L'autistico adulto è un eterno bambino? Per il cattivo giornalismo, sì
Sembra, ma non è: un adulto con autismo, o in generale con disabilità intellettiva, somiglia per molti versi a un bambino gigante. Perché ha un comportamento che si potrebbe definire “infantile”. fa i “capricci” e le “lagne” tipiche dei bambini e, come questi, ha tante piccole e grandi fissazioni. Ma bambino non è, perché ha bisogno di sostegno e di aiuto, sì: ma in modo e forme diversi. Confonderli è sbagliato, oltre che ingiusto. Ed è “cattivo giornalismo”.
E’ questa, in sintesi, la tesi sostenuta nel breve articolo pubblicato da David Perry, scrittore e giornalista disabile, dopo aver letto, con un certo fastidio, un articolo pubblicato su “ABC news“. Articolo dedicato a due sorelle gemelle, Kara e Jenna, adulte a tutti gli effetti, con i loro 24 anni compiuti. Eppure assimilate, per la loro disabilità intellettiva e il loro autismo, a “bambine di 3 anni” non solo dalla giornalista Margaret Burin, autrice del pezzo, ma dagli stessi genitori. Questo il titolo dell’articolo
‘It’s like she’s a three-year-old’: What life’s like when your children never grow up
In italiano: “E’ come se avesse tre anni: com’è la vita quando i figli non crescono mai”. Una vita che l’articolo racconta attraverso le immagini e le parole: le prime mostrano ragazze adulte, a tutti gli effetti, non solo per la statura, ma anche per la attività in cui sono ritratte. Le parole, invece, si riferiscono a loro come a “bambine di 3 anni”, grandi ma mai cresciute.
‘She’s 24, and it’s like she’s a three-year-old’
In italiano: “Ha 24 anni, ma è come se ne avesse tre”. Parole della mamma, comprensibilmente stanca e preoccupata. Parole che però non condivide David Perry, perché racchiudono tutta una cultura e una rappresentazione della disabilità intellettiva. E dell’autismo in particolare. Vi riportiamo qui di seguito il suo commento, come spunto di riflessione. Si intitola:
Il cattivo giornalismo sulla disabilità:
gli adulti disabili non sono bambini
Noi, come giornalisti, ne terremo conto. Crediamo sia importante, perché le parole hanno un peso: e da una cultura inadeguata spesso discendono politiche ancor più inadeguate. Ecco cosa scrive Perry:
I genitori (di Kara e Jenna) vogliono che la gente sappia cosa significhi (prendersi cura di loro, ndr), per chiedere più supporto, maggiori opportunità alloggiative e così via. Le critiche a questo articolo potrebbero essere molte, ma questo è il passaggio che voglio mettere a fuoco: “Come bambine di tre anni”. I genitori, il giornalista e perfino il titolo ripetono continuamente che queste due donne di 24 anni sono “come bambine di tre anni”. Ma non è così. Basta osservare le loro fotografie: guardano YouTube, fanno shopping, leggono i giornali e così via. Non sono neurotipiche, ma non sono bambine. Certamente chiedono livelli intensi di sostegno: e io sono un forte di questo diritto al supporto. Ma non sono bambine.
L’adulto autistico, insomma, non è un bambino: è importante dirlo, è importante comprenderlo. Sarebbe ora che l’adulto autistico, in Italia come nel resto del mondo – a quanto pare – iniziasse a esistere, in quanto tale.