Dell'amore e dei suoi demoni per noi autistici
Manca un mese al 14 febbraio, ma chi ha un figlio autistico , o semplicemente disabile mentale, sa perfettamente che la dimensione del tempo non è compresa nella sua interezza e questo causa uno stato di forte agitazione.
È passata la Befana e ora irrompe nel nostro quotidiano San Valentino, ovvero la festa degli innamorati. È inutile cercare di convincere che c’è tempo sufficiente per trovare un fidanzato, mia figlia lo vuole adesso, bello e soprattutto di madrelingua inglese.
La situazione che si ripropone anno dopo anno porta a fare una serie di considerazioni sull’amore e su certe convinzioni che sembrano difficili da sradicare.
Le persone con disabilità mentale manifestano il loro bisogno di affetto, accoglienza e tenerezza, tutte situazioni che vengono ampiamente soddisfatte all’interno della famiglia. I genitori sono sempre pronti ad esaudire ogni richiesta, spesso anticipandola, mantenendo il loro figlio nello stato di perenne bambino. È un atteggiamento di difesa, cercano di allontanare il più possibile il momento in cui la fisicità irromperà come un uragano nella loro esistenza.
Il primo tabù che si trovano a superare è la scoperta del piacere e il suo soddisfacimento in un hic et nunc in grado di frantumare ogni personalità granitica. Ricordo ancora delle cene a casa di amici dove una ragazza con grave disabilità si masturbava tra una pietanza e l’altra, non arrivando mai al soddisfacimento completo, reiterando all’infinito l’atto. I genitori subivano tutto questo, ormai dentro a un loop. Ci conoscevamo tutti molto bene e questo consentiva loro di uscire di casa e di vivere una vita quasi normale.
Ognuno di noi genitori ha vissuto con ansia il passaggio del proprio figlio alla maturità sessuale augurandosi che ciò che rappresenta una tappa fisiologica dell’essere umano, non portasse altra sofferenza nella nostra vita travagliata.
Il secondo tabù da sconfiggere è l’innamoramento. I disabili mentali si innamorano, come qualsiasi altro essere umano e le pene d’amore sono problemi che pochi genitori vogliono affrontare, tendendo a negare l’ovvio e ricacciando il proprio figlio nel limbo dell’infanzia. Qualche giorno fa una mamma alla battuta sul figlio che pensava alle donne, replicava sorridendo – come qualsiasi donna davanti al cancello della scuola e intenta alle quattro chiacchiere per passare il tempo – che lei lo riprende sempre, che è un birichino e amenità del genere. Sono certa di aver rovinato la giornata e la favola che si era costruita ricordandole l’età del figlio, 34 anni, e come fosse più che normale il suo comportamento.
Per un disabile mentale dare e ricevere affetto sono spesso un allargamento delle relazioni parentali. Un ambiente accogliente, relazioni interpersonali affettuose sono condizioni più che sufficienti al loro bisogno d’amore e di essere amati senza che ci sia il coinvolgimento sessuale, che il più delle volte si risolve in carezze, bacetti, stare mano nella mano e soprattutto far sapere al mondo intero di essere fidanzati.
Nella maggioranza dei casi l’innamoramento è episodico e la relazione è del tipo “prendere e lasciare” , oppure ci sono rapporti lunghi dove uno dei due vive una sorta di fedeltà ossessiva, oppure il rapporto si esaurisce bruscamente dando l’impressione che non sia mai esistito. Niente di diverso dal mondo dei normotipici.
Negare il loro desiderio di amare ed essere amati, non dare valore alla loro vita amorosa arrivando addirittura a disconoscerla impedisce il loro riconoscimento come persone. Se questo capita all’interno della famiglia viene lanciato un messaggio schizofrenogeno in grado di confondere. Da un lato l’accudimento, dall’altro la negazione dell’esistenza.
Come se ciò non fosse più che sufficiente, c’è sempre qualcuno che aggiunge altro elemento di confusione recitando la filastrocca San Valentino è la festa di ogni cretino che pensa di essere amato e che poi ci rimane fregato. Ed è kafkiano che questa perla di saggezza venga da un educatore.