Cosa fare

L'inclusione a scuola è “fai da te”?

C’è una scuola che ha 156 studenti disabili (tra cui tanti autistici) iscritti. E frequentanti. Speciale o no che sia, è da qui che si levano, sempre più spesso, gli appelli di mamme e non soltanto. Anche a scuole come questa, infarti, luoghi di inclusione e civiltà, si rischia di tagliare le gambe, con i ben noti tagli alle risorse che non si sa mai da chi dipendano. Ma si sa cosa bene cosa provochino: ragazzi con un tempo scuola ridotto, studenti privi dell’assistenza o addirittura costretti a restare per ore sporchi, bagnati e maleodoranti, perché non si sa chi debba pulirli. E non si fa neanche la conta per lasciare che sia la sorte a decidere. Perché a volte, l’inclusione e la la possibilità di praticarla sembra dipendere proprio dal caso: o dalla buona volontà di chi ci crede. A riferirci la situazione di perenne “tamponamento delle emergenze che si verifica al Sereni è la mamma di un ragazzo autistico, Corinna. A dimostrazione del fatto che chi ha un figlio con autismo sa guardare ben oltre il proprio naso e riesce addirittura a farsi carico dei problemi degli altri, spezzando la gabbia della propria ‘categoria’. “Non si riesce a capire da chi dipenda questa situazione di continua emergenza: gli assistenti sono pochi, le ore di sostegno non bastano, i ragazzi, spesso gravi, sono costretti a dividersi le poche risorse che ci sono. Intanto, le varie istituzioni non fanno che rimpallarsi le responsabilità”, ci racconta. “E intanto la scuola fa tutto quello che può per rispondere ai bisogni di tutti, inventando soluzioni che servano almeno a non lasciare nessuno fuori dalla porta. L’inclusione, insomma, ce la inventiamo ogni giorno: genitori, professori e dirigenti. Mentre regione, comune, provincia e ministero cercano ancora di capire a chi spetti la soluzione strutturale dei problemi”.

E da una telefonata di Corinna, stamattina, ha preso spunto l’approfondimento sul tema di Redattore sociale, che cerca di raccontare i disagi ma anche i rintracciare i responsabili. Eccolo qui sotto.

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Corinna e suo figlio Roberto

 

L’inclusione “fai da te”, in assenza di risorse

I ragazzi disabili si sporcano e non c’è nessuno a cui spetti pulirli; escono prima perché le ore di sostegno non bastano e si dividono gli assistenti specialistici, che sono troppo pochi. I genitori si “tassano” per comprare un lettino elettrico per il cambio. E poi, da gennaio, la situazione potrebbe peggiorare. Cronache da una scuola con 156 iscritti con disabilità

ROMA – L’inclusione c’è, ma è “fai da te”: e si vede particolarmente bene all’istituto agrario Sereni, frequentato da 156 ragazzi con disabilità, dove l’integrazione è la stella polare, ma in mancanza di risorse strutturali adeguate, le soluzioni s’inventano “dal basso”. L’allarme era stato già lanciato quest’estate dalla preside Patrizia Marini, che oggi dichiara lapidaria: “Siamo pieni di carta assorbente”, per descrivere il lavoro di “tamponamento della emergenze” che si svolge ogni giorno, tra le presidenza, la segreteria, i corridoi e le aule di una scuola che risente particolarmente di alcune questioni in attesa di soluzione.

Mia figlia sporca e bagnata: una barbarie”. Un esempio emblematico: il problema apparentemente insolubile, dell’assistenza igienica, o “materiale”, con una domanda che resta sempre risposta: a chi compete? A quanto pare, a nessuno, visto che “giorni fa ho ripreso mia figlia a scuola, fradicia dalla testa ai piedi, sporca e maleodorante. Ha 20 anni e mi è parsa una vera barbarie”, racconta Paola, mamma di una ragazza in sedia a ruote. Non se la prende con la scuola Paola, “insegnanti e dirigenti fanno di tutto per tappare i buchi delle istituzioni”. Ma i buchi, evidentemente, sono troppi e, a volte, le toppe non bastano. Torna allora la domanda: chi avrebbe dovuto pulire la figlia di Paola? Ci risponde la preside: “Non spetta agli assistenti specialistici, ma neanche ai collaboratori scolastici, come i sindacati non mancano di ricordare. Competerebbe a figure preposte ex articolo 7”, ovvero collaboratori scolastici che abbiano frequentato un corso di formazione dedicato. “Ma sono anni che questi corsi non si fanno – riferisce la preside – e se a scuola mancano gli articoli 7, non si sa davvero come fare. Qui da noi il problema riguarda solo quattro ragazzi in sedia a ruote – precisa – e cerchiamo ogni giorno di trovare soluzioni”.

La colletta per il lettino. E ci provano anche i genitori, cercando di rendere più agevole un lavoro che, in presenza di ragazzi particolarmente corpulenti, può essere davvero faticoso. “Per alcuni di noi hanno fatto una colletta per comprare un lettino elettrico, che renda semplice il trasferimento diretto dalla carrozzina – racconta Paola – Abbiamo avuto una risposta eccezionale e in poco tempo siamo riusciti a raccogliere i 950 euro necessari”. Inclusione “fai da te”, insomma, frutto di creatività e tanta buona volontà. Quella che pare mancare alle istituzioni, che per ora non fanno che rimpallarsi le responsabilità, tra regioni, province e governo. “Ieri abbiamo incontrato Gemma Azuni (consigliera Città metropolitana di Roma, ndr) – riferisce la preside Marini – la quale ci ha detto che il problema sono le risorse che non arrivano dalla regione.

Dalla regione 4,5 milioni, come lo scorso anno. Abbiamo allora chiesto lumi alla regione: il problema, dati alla mano, non dipende da qui, ma bisogna “salire più in alto”. “Abbiamo confermato lo stesso stanziamento dell’anno scorso alle province: 4.577.000 mila euro – ci risponde l’assessorato laziale alla Politiche sociali – Non solo: mentre prima liquidavamo in ritardo, cioè a settembre inviavamo i pagamenti per l’anno precedente, ora viste le difficoltà delle province abbiamo anticipato: una prima tranche di 1.716.000 euro è in pagamento in questi giorni, mentre il resto andrà in pagamento a gennaio e coprirà fino alla fine dell’anno scolastico. Più di questo, non potevamo e non possiamo fare: il vero problema sono i fondi statali e i tagli che anche noi abbiamo subito”. Abbiamo chiesto spiegazioni sul tema anche al Miur e contiamo che ci fornisca presto chiarimenti. Intanto, tornando all’istituto Sereni, punto d’osservazione privilegiato, “in attesa di soluzioni strutturali, dal canto nostro cerchiamo intanto di tamponare le emergenze dal basso. E l’8 riceveremo la Comunità europea per un progetto sul sostegno. Perché a noi piace lavorare così”, conclude Marini. (cl)

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