Cosa fare

Tommy nel viaggio della memoria

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Per un autistico a cui la scuola preclude una gita di un giorno, (vedi #iosonogiulio ) un altro autistico è partito con la sua scuola per un viaggio di una settimana, molto faticoso e molto emotivamente impegnativo. Tommy è andato in pullman lungo il percorso della memoria dei campi di sterminio nazisti, un viaggio atroce ma indispensabile per maturare che dovrebbe fare ogni suo coetaneo. Per Tommy ragazzo disabile è stato un viaggio che ha un valore ancora più profondo. Tommy è stato a vedere i posti dove sarebbe finito se solo fosse vissuto nel tempo in cui, quelli come lui venivano sterminati con con scientifica sistematicità. L’operazione, passata sotto il nome Aktion T4, fu scrupolosamente eseguita dal 1939 al 1945 e rappresentò, sul piano organizzativo, la “prova generale” dell’ Olocausto. Oltre 70 mila persone disabili a vario titolo furono uccise e 375 mila sterilizzate dal regime nazista, in quanto ritenute “vite che non meritano di essere vissute”.

Sono reduce da un Viaggio della Memoria organizzato dal Liceo Artistico Ripetta di Roma  a cui ho partecipato con mio figlio Tommy, autistico-major 18 doc, alunno di III liceo artistico nella sede di Viale Pinturicchio. Io, ovviamente, ero lì sia come partecipante che come accompagnatrice dell’alunno autistico.

Sono stati sette giorni intensi e faticosi, di lunghi percorsi fatti in pullman e lunghe ore di cammino nei luoghi simbolo di dolore e
morte. Siamo partiti da Roma con un pullman e abbiamo fatto la prima tappa al campo di concentramento di Fossoli (Mirandola-Modena) poi al castello di Hartheim (Austria) dove venivano deportati i bambini (e non) disabili fisici e mentali che per i nazisti andavano eliminati in quanto inutile zavorra umana non produttiva che sottraeva i beni destinati alle giovani coppie di pura razza ariana, poi al campo di sterminio di Mauthausen (Linz- Austria), poi a quelli di AuschwitzBirkenau. Abbiamo visitato anche il sottocampo di Bundi e l’area dove sorgeva il campo di Monowitz dove fu internato Primo Levi. Siamo stati due giorni a Cracovia: abbiamo girato, a piedi, in lungo e in largo la città e pure il Museo di Schindler. E infine una toccata e fuga a Vienna per chiudere in bellezza con una serata in uno jazz club.

Abbiamo attraversato cinque paesi in sette giorni, cambiato quattro alberghi e macinati migliaia di chilometri di autostrada.
La visita a Mauthausen è durata almeno cinque ore, quella ad Auschwitz e Birkenau complessivamente otto. Altrettante ore ci sono volute per visitare il quartiere ebraico di Kasimierz e il ghetto di Cracovia. Due ore per il museo di Schindler. Senza contare lo stress delle ore passate in pullman, le soste agli autogrill e bar di mezz’Europa, il chiasso che 40 e passa ragazzi possono creare quando mangiano tutti insieme nei ristoranti,  il cibo “discutibile” che viene loro propinato.

E soprattutto il carico di angoscia e di partecipazione emotiva che ti scatena “dentro” un viaggio del genere. Dove non ti viene risparmiato nulla e dove persone che hanno vissuto sulla propria pelle quelle atrocità come Aldo Pavia che ci ha accompagnati, ti raccontano episodi di storia terribili e disumanizzanti. Attraverso i motivi e i passaggi che li hanno determinati scopri pure che non erano frutto di improvvisa pazzia o follia generale ma studiati a tavolino e dettati da precisi disegni. E dunque potrebbero succedere ancora, perché sono già successi.  Chi c’era dietro all’inferno non erano dei marziani ma soltanto esseri umani.


 


Noi eravamo lì anche come testimoni di un’umanità che non vuole dimenticare e con noi c’era pure Tommy, autistico major18 ma soprattutto testimone. Tutto questo è successo per davvero. E se a Tommy la scuola avesse impedito di andare perché era un viaggio impegnativo (non soltanto fisicamente) e dunque non adatto ad un autistico, avrebbe negato una grande occasione anche a lui. Quella di sentirsi parte integrante dell’umanità che non dimentica. E non zavorra umana.

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