La signora Elena da Ravenna, mamma di un bambino autistico di sette anni, aveva prenotato con vari mesi di anticipo un bed and breakfast a Roma. Lo aveva scelto nella zona del Vaticano perché per il 29 aprile aveva fissato un day hospital per suo figlio presso il centro di neuropsichiatria infantile del Bambino Gesù, che è appunto di zona.
Elena arriva assieme al marito e il piccolo la sera prima, Roma è scossa dal temporale e il bambino è già nervoso per il viaggio, sorgono subito dei problemi per il parcheggio, c’è una difficoltà per far capire al titolare del B&B che quel bambino ha dei comportamenti anomali proprio in quanto autistico. Si apre una discussione quando hanno già scaricato le valige perché, sempre il titolare, comincia a esternare la sua poca disponibilità ad accogliere un autistico che si butta per terra e fa chiasso. Teme che gli altri ospiti possano lamentarsi e nel caso avrebbe dovuto “chiamare i Carabinieri”. Alla fine ai genitori viene fatto capire, senza mezzi termini, che sarebbe meglio che se ne andassero. Passano la notte a casa di parenti ad Ardea che dista ben cinquanta chilometri.
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Il giorno dopo inizia il day hospital, ma il bambino è stressato, nervosissimo e visibilmente scosso per il trambusto della notte precedente. Il neuropsichiatra che lo visita trova difficoltà a osservarne i comportamenti, perché il piccolo è visibilmente alterato. La trasferta, che a quella famiglia è costata tanta fatica, rischia di essere vanificata.
La storia comincia a girare e qualcuno, per sincerarsi che non sia stato un fraintendimento, telefona al B&B, chiedendo di voler prenotare una stanza per un’altra famiglia, sempre con un bambino autistico. Dall’altra parte del telefono viene raccontato l’ episodio del giorno precedente, esattamente come era stato riferito dalla madre, specificando che se il bambino ha gli stessi comportamenti sarebbe meglio che scegliessero un altro posto, gli altri clienti potrebbero lamentarsi: “Io lo dico per voi, per me può anche venire, ma dopo dieci minuti mi chiama il cliente devo chiamare i Carabinieri, vi devo mandare via poi lei ci rimane male, ci rimaniamo male tutti, mi pare una sciocchezza. Io tento di prevenire le situazioni che magari sono scomode per noi, per voi, per tutti quanti…”
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Non è la prima volta che si legge di un autistico messo alla porta da chi si preoccupa che un “diverso” possa turbare la tranquillità della brava gente. E’ ancora radicato il convincimento che l’autistico è meglio che stia chiuso in casa, meglio che se ne occupi la famiglia, quasi che avesse una colpa da espiare. L’ autistico spaventa chi non tollera il pensiero che possano aver diritto di cittadinanza anche le menti non perfettamente conformi alla norma, accadrà forse molte altre volte in questo ignorantissimo e ipocrita paese che un albergatore consigli alla famiglia di andare altrove perché la sua struttura “non è attrezzata a gestire quel problema”. Ma quale attrezzatura dovrebbe servire se non un minimo di cultura in più?
Così è avvenuto che, nel cuore della Cristianità, un bambino disabile di sette anni possa attentare alla tranquillità di altri ospiti, magari venuti in quello stesso posto per un atto di fede, per partecipare al mercoledì dell’udienza di Papa Francesco, che ha addirittura voluto pochi mesi fa un grande convegno sull’autismo proprio in Vaticano, a pochi metri da quell’appartamento dove la presenza di un piccolo autistico in difficoltà è stata giudicata intollerabile.
Roma si prepara al “Giubileo straordinario”, sarà per tutti un grande affare, verranno milioni di pellegrini. Per chi crede, come da tradizione, la grazia sprizzerà ovunque e ci sarà grande indulgenza per tutti…Per tutti di sicuro, però se questo è il segnale, non aspettiamoci certo che si indulgerà anche su noi autistici.
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Intervista alla madre tornata a Ravenna
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