Scienze & Ricerca

Nuove tecnologie per teppautistici e non solo

digitabili  Le tecnologie fanno bene a chi ha una disabilità.
E anche ai #teppautistici

Luca Spaziani lo dice con cognizione di causa: è non vedente dalla nascita e “ho avuto la fortuna di crescere inseguendo lo sviluppo tecnologico – ci dice – e cercando di cogliere le opportunità che può offrirmi, prima guidato dai miei genitori e poi da solo”. E usandole, queste tecnologie, si è accorto che possono fare tanto non solo per semplificare la vita di chi ha una disabilità, ma anche per valorizzarne le capacità. Per aiutare ad esprimersi anche chi ha più difficoltà. E questo interesserà particolarmente #teppautistici e famiglie. Per questo, ha deciso di dedicare al tema un libro di oltre 130 pagine: “Digitabili. L’innovazione tecnologica come opportunità per superare l’handicap”. Superare l’handicap, sì: perché proprio qui sta il punto, che è anche il senso del libro: “alcune possibilità offerte dalla tecnologia – ci dice Spaziani – hanno un impatto talmente significativo su determinate situazioni di handicap da cambiarne i connotati, che potrebbero modificarne la percezione che di esse ha il resto della società. Il problema è che la maggior parte delle persone non è a conoscenza di ciò che i disabili possono fare grazie all’innovazione tecnologica e continua ad avere di loro un’immagine che molto spesso non coincide più con la realtà. Molte cose stanno cambiando e anche in fretta. Ho voluto scrivere questo libro proprio per dare un piccolo contributo ad accendere una lampadina su questo tema: credo che se ci fosse maggiore consapevolezza in merito alle potenzialità dei disabili, si avrebbe una maggiore considerazione nei loro confronti”

Buone speranze, quindi, anche per i #tappautistici, a cui Spaziani dedica un paio di capitoli. “Ma – ci chiarisce – faccio una doverosa premessa: io non sono un esperto di autismo”. Però, come vedremo in seguito, ha studiato e quindi scrive poche cose ma giuste: e soprattutto, sarebbe “lieto” di potersi confrontare con chi conosce questo tema meglio di lui. Ed ecco cosa abbiamo chiesto a Luca Spaziani sul suo libro e su tutte le questioni che affronta.

 

spazianiQual è la tua esperienza personale rispetto a questo tema?
Ho 30 anni e sono non vedente dalla nascita. Tra i miei giochi preferiti di bambino c’erano senz’altro i display Braille e i primi note takers, che ho iniziato ad utilizzare fin dalle elementari: ben prima quindi che il digitale facesse la sua comparsa nelle classi scolastiche. Utilizzo molto la tecnologia, ieri nello studio e oggi nel lavoro ma anche nel tempo libero e soprattutto come mezzo per compiere in autonomia molte azioni quotidiane che altrimenti potrei mettere in atto solo con l’aiuto di qualcuno (ad esempio fare la spesa o gestire il mio conto in banca). Non vorrei essere frainteso però: credo molto nella tecnologia e la utilizzo, ma non penso di esserne sopraffatto, non sono né uno smanettone né un nerd. Considero la tecnologia uno strumento prodigioso da sfruttare a nostro vantaggio ma i protagonisti della nostra vita dobbiamo essere noi. E il digitale può aiutarci ad esserlo.

Nel tuo libro esamini il contributo che diverse tecnologie possono portare a diverse disabilità. Quale credi che sia, in assoluto, quella più efficace e innovativa? E quale pensi che sia la disabilità che può trarre maggiore vantaggio dalle tecnologie?
Non vorrei sembrare banale ma credo che la tecnologia migliore sia quella con cui ci si trova più a proprio agio. Oggi nel panorama digitale esistono infinite soluzioni in grado di offrire un supporto adeguato per una specifica situazione di handicap. Sebbene la cosa possa risultare disorientante per qualcuno, io la considero un’opportunità perché ciascuno può scegliere la soluzione che gli è più congeniale. Tutti sappiamo quanto individuali e personali siano i cosiddetti bisogni speciali e di conseguenza quanto debbano esserlo anche le risposte. Proprio per questo, non vedrei una sorta di “gara” tra le disabilità per stabilire quella che può trarre i maggiori benefici dalla tecnologia. Penso, infatti, che la tecnologia vada vista come uno strumento utile a mettere a frutto le proprie potenzialità che, come sappiamo, variano molto a seconda delle diverse situazioni di handicap ma non per questo non meritano di essere sfruttate. Non saprei dire, tanto per essere chiari, se valga di più un iPhone, che consente ad un non vedente di orientarsi in città; un rilevatore dei movimenti oculari, che permette ad una persona paralizzata dal collo in giù di scrivere; o un software studiato per consentire ad un bambino con grave deficit cognitivo di imparare le quattro operazioni…

Touch-ScreenTante sono le tecnologie oggi disponibili: ma sono anche “accessibili”? In altre parole, sono alla portata delle famiglie? C’è infatti il problema del nomenclatore tariffario non aggiornato: quante di queste tecnologie arrivano effettivamente nelle case di chi ne avrebbe bisogno?
L’accesso alle tecnologie è effettivamente un problema, specie nel nostro Paese. Vi sono ostacoli burocratici come il nomenclatore ma, a mio parere, anche ostacoli di carattere culturale e infrastrutturale, che pongono l’Italia agli ultimi posti in Europa per l’uso della tecnologia. Credo che un elemento positivo sia il fatto che sempre più dispositivi tecnologici di uso comune, facilmente reperibili sul mercato e a prezzi non proibitivi, sono progettati per essere d’aiuto anche ad utenti con disabilità. Un esempio sono i telefonini, i tablet e i computer di casa Apple, che montano già al loro interno programmi pensati per garantirne la piena accessibilità e usabilità da parte di non vedenti, non udenti e persone con difficoltà motorie.

Due capitoli sono dedicati all’autismo: quali sono le tecnologie più innovative per questo tipo di disturbo?
Ho deciso di dedicare a questa problematica alcune pagine del mio libro pur non essendo un esperto di autismo: mi sono infatti documentato sui benefici che l’uso della tecnologia, in particolare del computer e di software specifici, può offrire a bambini e ragazzi colpiti da questo disturbo. Nello specifico, l’utilizzo di linguaggi digitali sembra particolarmente adatto a ridurre gli effetti negativi di alcuni tratti tipici dell’autismo grazie ad alcune sue caratteristiche come la programmabilità da parte dell’operatore, la ripetitività delle risposte, l’intuitività delle interfacce e la multimedialità. Nel libro mi sono limitato a citare alcuni esempi, buone pratiche e progetti in corso, sarei lieto di potermi confrontare su questi temi con chi li conosce meglio di me.

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