Per Tommy ex autistico non esistono più psichiatri
E’ iniziata la vita da fantasma di Tommy. Primo passo: la ASL interrompe ogni intervento terapeutico e abilitativo. Non c’è più trippa per gatti. Ci restituiscono la sua cartella clinica con i test che ha fatto negli anni precedenti, per loro è come se fosse deceduto, la pratica Tommy si chiude per sempre. Poi alla domanda di avere un riferimento psichiatrico in caso di bisogno la risposta desolante: NON ESISTONO PSICHIATRI CHE HANNO STUDIATO PER SEGUIRE EX AUTISTICI ADULTI. Insomma porteremo pollastri e caciotte all’amico dottore Mazzone ancora per qualche tempo, poi ci attacchiamo.
Ogni volta che devo scontrarmi con la triste realtà di tutti i giorni, quella che già ti aspetti e che puntualmente sta sempre lì pronta a
darti la sua zampata, riemerge in me quel senso d’inadeguatezza e frustrazione che spesso accompagna i genitori di ragazzi autistici
alle prese con la burocrazia, le scartoffie e le quotidiane battaglie per far valere i diritti dei propri figli.
Così ieri mi sono presentata nella sede Asl dove mio figlio è stato seguito per molti anni con un percorso terapeutico riabilitativo personalizzato non residenziale (come era ed è previsto dalla LEGGE) e che attraverso un iter lunghissimo si è diviso tra psicomotricità, logopedia, terapia teacch, musicoterapia (a pagamento) e negli ultimi anni scolastici (scuola media inferiore e superiore) anche interventi a scuola per favorire l’integrazione e la “relazione” tra mio figlio, studente autistico, e gli insegnanti di sostegno (nonché la classe) che ha incontrato sulla sua strada e che nella maggior parte dei casi di autismo non ne sapevano niente. Il tutto concentrato dapprima in sei ore settimanali poi negli ultimi anni in quattro ore settimanali.
Ora che il mio ragazzone ha superato il fatidico scoglio dei 18 anni ed è diventato maggiorenne ma soprattutto per la legge italiana non è più autistico (nel Belpaese esiste soltanto l’autismo infantile) e cioè un generico e non meglio specificato soggetto con problemi psichici, la Asl di competenza è costretta a chiuderci la serranda in faccia. Via pure le quattro ore settimanali di intervento terapeutico-riabilitativo di cui finora abbiamo usufruito. Per il mio autistico-adulto è stata fatta una proroga perché l’ultimo progetto è partito un po’ prima del compimento dei diciotto anni e dunque il commiato si compirà a gennaio 2017.
Prima della fatidica data mi sarà dato un dossier molto dettagliato con tutte le attività svolte da mio figlio, i percorsi terapeutici, i progetti realizzati, gli obiettivi raggiunti e immagino anche i resoconti degli innumerevoli test a cui è stato sottoposto e che lui, me lo ricordo come se fosse ieri, ha sempre odiato, dando ovviamente il peggio di sé. Non so che ne potrò fare. Probabilmente lo conserverò come ricordo e a futura memoria dei posteri.
Mi è stato assicurato, comunque, che ci sarà dato anche il nome di un neuropsichiatra Asl che svolgerà il ruolo di punto di referimento per eventuali problematiche (scartoffie, documentazioni, ecc. ecc.). E ora viene il bello. Alla mia domanda “Scusi ma se mio figlio ha un problema qualsiasi di natura psichica che si manifesta durante la sua vita da adulto e che si collega o può avere collegamenti con l’autismo e magari prevede pure una cura farmacologica, che ne so una regressione, un’improvvisa fobia, una depressione ecc. da chi devo andare? A chi mi devo rivolgere???” la risposta è stata:
“Non c’è un referente specifico per gli autistici adulti nell’ambito della neuropsichiatria. E’ una grave carenza culturale”. Si dovrebbe aggiungere anche sanitaria.
E dunque che fare? “Bè la famiglia (onnipresente, ora più che mai) deve magari cercare privatamente un medico psichiatrico in grado di capire la sua problematica, aiutarla ecc. ecc. Perché a livello pubblico queste figure mancano” mi è stato detto. Così è se vi pare.
Insomma al compimento del diciottesimo anno l’autistico è già pronto per essere messo sulla graticola. Ancora qualche sprazzo di illusione che la vita, in fondo, è meravigliosa anche per lui grazie alla possibilità di prolungare l’attività scolastica (sempre meno) e poi inesorabilmente cala il sipario.
A quel punto toccherà ai genitori (che devono essere bionici se non immortali ma soprattutto muniti di cospicui conti in banca) inventarsi qualcosa da far fare ai propri figli autistici. Tanto per cambiare.