Buco Nero

Irpinia, la storia infinita del Centro Autismo. 11 anni di Odissea…

Ad Ulisse andò anche meglio”: le vicende del centro per l’autismo di Valle, in Irpinia, diventeranno presto un libro, con la prefazione di Davide Faraone, scritto da chi questa “odissea” la sta vivendo in prima persona: Scipione Pagliara è presidente della cooperativa sociale Pianeta Autismo, ha una figlia di 30 anni, che ne aveva appena 14 quando questa storia “infinita” ebbe inizio. Dal 2001, anno in cui il progetto fu presentato, fino ad oggi, “niente è cambiato per i circa 800 autistici dell’Irpinia”, si rammarica la moglie di Pagliara, Elisa Spagnoulo, che presiede l’associazione Pianeta autismo, braccio operativo della cooperativa.

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E non è una caso che a portare avanti questa estenuante battaglia sia proprio una famiglia, che il dramma dell’autismo “senza risposte” lo vive sulla propria pelle. “Nostra figlia è in un centro a Nola, in provincia di Napoli. Un dispendio enorme per la Asl di Avellino – ci riferisce ancora Spagnoulo – che ogni anno spende circa 3 milioni di euro per curare al massimo una sessantina di autistici, i quali fuori provincia costano moltissimo”. Per questo, il Centro per l’autismo “è la speranza nostra e di tutte le famiglie come noi”. Una speranza che però, dopo 14 anni di attese e una serie di presidi, battaglie e contrattazione, è stata nuovamente delusa. Il progetto è stato presentato nel 2001 e finanziato nel 2004, quindi sono 11 anni che i soldi ci sono e le carte anche: 10 stanze per offrire accoglienza residenziale a 20 persone e poi spazi per semiconvitto e centro diurno, aperto ad altre 100. Ma “pochi giorni fa – riferisce Pagliara – l’ultima riunione in prefettura con il sindaco Paolo Foti, i rappresentanti dell’Aipa, sindacati e Regione non ha portato a nulla. I lavori restano sospesi e nessuno sa perché. Io ho un sospetto, ma non posso dirlo. Ma il procuratore Cantelmo è stato informato e le indagini sono in corso”.

La storia passata è un susseguirsi di promesse mancate e lavori interrotti, le varie puntate sono state raccontate da Redattore sociale a marzo e a dicembre del 2014: “dopo una serie di vicissitudini e ripetuti presidi, i lavori ripreso e poi si interruppero nuovamente e misteriosamente nella primavera del 2014 – ricorda Pagliara – Nell’agosto successivo occupammo di nuovo l’edificio, ormai quasi concluso, insieme all’attuale sottosegretario all’Istruzione Faraone, sventando anche atti vandalici e furti. Ma l’unica cosa che abbiamo ricevuto, anche dopo le grandi promesse del governatore Caldoro, sono 200 mila euro dalla regione per lavori già eseguiti. Per il resto, tutto resta fermo: eppure, basterebbero 3 mesi per finire”.

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Il problema ora pare che sia una procedura fallimentare avviata dalla ditta capofila dell’Ati: “lo abbiamo scoperto per caso all’inizio del 2015 – riferisce Pagliara – Ci siamo recati quindi al Tribunale, dove siamo stati accolti con grande disponibilità. Poco dopo il tribunale ha sbloccato la situazione, autorizzando il proseguimento dei lavori”. Lavori che, in effetti, sono ripresi, ma solo per tre giorni: poi, una nuova interruzione dovuta, pare, a una carta mancante. Il cantiere di nuovo ha chiuso, per riaprire a luglio. Ma da settembre i lavori sono di nuovo fermi e nessuno sa perché. “Ora è tutto bloccato e nessuno ci spiega nulla – conclude Pagliara – Al comune continuiamo a pagare l’affitto per un intero piano di una scuola chiusa, e dove svolgiamo le nostre attività. Ma serve con urgenza un centro pubblico, da cui l’idea di profitto resti lontana: un centro che funzioni come eccellenza e dia gratuitamente le risposte necessarie alle persone con autismo e alle loro famiglie. Ma questo centro, a quanto pare, non si deve fare, a qualcuno dà fastidio”.

Ne hanno invece estremo bisogno le circa 800 persone con autismo censite dalla Asl di Avellino: “parliamo di un territorio non vasto ma montuoso e impervio – spiega Elisa Sagnuolo – Le famiglie sono costrette a spostarsi, a proprie spese e con grandi difficoltà, per garantire ai figli le terapie a cui hanno diritto. E pensare che il centro poteva essere finito da 11 anni: quante persone se ne sarebbero giovate, quanti bambini sarebbero stati presi in carico precocemente, come desso anche una legge impone…”. Invece, quel che accade è che “siamo costretti a rivolgerci a strutture fuori provincia: e non tutti possono permetterselo. L‘apertura di questo centro non solo migliorerebbe decisamente la qualità della vita di queste famiglie, ma comporterebbe notevoli vantaggi economici per le casse pubbliche. Noi abbiamo visto nostra figlia diventare adulta, senza che questo sogno si realizzasse: ma continuiamo a sognare che presto possa tornare nella sua città, in un centro di eccellenza, con la possibilità di tornare a casa quando lo desiderare. Questo ci darebbe anche una grande tranquillità per il futuro: quando non ci saremo noi, qui ci sarà sua sorella. E saperle vicine sarebbe per noi molto rassicurante. Per loro, sarebbe un diritto”.

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