Una settimana fa ho parlato a un convegno sui miti che nascono attorno alla salute. Il panel a cui partecipavo era dedicato alle leggende su vaccini e autismo. Difficile immaginare che quello che ho detto sia servito a fare cambiare idea a chi sia radicalmente convinto che un complotto internazionale trami per disinformare sui vaccini che fanno diventare i bambini autistici.
L’ occasione però mi è servita per ribadire in me la convinzione che, per quanto riguardi l’ autismo, ancora nel nostro Paese più che l’evidenza scientifica prevalga la supercazzola. Prima che io prendessi la parola sono stato avvicinato dalla madre di un bambino di tre anni, la donna voleva condividere con me qualche sua perplessità.
Il bambino le sembrava avesse qualche piccola irregolarità nel linguaggio e nella relazione, la madre giustamente aveva iniziato a farlo vedere da qualche “esperto”, per capire se mai quei comportamenti potessero essere considerati come dei possibili “campanelli d’ allarme”.
Si era quindi rivolta a un primo centro specializzato nell’importante città del nord Italia dove lei abita. La terapia che le era stata prescritta ha veramente dell’ incredibile, ma vale la pena di riferirla per segnalare l’ evoluzione della classica supercazzola sulle mamme frigorifero, che naturalmente non può più essere riproposta nella sua versione originale e quindi, come ogni mito che si rispetti, si è nel tempo evoluta.
La diagnosi di base restava quella di sempre: il bambino non parlava e era “strano” perché la madre era molto occupata fuori casa per il suo lavoro. Lo straordinario elemento generato dalla mitopoiesi fantautistica consisteva però nella terapia suggerita per ovviare a questa assenza di madre (di padre forcluso non mi ha parlato, ma avevo poco tempo…).
Alla madre fu prescritto innanzitutto di cambiare rossetto…Ne avrebbe dovuto usare da quel momento in poi un tipo con tonalità di rosso molto più acceso, indispensabile per essere notata dal bimbo, che sembrava mostrare indifferenza al fatto che lei ci fosse o meno.
Il vero colpo di teatro però fu la raccomandazione di indossare per più tempo possibile un naso rosso da clown, quelli di plastica che usano gli animatori delle festicciole di compleanno.
La signora solerte mise in pratica le prescrizioni. Naturalmente non cambiò nulla e quel bambino continuava a non parlare. Una sera lei si guardò allo specchio con quel naso da pagliaccio, che portava sempre in borsetta, e decise di cambiare specialista.
Il successivo consulto fu presso un centro specializzato in neuropsichiatria infantile in un arcinoto ospedale, sempre nella stessa metropoli del nord Italia. Questa volta furono meno drastici…Il bimbo non parla? Ha quasi tre anni? Potrebbe essere timido, meglio aspettare ancora un po’…Nel frattempo il consiglio è prendere dei farmaci omeopatici,che pare siano molto efficaci.
Ho dato alla madre il telefono di una persona seria, spero ne faccia buon uso.