Autismo e antidepressivi in gravidanza: cosa dice realmente lo studio?
Da qualche giorno siamo bombardati dalla notizia che ipotizza un rapporto tra l’autismo e l’ assunzione di antidepressivi durante la gravidanza. Si apre quindi un nuovo capitolo di ansie e auto colpevolizzazione, soprattutto da parte delle madri di autistici che hanno iniziato a scandagliare i loro ricordi a volte anche molto remoti di possibili pasticchine assunte durante la gestazione dell’ attuale #teppautistico. In attesa che qualche luminare rappresentativo della nostra comunità scientifica ci dica una parola definitiva su questo studio, la nostra Gabriella La Rovere apre una discussione, per lo meno prendendosi la briga di leggere quello che realmente dice la fonte originale.
Uno studio recente canadese afferma che ci sia una correlazione tra l’uso di antidepressivi in gravidanza e l’insorgenza di disturbi dello spettro autistico nel bambino.
L’articolo pubblicato su JAMA Pediatrics, rivista scientifica di tutto rispetto, presenta però delle lacune. Non è sufficiente fare dei proclami se non risulta altrettanto chiaro e inconfutabile qual è il dosaggio del farmaco che dovrebbe predisporre al rischio autismo, il tempo di assunzione (giorni? mesi? anni?) se in modo continuativo o saltuario, se ci sono altri fattori associati tipo il fumo (in ogni variante possibile), l’uso di alcool (ormai le donne non disdegnano di bere superalcolici in compagnia durante i weekend), l’esposizione a inquinamento ambientale.
E poi la definizione di Disturbi dello Spettro Autistico è un’altra di quelle variabili che esprimono la nostra incapacità ad aver capito fino in fondo la sindrome.
Ho nelle mente l’immagine delle palline di mercurio che si disperdevano sul pavimento quando cadeva il termometro e che cercavo di afferrare. Bastava toccarle che subito si dividevano in forme sempre più piccole. A quel punto mia madre interveniva con la scopa e via tutte assieme nella spazzatura.
L’articolo con il titolo altisonante attira l’interesse di chi naviga in rete e che poi non perde più di qualche minuto per leggerne il resto, catturato solo dalle parole in grassetto, virgolettate, in corsivo, in colore, vicino a link.
L’articolo canadese, rilanciato sul web, può esser l’inizio di un nuovo stigma a carico della madre. Dopo la mamma frigorifero c’è quella depressa. Se ci infiliamo in questo tunnel credo che ci vorranno altri trent’anni!
La depressione è un’altra di quelle malattie come l’autismo. Ce ne è per tutti i gusti.
In Italia ne soffrono 2.6 milioni di persone ma solo il 25% in tutta Europa (!) si cura in maniera adeguata. Tutto il resto è a carico del medico di medicina generale, di vari specialisti (tranne che psichiatri, è ovvio), della cosiddetta medicina alternativa, dell’automedicazione. Esiste la psichiatria cosmetica, ovvero l’uso saltuario di farmaci per il restyling dell’umore, per poter andare a cena dalla suocera, per un colloquio di lavoro, per le nozze dell’amica del cuore, per la laurea del figlio.
Nel mondo rutilante degli integratori non potevano mancare quelli neurolettici e ansiolitici.
Autismo e depressione sono due malattie che, per certi versi, si assomigliano. Metterle insieme ancor prima che la correlazione tra loro sia certa e incontrovertibile, se da un lato può dare l’impressione di essere uno scoop giornalistico, dall’altro apre la porta a una nuova caccia alle streghe.
Gabriella La Rovere