Pensare Ribelle

Il pensiero costante che dopo di noi il mondo scomparirà per i nostri figli neurodiversi

Non riesce ad abbandonarmi il pensiero di cosa possa accadere al mondo di mio figlio Tommy quando io non ci sarò più. L’immagine che prevale è lo scenario di “Inception” in cui le città implodono. E’ quel film con Leonardo di Caprio, che con un’indescrivibile diavoleria si innestava nelle menti altrui condividendone la vita onirica e condizionandola. Per farlo doveva naturalmente entrare anche lui in una dimensione di sogno e per non perdersi nel sogno di lui che sognava un altro che sogna aveva bisogno di concentrarsi su un oggettino familiare che lo riportasse alla realtà: “il totem”. Ecco io penso di essere il Totem di Tommy, se mi perde il mondo potrebbe per lui sgretolarsi come accadeva a Di Caprio quando si perdeva nel sogno dei sogni. Questo non potevo scriverlo nel mio giornale oggi, sarei passato per folle irrecuperabile, quindi ho raccontato, come mi è stato chiesto, che prova quando pensa alla sua morte un genitore di figlio sognatore come il mio.

inceptions

Non è una bella cosa essere trafitti dall’angoscia quotidiana solo perché un figlio è naturalmente destinato a sopravviverci. Eppure ci sono casi in cui verrebbe spesso la tentazione di sperare che la vita per entrambi finisca nello stesso istante. Non sembri una bestemmia, il pensiero arriva quando siamo sopraffatti dall’immaginare, anche solo per un istante, quale apocalisse sarebbe per il nostro figlio “speciale” vedere improvvisamente scomparire il mondo a cui era abituato, solo perché noi siamo morti. Potrebbe sembrare sicuramente un abominio per tutti quelli che augurano ai propri figli una vita più lunga possibile. Quelli che, fortunati, vivono con rammarico anche il normale conflitto con i figli cresciuti che ti danno del rimbecillito e reclamano, anche con strafottenza, la loro autonomia.

E’ giusto invece che proprio al tempo in cui molti amano evocare l’ectoplasma della così detta “famiglia naturale”, qualcuno rifletta pure sul fatto che, nel grembo di questo concetto di pura astrazione, esiste pure la possibilità che ci siano figli incapaci di autonomia. Persone che non coltiveranno mai il concetto di poter avere una vita loro, separata da quella dei genitori. Si badi bene qui non si parla dei bamboccioni, degli eterni mammoni, dei bimbominkia ultratrentenni…Avercene di quelli!

Stiamo parlando dei nostri ragazzi neurodiversi, quelli che cresciamo e accudiamo esattamente come qualunque altro genitore con prole “nella norma” fa quotidianamente. Con la differenza che solo noi sappiamo, con crudele certezza, che il nostro non è un investimento sul futuro del figliolo, ma unicamente un lavoro che facciamo perché abbia almeno un dignitoso presente.

Al futuro non vogliamo pensarci, perché nessun pensiero ci darebbe il conforto di immaginare una sua possibile vita dopo di noi.

Ogni disabile è un essere fragile e bisognoso di attenzioni particolari, ma quelli privi di autonomia nel far evolvere il proprio pensiero, la propria relazione con il resto mondo, impossibilitati a gestire proprio umore e le proprie emozioni, resteranno sempre dei bambini da sorvegliare, anche quando cominceranno ad avere i capelli bianchi. Un figlio che pensa, parla e ragiona, anche se con qualche limite, avrà pur sempre una possibilità che qualcuno l’ ascolti, anche se per lui potrebbe essere impossibile camminare, vedere, sentire, scrivere correttamente. Potrà incontrare qualcuno che si senta sedotto dal suo pensiero, delle sue idee. Potrà diventare un astrofisico, un cantante di grido, un musicista. Anche semplicemente una persona capace di badare a se stessa, di far valere i propri diritti, di muovere masse e coscienze…O anche meno, come raccontare fiabe ai propri figli, spettegolare con gli amici al bar, flirtare via Internet e poi anche dal vivo. Insomma sono quei figli non perfetti al cento per cento che non avranno mai la vita facile, ma possiamo sperare che comunque, con un po’ di fortuna e tanta tenacia, potrebbero anche farcela senza di noi.

Altra cosa è vedersi vicino un figlio che ti guarda invecchiare e, anche se non è capace di dirtelo, ti fa capire che senza di te per lui il mondo si dissolverebbe in un istante, esattamente come quando piove su un acquarello lasciato ad asciugare sul davanzale.

(LA STAMPA del 10/10/2015)

Gianluca Nicoletti

Giornalista, scrittore e voce della radio nazionale italiana. E' presidente della "Fondazione Cervelli Ribelll" attraverso cui realizza progetti legati alla neuro divergenza. E' padre di Tommy, giovane artista autistico su cui ha scritto 3 libri e realizzato due film.

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