I nostri figli non sono fenomeni da circo

Una riflessione di Gabriella madre di Benedetta dopo l’episodio del disabile massacrato sotto gli smartphone di tutti a S.Teodoro. Siamo in un mondo civilizzato almeno negli intenti, ma per il disabile mentale persiste il perenne altalenarsi tra le due condizioni di fantasma invisibile o attrazione da carrozzone delle meraviglie. Passerà ancora tempo perchè l’umanità faccia i conti sul fatto che le menti possono essere balzane, i comportamenti originali, le espressioni e i modi di relazionarsi atipici. Sempre comunque di esseri umani al 100% si tratta, esattamente come tutti. Fateci pace, anche noi diversamente cervellodotati facciamo parte della vostra specie. (gn)
Sono trascorsi tanti anni da quando vidi passare sotto la mia finestra un uomo anziano con al braccio una specie di gigante in gonnella, capello corto alla garçonne e un fermaglio come unico vezzo femminile in quella massa di carne e muscoli che tutti i giorni, nel primo pomeriggio, faceva una passeggiata per il quartiere.
Ricordo che rimasi ferma a guardarli e chiesi a mia madre chi fosse quel gigante. «Una bambina». E vedendo il mio sguardo interrogativo aggiunse «Una bambina con qualche problema di salute, ma una bambina come te». Quella risposta annullò ogni possibile pensiero diverso, ogni pregiudizio che avrebbe potuto inquinare la mia esistenza.
La settimana scorsa sono andata all’Oltremare di Riccione con Benedetta. In questi 50 anni molte cose sono cambiate, abbiamo addirittura una legge sull’autismo che ancora fatica ad essere capita ed applicata. Meglio di niente! Sono stati scritti tanti libri sulla disabilità, le malattie mentali e sull’autismo in particolare. Su facebook sono numerosi i post di chi si indigna per le discriminazioni a carico dei disabili. A dare retta a tutto quello che viene scritto sembrerebbe che siamo fuori dal tunnel. Sembrerebbe, appunto, perché la cultura della disabilità è ferma a 50 anni fa e non sempre si ha la fortuna di avere una madre attenta e intelligente accanto. Il diverso fa paura, viene allontanato, deriso e torturato quando non c’è di meglio e di più divertente da fare. L’ultimo episodio in Sardegna conferma che niente è cambiato, se non in peggio.
All’interno dell’Oltremare tra le tante attrazioni c’è lo spettacolo con i pappagalli che stupisce già solo per i colori sgargianti del loro piumaggio. Vederli volare sulle teste è un’altra emozione che incanta tutti senza distinzione di età. Davanti a noi c’era una bambina di 4-5 anni che ha preferito guardare un altro spettacolo: Benedetta che sbatteva le mani felice in quel suo modo così particolare e i numerosi angiofibromi che le riempiono il volto. La curiosità infantile è normale, fisiologica, è l’anticamera della conoscenza. L’adulto accanto deve però cogliere l’eventuale fissazione e incanalarla in binari congrui affinché la diversità sia considerata un valore aggiunto e non motivo di paura. Dopo cinque minuti di questa fissità, che mi è sembrata infinita, le ho detto «Per guardare Benedetta stai perdendo uno spettacolo meraviglioso di colori. È un vero peccato!» La cosa non l’ha spostata di un millimetro. La madre accanto a lei era totalmente incurante della figlia, stravaccata dal caldo, con le gambe aperte, augurandosi magari di finire subito quella corveé.
Ho pensato a quanta strada c’è ancora da fare affinché i nostri figli siano considerati persone e non fenomeni da circo e ho anche pensato a quella madre, alla sua indifferenza, a quanto nel suo piccolo sia responsabile dell’idiosincrasia ancora presente a distanza di 50 anni.
Gabriella La Rovere