Buco Nero

Che fine ha fatto Daniele Potenzoni? Rinvio a giudizio per l'infermiere. Ma pensione bloccata per Daniele

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Solo “Chi l’ha visto?” , ogni tanto, si ricorda di lui. Eppure l’idea che Daniele Potenzoni, 38enne autistico, da quasi due anni vaghi da qualche parte, lontano dai suoi e abbandonato a se stesso, è decisamente inquietante. Era il 10 giugno 2015, quando i suoi accompagnatori, alla stazione Termini, lo persero di vista. Il papà, Franco, non si lascia scoraggiare dall’inerzia generale e non molla l’osso, come si suol dire: scrive all’uno o all’altro politico, da Berlusconi alla Raggi e perfino al Papa; distribuisce volantini e chiama a raccolta volontari, per continuare le ricerche. E va in tv, nello studio di Chi l’ha Visto?, perché alla scomparsa di suo figlio lui proprio non si rassegna.

Di Daniele, però, nessuna traccia. Ogni tanto un falso allarme, questo sì: qualcuno che pensa, che crede, che giura perfino di averlo visto in questa o quella strada, in questa o quella stazione, a Roma e non solo, addirittura a Milano. Ma Daniele, finora, appartiene alla categoria degli “scomparsi”. Quella per cui si spende, in molti casi, l’associazione Penelope, che infatti sta al fianco della famiglia, fornendole anche l’assistenza legale dei suoi avvocati volontari. E un primo risultato, importante sopratutto dal punto di vista “simbolico”, ma anche come “deterrente”, è stato portato a casa. Ce la riferisce Il Giorno:

Il gup Elvira Tamburelli ha accolto la richiesta del pm Vincenzo Barba: rinvio a giudizio per l’infermiere dell’ospedale di Melegnano che stava accompagnando il gruppo dei disabili di cui faceva parte anche Daniele. L’accusa è di abbandono di incapace. La prima udienza del processo è stata fissata per il 16 maggio.

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L’infermiere accusato per la scomparsa di Daniele

Al processo, il papà si costituirà parte civile, proprio insieme all’associazione Penelope:

Mi sento sollevato dalla decisione del Tribunale di andare al processo – dichiara papà Franco –. Non mi riporta a casa mio figlio, ma almeno tutto quello che abbiamo fatto in questi due anni servirà per sapere la verità su come sono andate le cose il giorno che Daniele è scomparso nella metropolitana di Roma. E spero che questo processo sia utile a evitare che altri casi come il suo si ripetano senza che nessuno accerti le responsabilità. Finché avrò vita continuerò a lottare per ritrovare mio figlio ma, almeno, ora sarò in grado di sapere la verità e fare giustizia per Daniele. Fatti del genere non devono succedere mai più

L’avvio del processo è un risultato positivo e non scontato, come fa notare, sempre tramite Il Giorno, l’avvocato Gennaro Gadaleta, che sta assistendo gratuitamente la famiglia

Siamo soddisfatti per un esito che non era scontato. Per la prima volta si è stabilito un principio importante: accertare le responsabilità penali in tutti i casi analoghi

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E le responsabilità dell’infermiere che accompagnava Daniele sono indubbiamente pesanti, se è vero – come mostrano le registrazioni delle telecamere di sorveglianza – che non lo teneva neanche per mano, in una stazione piena di folla e di caos.

Ma non basta il danno, il grave e tragico danno subito da Daniele e dalla sua famiglia: c’è anche la beffa. Quella della pensione di Daniele puntualmente bloccata dall’Inps, come ha denunciato indignato il papà, dallo studio di Chi l’ha visto. “Non è mica morto!”. Ne è sicuro, almeno di questo, papà Franco. Che tra il dolore e la rabbia, non cede alla rassegnazione e non si dà per vinto, cercando in prima persona e con l’aiuto di amici e volontari quel figlio autistico che le istituzioni, evidentemente, hanno rinunciato a trovare.


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