Per i ragazzi autistici non ci sono neanche i pannoloni
Difficile, quasi impossibile trovare il pannolino adatto per un ragazzo autistico di 12 anni: troppo grande per indossare le misure da bambino, troppo piccolo per quelle da adulto. Eppure quel pannolino a mutandina non serve solo per la sua igiene, ma è fondamentale per la sua autonomia. Ma l’autonomia, evidentemente, costa troppo: meglio spendere di meno, magari male, anche a rischio di scoraggiare le famiglie, facendole rinunciare a percorsi di autonomia faticosamente intrapresi.
Quale pannolino, questione di autonomia
A raccontare questa assurda vicenda è Massimiliano Verga, che conosciamo sopratutto come papà di Moreno, protagonista del suo libro “Zigulì”. Vive a Milano e, quest’anno, pare che non potrà ricevere dalla Asl più di 27 pannolini al mese, meno di 1 al giorno, per non superare il tetto di spesa di 31 euro al mese. “Ma non sono affatto sufficienti per mio figlio, che ha 12 anni, è autistico, non è autonomo e non può certo essere cambiato una volta al giorno!”.
Ma la scelta del pannolone, per Moreno e per tanti ragazzi come lui, ha delle forti implicazioni e ricadute sull’autonomia che tutti i genitori cercano di insegnare ai loro figli. “Per Moreno usiamo solo le mutandine”, spiega Massimiliano, scusandosi se entra nei dettagli. Che però, in questa storia, sono fondamentali. “Mettergli un pannolone tradizionale significa sdraiarlo, mentre lui vuole saltare. E mettere in scena una vera e propria lotta, violenta e frustrante. Ma significa anche avvicinarlo gradualmente al water, come stiamo cercando di fare per renderlo più autonomo, in accordo anche con la scuola. La mutandina, insomma, per noi non è un capriccio”.
La richiesta dei pannoloni viene rinnovata ogni anno, ma cambiano le marche, le ditte fornitrici e, come vedremo, cambiano sopratutto qualità e quantità. “La ditta è cambiata tre volte: la prima e la seconda andavano benissimo, sia come misura che come qualità, tanto che ho richiesto una riduzione della fornitura da 120 a 90 pezzi al mese, perché non mi andava di rubare soldi allo Stato. L’anno scorso, la ditta è nuovamente cambiata e la misura più piccola andava bene a me. Non c’era modo di bloccare quella mutandina sul corpo minuto di Moreno: ho provato anche con lo scotch, niente da fare. Ce li siamo tenuti, integrando con un po’ di acquisti al supermercato. Nel frattempo, però, mi avevano anche ridotto la fornitura da 90 a 42 pezzi, senza spiegarmi le ragioni. Pazienza, avrei provveduto l’anno successivo”. Gli impiegati della Asl hanno infatti spiegato a Massimiliano che, per avere un aumento della fornitura, avrebbe dovuto presentare la richiesta del neuropsichiatra.
E così ha fatto: “il mese scorso mi sono presentato alla Asl e ho segnalato l’insufficienza della quantità e ance l’inadeguatezza della misura. In quell’ufficio ho incontrato due signore da sposare: si sono prese a cuore il mio problema e hanno fatto di tutto per trovare una soluzione”. Soluzione che, però, era più difficile di quanto si potesse immaginare. “Mi hanno spiegato che le ditte appaltatrici non hanno pannoloni della misura intermedia: praticamente, o sei bambino o sei adulto, o pesi 25 chili o ne pesi 50. Per Moreno, ma anche per tanti come lui, non ci sono pannoloni adatti. Le signore però non si sono arrese: si sono ricordate che esiste una sottomarca convenzionata che potrebbe avere la misura giusta. Hanno verificato telefonicamente, chiedendo un pacco prova: erano proprio i pannoloni giusti per Moreno”.
27 pannolini al mese. Perché la qualità costa
Non c’è tempo, però, per esultare. “Quando chiamo la Asl per comunicare che vanno bene, scopro che non posso averne più di 27 al mese. Cioè meno di uno al giorno!”. Perché? “Perché il tetto di spesa massimo è di 31 euro al mese e quei pannoni costano più di un euro l’uno! Le signore gentili fanno di tutto per trovare una soluzione, ma di fronte al tetto di spesa hanno le mani legate, non possono farci nulla”. Così, la situazione per ora è ferma a questo punto: Moreno riceverà 27 pannoloni al mese (finalmente della misura giusta) dalla Asl, mentre gli altri dovranno comprarli i genitori. “Ed è una bella spesa – assicura il papà – che noi fortunatamente possiamo permetterci. Ma ci sono centinaia di famiglie in queste condizioni solo in Lombardia. E’ un problema serio, perché si rischia che rinuncino alla qualità in favore della quantità, con tutte le conseguenze che da questo possono derivare. O, peggio ancora, che rinunciano alla ‘mutandina’, quindi all’autonomia. Insomma, queste assurde politiche sanitarie rischiano di pregiudicate il benessere delle persone e le scelte delle famiglie. E di compromettere percorsi e tentativi che, nonostante le difficoltà, i genitori compiono per il bene dei loro figli. Mi pare grave. E mi pare anche che si stia sempre più peggiorando: meno qualità, sempre e comunque”.