Cosa fare

A Trapani un autistico dopo i 18 anni è meglio rinchiuderlo in un centro, che non c'è

daniele maniscalco


 

Daniele Maniscalco ha 23 anni, a 3 ha ricevuto la diagnosi: ritardo mentale grave con tratti autistici. Ha girato centri più o meno specializzati nella sua Sicilia per fare terapie, seguito dai genitori e da una sorella. Antonella, 33 anni, avvocato, come tutrice legale del fratello sta cercando di pensare al futuro per evitare la sorte segnata dai dirigenti di una struttura nella quale è stato per anni: “Daniele è così, non si può fare niente, trovategli un posto dove lo tengono e basta.” Non ci sta perchè crede che per il piccolo di casa, che pure ha la forza di distruggere porte e divani nei momenti di rabbia ingestibile, ci sia la possibilità di stare meglio e si possa lavorare sulle sue capacità per garantirgli una vita diversa, non chiuso in una casa o in una clinica.

La battaglia di Antonella per la dignità del presente e del futuro di suo fratello è difficile, soprattutto in un territorio nel quale i posti che seguono i ragazzi autistici come Daniele, ossia quella categoria di fantasmi “giovani adulti”, sono molto pochi ( a Trapani non ne esistono proprio) e le istituzioni che dovrebbero garantire l’assistenza a domicilio, declinano le sue richieste, celandosi dietro ad una colpevole ignoranza.

“Non voglio la società ideale per mio fratello, ma da quando è piccolo stiamo cercando un posto o il modo per farlo stare meglio. Mia madre non appena avuta la diagnosi, 20 anni fa, lo ha portato all’Oasi di Troina per avere la certezza sulle terapie da seguire che ha fatto a Trapani, tra un centro che chiudeva e un altro che purtroppo al tempo offrivano solo la psicomotricità. A scuola abbiamo dovuto affrontare le difficoltà classiche di ottenere un insegnante di sostegno, alleviando noi i problemi dell’istituto: Daniele entrava più tardi ed usciva prima di tutti. Fino a quando a 9 anni non lo abbiamo trovato in uno stanzino in compagnia del bidello sordo muto.”

Nella storia del ragazzo autistico trapanese di 23 anni, sono tante le tristi similitudini con coetanei teppautistici non solo del tempo, ma anche oggi. Periodo bui che si alternano a brevi parentesi di respiro nelle quali sperare una quotidianità più dignitosa. “Dopo aver capito come tenevano mio fratello a scuola, mia madre entrò in uno stato di profonda crisi, fino all’incontro con il nuovo parroco che seguiva anche Villa Betania. Ci sembrò una luce, ci disse che nella struttura che conoscevamo per le terapia ai ragazzi disabili, c’era anche la scuola e potevamo provare a portarlo lì. Così dai 9 ai 16 anni ha frequentato, in regime di semi convitto, dalla mattina fino alle cinque di sera. Non un miracolo, ma un po’ di serenità fino a quando non è cambiata l’amministrazione della struttura. In contemporanea se ne sono andate anche la sua terapista e la maestra. Nel caos dei cambiamenti Daniele ha perso punti di riferimento ed è diventato aggressivo: la nuova gestione ha liquidato il suo caso chiedendo a mia madre di non portarlo più. Da qui la spirale di non ritorno: la terapia farmacologica, assegnata dall’oasi di Troina per la sua iperattività gli ha cominciato a provocare continui attacchi di gastrite che è passata solo introducendo degli altri farmaci. Chiuso in casa però, ha perso quasi 17 chili in un mese. “

Il destino sembra accanirsi sulla famiglia Maniscalco. L’azienda del padre entra in crisi e la madre si ammala di tumore, non rimane che Antonella a dover capire come tutelare il fratello prima che tutto crolli. “Nel 2010 ho anticipato la legge del dopo di noi e ho fatto firmare, presso un notaio, ai miei genitori, un vincolo di destinazione per la casa per fare in modo che fosse destinata a mio fratello. Anche se le quattro mura sembrano una cella per lui. Era più sereno perchè papà non stava più fuori, ma subiva le conseguenze degli effetti della chemio su mia madre. E’ diventato di nuovo aggressivo e per fortuna cambiando di nuovo gestione, siamo riusciti a farlo riprendere a Villa Betania. Purtroppo però in un momento di rabbia ha fatto un occhio nero al suo operatore e mia madre ha capito da sola che non poteva più portarlo.”

Daniele è tornato a casa in un clima pesante e le conseguenze non tardano ad arrivare. “Torno dal lavoro e scopro che dopo l’ennesima crisi lo hanno fatto ricoverare nel reparto di psichiatria dove lo dimettono dopo 3 giorni. I suoi problemi non possono essere curati, ci dicono, e quindi torniamo a Troina, dove ci assegnano una nuova terapia sperimentale”

E’ un’altalena la vita di questo teppautistico trapanese e con lui quella della sua famiglia, in particolare di una sorella che non molla anche quando le danno quella che sembra una sentenza: “Daniele non può essere riabilitato, è così, non si può fare nulla se non trovare un centro di assistenza dove metterlo”.daniele maniscalco 2

“In pratica mi consigliano di trovare un manicomio, senza vedere ciò che è lampante ai miei occhi: mio fratello quando è ben seguito riesce anche a stare tra gli altri, a farsi capire, ha delle competenze su cui si può lavorare. Non accetto che il suo destino sia essere rinchiuso dove non può ricevere nessun trattamento per migliorare. Ho chiesto al Comune, all’ASP, almeno l’assistenza indiretta a casa che è nostro diritto, ma la risposta anche del giudice tutelare è che io devo trovare una struttura che non c’è. Perchè per i giovani adulti autistici nessuno sa quali siano i diritti e quindi i servizi a disposizione, meglio nasconderli. Intanto rischiamo anche di perdere la casa per dei debiti insoluti di mio padre, e non possiamo fare nulla. Vorrei solo che gli garantissero delle terapie per fare in modo che poi io riesca a portarlo fuori con i miei amici, io non ho problemi a stare insieme a mio fratello, ma non sono una terapeuta.”

Nell’attesa che le istituzioni rispondano a richieste legittime, poste con la determinazione calma di chi conosce il diritto e non ne vuole abusare, Daniele, teppautistico di 23 anni vive chiuso in casa, fino a quando non gli toglieranno anche quella, le poche uscite che fa sono brevi passeggiate con i genitori e la sorella: “non in spiaggia perchè darebbe fastidio, ma giriamo un po’ per evitare che, recluso, peggiori il suo umore,distrugga i divani e urli contro il mondo. Chi è bambino autistico diventerà adulto e non possiamo pensare di rinchiuderli tutti. Metto la mia conoscenza ed esperienza a disposizione per evitarlo, ma vorrei una risposta per vedere Daniele, come spesso accade, più sereno, senza aver paura di quello che potrà accadere quando non riusciremo a sostenere le sue crisi.”

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