Il teppautistico fa cadere la maestra. E lei denuncia i genitori
Maleducato? No, #teppautistico
Lo chiamano “maleducato”, ma è #teppautistico. Lieve, dicono i medici, forse per via del QI alto o del linguaggio forbito. Il quale però non lo esonera dalle crisi di rabbia proprie dei #teppautistici doc, dal comportamento “oppositivo” e “provocatorio” che tutti – mamma e maestre in testa – hanno sempre riconosciuto. Così, in terza elementare, si è arrabbiato molto con la maestra che provava a trattenerlo, mentre correva per la classe cercando il modo per uscire in corridoio: le ha tirato un calcio, le ha dato una spinta e la maestra è caduta a terra e si è fatta male. Niente di grave, ma in pronto soccorso le hanno dato 15 giorni di malattia.
Tutto questo accadeva a Olbia, nel febbraio 2014
Qualche giorno fa i genitori di quel bambino erano alla seconda udienza del processo che li vede sul banco degli imputati. L’accusa è di “aver omesso di aver impartito al figlio la dovuta educazione al fine di contenere i comportamenti aggressivi verso se stesso, verso gli altri alunni e le insegnati, nonostante le plurime segnalazioni da parte del personale scolastico”. Eppure oggi, diversamente da due anni fa, il bambino ha una diagnosi che parla chiaro: disturbo dello spettro autistico. Ci sono voluti anni per averla, perché la diagnosi è particolarmente tardiva quando il QI, come in questo caso, è notevolmente alto. E così lui, con le sue crisi oppositive e i suoi problemi di comportamento, è arrivato fino alla 5a elementare senza sostegno scolastico. E i suoi genitori rischiano la fedina penale.
Da “esuberante” a #teppautistico
A raccontarci la vicenda è oggi la mamma: “Quando era alla scuola dell’infanzia, mio figlio era definito ‘capriccioso’, ‘viziato’, ‘esuberante’. Sono questi gli appellativi che vengono riservati a questi bambini prima della diagnosi. I problemi seri sono però iniziati in prima elementare, quando ha iniziato a essere oppositivo e provocatorio. Sollecitata dalle insegnanti, ho subito richiesto la visita alla Asl, ma nel frattempo, visti i tempi lunghi, l’ho portato da uno psicologo privatamente. Mi disse che era solo ‘stravagante‘ e che, secondo lui, non occorreva portarlo dal neuropsichiatra. Ma io ho insistito: è iniziato così un percorso con neuropsichiatria, in parte condiviso anche con la scuola. In terza elementare l’ho trasferito nella scuola in cui lavoro come collaboratrice, nella speranza di avere un confronto più diretto con la dirigente. Ma le cose non sono andate meglio – racconta ancora la donna – Io ho esposto subito alla preside e alle insegnanti i problemi e le difficoltà di mio figlio: problemi che si sono manifestati fin dall’inizio. Non voleva stare in classe, spesso dovevano farlo calmare fuori dall’aula. A ottobre iniziarono le riunioni e si parlava sempre di mio figlio. Io ho spiegato che era in fase di accertamento e ho chiesto agli insegnanti di compilare i test che mi erano stati consegnati dal neuropsichiatra”. Insegnanti e preside conoscevano bene, insomma, i problemi del bambino. Ma senza una diagnosi in mano, non era possibile affiancargli neanche un insegnante di sostegno per qualche ora”.
QI alto, diagnosi tardiva
Ora, finalmente, la diagnosi c’è, il certificato anche e perfino il sostegno alla fine è arrivato: per 12 ore a settimana, perché l’autismo è “lieve”. Intanto, però, i genitori rischiano la fedina penale e la maestra insiste perché la risarciscano dei danni subiti. E’ indignata Veronica Asara, presidente dell’associazione “Sensibilmente”, di cui la famiglia fa parte. “E’ un caso emblematico di come una parte della scuola sia profondamente ignorante e sorda alle problematiche dei bambini con difficoltà e non necessariamente disabili – commenta Asara – Questo è anche un caso singolare che si trasforma in vero accanimento nei confronti del bambino e della famiglia. Sarebbe il caso che anche il ministero intervenisse e aprisse un’ indagine interna su quest’insegnante, che nonostante la diagnosi non fa un passo indietro. E porta i genitori del bambino in tribunale”.