Charley disabile e autistica costretta a restare bambina per sempre
Abbiamo chiesto a Gabriella La Rovere, medico e madre di una ragazza autistica adulta, un parere sul caso Charley, la bambina con varie disabilità, tra cui l’ autismo, i cui genitori hanno deciso di bloccare la crescita attraverso la somministrazione di ormoni, con la «speranza di rendere la sua vita migliore».
Fa orrore il caso di Charley Hopper, bambina neozelandese di dieci anni affetta da autismo e paralisi cerebrale, costretta a vivere su una carrozzina e dipendente in tutto e per tutto dai genitori.
Qui la locuzione bambina per sempre ha il suo motivo di esistere perché i genitori, sulla scia di una situazione analoga da cui è stato coniato il termine “Trattamento Ashley”, hanno deciso di bloccare la crescita di Charley per una serie di motivi, alcuni campati in aria.
La verità è solo la paura di non farcela a gestire un adulto totalmente insufficiente.
Per quanto l’alimentazione non provochi mai un importante aumento del peso in queste persone, diventa complicato prendere in braccio una creatura lunga – in media – più di 160 cm, spesso in preda a irrigidimenti e spasmi che rendono ancora più difficoltosa l’impresa che deve essere ripetuta almeno due volte nell’arco della giornata.
Nel caso di una bambina si associa la jattura delle mestruazioni, evento già funesto in una donna normotipica che vede l’arrivo della menopausa come una liberazione.
Sicuramente i genitori di Charley si sono guardati attorno e il panorama non li ha entusiasmati.
Persone anziane, afflitte da artrosi, cataratta e tanti altri acciacchi dovuti all’età, continuare a imboccare il loro bambino per sempre, asciugargli la saliva, lavarlo, vestirlo, portarlo a spasso, metterlo a letto, con quel fondo di tristezza che prende ognuno di noi genitori al pensiero del tempo che passa e dell’inevitabile separazione.
Tutto sommato la loro scelta è stata di comodo, nessun rimorso a che la terapia possa avere effetti collaterali sull’organismo della figlia.
Soffrire di paralisi cerebrale non deve autorizzare ad aggiungere altro disturbo, anche nell’ottica di una bassa sopravvivenza di queste persone.
La loro dignità deve essere conservata a tutti i costi e non mi sembra che il “Trattamento Ashley” sia poi così diverso dalle pratiche operate durante il regime nazista.
Una specie di stupore mi ha presa leggendo la notizia sul sito dell’Avvenire. È inutile dire che mi aspetto nei prossimi giorni una battaglia a favore di Charley perché possa vivere una vita decorosa. La mancanza di sostegno, l’abbandono nel quale sono lasciati i genitori di persone disabili è il seme che genera tali crimini, perpetrati inconsciamente a fin di bene. Il loro, è chiaro.