha disegnato due “felici” firmandoli con il suo nome e un gatto sotto al sole, accanto cui ha scritto “gato”.
L’ho guardato disegnare, il suo tratto era frettoloso e il disegno più sommario del solito. Era chiaro che gli costasse fatica. Ha le mani piene di aghi e tubicini e la sua posizione non gli permette grandi movimenti. Per me però è stato importante, è come se volessi verificare che un filo tra noi non si fosse interrotto. Il medico mi ha poi autorizzato a portare domani un album e delle matite colorate. Vedrò se non si stanca troppo.
Vi scrivo le scarne notizie che posso comunicare, oggi aveva febbre che hanno dovuto abbattere, per lui la febbre è deleteria perché scatena attacchi epilettici, che comiunque non ha avuto, ha in flebo Depakin proprio per evitare altre crisi. La respirazione è sempre sostenuta dall’ossigenazione attraverso i naselli ma il medico mi ha detto che stava migliorando. Quando un attimo gli hanno tolto i naselli per cambiarlo ho visto la saturazione scendere molto. Non sono competente riferisco le mie paure come farei con un qualsiasi amico che mi chiedesse come va.
Il corpo di Tommy
Poi mi sono occupato del corpo di mio figlio, gli operatori avevano bisogno di qualche indicazione per comunicare con lui. Per alimentarlo, per aiutarlo nelle sue funzioni fisiologiche. Gli avevo portato un gelato al cioccolato, l’ho imboccato con il cucchiaino e vedevo le sue labbra screpolate coperte in parte dalle apparecchiature. Nel suo tenermi la mano ho sentito gratitudine. Sul tavolino c’era il pranzo che aveva rifiutato. Con pazienza sono riuscito a imboccarlo ancora millantando altro gelato, in realtà gli ho propinato un omogenizzato di pollo. E’ strano, l’odore dell’omogenizzato mi ha riportato indietro di 27 anni, mi ha riportato a vedermi con entrambi i figli durante lo svezzamento, con quel polletto frullato che puzza di Kitkat e l’odore di pannolino come additivo. Tommy mi ha guardato un po’ storto ma se l’è mangiato tutto.
Poi ho affrontato il problema cacca. Tommy è di natura riservatissima quando va in bagno pretende che nessuno lo disturbi e nessuno può interferire. Dice deciso “fuori!” quando qualcuno per sbaglio entra quando c’è lui.
All’operatirice aveva detto “bagno” prima che arrivassi e lei ha capito che aveva necessità. In rianimazione non esiste il bagno tutto si fa nel pannolone. Tommy già sopporta male che gli abbiano infilato un tubicino nel pisello, di cui è molto geloso. Fare la cacca disteso è per lui un’impresa impossibile. Si sono ingegnati allora preparando una sedia a rotelle con il buco dove farlo sedere. Io l’ho nuovamente ingannato dicendoli che fosse un bagno. Si è fidato, con una fatica immensa in quattro siamo riusciti a farlo sedere senza staccare i tubi. io gli stavo davanti alla faccia per copririgli la vista delle altre persone e costruirgli un minimo di intimità.

Una riflessione su quello che siamo
Il medico ci ha detto che al momento stanno osservando un leggero miglioramento della situazione polmonare, dovrà ancora stare qualche giorno in terapia intensiva, poi se andrà meglio passerà in neurologia. Qui dovremo capire che è successo al suo “cervello ribelle” e come dovremo comportarci per il resto della vita. Almeno fino alla prossima avvisaglia se mai ci sarà. Sono uscito lasciandomi alle spalle Tommy sedato e disteso. Ho notato che ora tiene le mani con le dita incrociate sul petto. Non l’aveva mai fatto, mi ha molto inquietato, è quella la postura con cui compongono le salme. Un pensiero terribile ma mi ha attraversato la testa come la pallottola di un cecchino. Non vi nascondo nulla.
Questo mi ha fatto riflettere sia sul piano generale del nostro esistere. Un’altalena continua tra “Pañales y mortaja” (pannolini e sudario) come diceva Francisco de Quevedo, uno dei miei rarissimi riferimenti culturali di gioventù. Questo è ciò che ci contiene e che il mondo percepisce come prova del nostro esistere: siamo un simulacro di ossa e visceri che ingerisce ed espelle. In varie fasi della vita troviamo indifesi e fragili nella necessità di trovare rifugio in un panneggio che nasconda la nostra putredine.
Da qui la seconda riflessione. Quanto potrò farcela ancora io a provvedere alla decenza minima nei momenti più delicati di questo gigante possente a cui vivo accanto con l’illusione di essere indistruttibile. Ancora di più mi sono venute in odio tutte le letture rassicurati ed edulcorate della disabilità. Purtroppo è una condizione che comporta esattamente questo. Nel lato più intimo e umano serve qualcuno che ti aiuti. Anche se non sei vecchio, molto prima che la natura prescriva il tuo regredire a bimbo.
Poi per fortuna il Papa è tornato a casa.
All’uscita del Gemelli stavano smontando le postazioni che hanno ripreso l’uscita di Papa Francesco, ricoverato qualche piano sopra Tommy, anche lui per una polmonite. Qualche corrispondente straniero faceva l’ultimo stand up davanti all’operatore. Un manipolo di suore, comandate alla preghiera perenne per la salute del Papa, stavano inginocchiate di fronte alla statua di Papa Giovanni Paolo Secondo ma pregavano per Papa Francesco.