Angsa e Gruppo Asperger: Non sono fantasmi. Fate le linee guida per gli adulti autistici
E’ giunto il momento che si guardi in faccia la realtà. Gli autistici adulti in Italia, nonostante appelli, proclami e grancasse varie continuano ad essere ectoplasmi, entità indefinite, individui senza identità al massimo psicotici di tipo generico. Le organizzazioni e associazioni a tutela dell’autismo capitanate da Angsa e Gruppo Asperger a seguito di quattro incontri con illustri esperti del mondo dell’autismo hanno stilato un documento che nelle intenzioni dovrebbe essere la base su cui il Ministero della Salute possa lavorare per trasformarlo in “linee di indirizzo a cui attenersi per i servizi dedicati agli adulti con autismo” considerato che in Italia ancora non esistono indicazioni in merito al loro trattamento soprattutto se ospitati in strutture semi residenziali e residenziali. Angsa e Gruppo Asperger hanno stilato una lettera congiunta in cui spiegano i motivi e i problemi dai quali scaturisce il documento.
L’ETA’ DELLA PIETRA
C’è poco da stare allegri. L’Italia per gli autistici adulti è ancora all’anno zero. Quasi nulla si è fatto per compensare il grave danno arrecatogli in età infantile: su gran parte di loro, infatti, non si è intervenuti adeguatamente nell’età di maggiore plasticità evolutiva. Sono doppiamente discriminati, privati cioè di un intervento specifico precoce e poi dimenticati in età adulta.
Manca, poi, un concreto piano programmatico per l’implementazione di una presa in carico sanitaria globale degli adulti, con figure professionali dedicate ed una regìa capace di indirizzare l’intervento abilitativo conseguente.
Manca quasi totalmente una cultura dell’autismo adulto e permangono profonde resistenze culturali in gran parte del mondo psichiatrico anche solo ad accettare la competenza su questi pazienti. In Italia non si riconosce l’utilità di centri unici specialistici competenti sugli autistici, indipendentemente dall’età, così come la maggior parte degli altri Paesi avanzati ha realizzato.
L’ indagine della Fondazione Serono e Angsa onlus, di cui al rapporto Censis del 2012, denuncia che il 58% delle persone con autismo sopra i 20 anni è in terapia farmacologica, spesso con più di un farmaco. Tali terapie sono quasi sempre off label, perché se la sperimentazione scientifica sui minori con autismo è molto modesta, quella sugli adulti è quasi inesistente.
La quasi totalità di adulti e anziani con autismo non sono mai stati diagnosticati, mentre molti giovani-adulti hanno perso il loro corretto inquadramento diagnostico dopo il 18° anno, nel passaggio dalla NPIA alla psichiatria: a tutt’oggi manca un registro nazionale delle persone con autismo.
Il loro diritto a interventi adeguati è ignorato. Coloro che manifestano sintomi più severi finiscono nel mare magnum della Disabilità Intellettiva. L’organizzazione dei Servizi Sociali destinata a questa “categoria” è troppo spesso tarata su interventi generalisti.
Gli adulti con autismo che presentano sintomi meno evidenti rischiano di essere trascurati completamente dai Servizi, anche solo nella diagnosi. Nell’ età adulta, l’isolamento e la marginalità sociali, l’assenza di esperienze di vita positive, spesso conducono alla comparsa di gravi disturbi del comportamento e di conseguenza all’ assunzione di farmaci con lo scopo della pura sedazione e a trattamenti sanitari obbligatori impropri.
Sanità e Sociale non adempiono al preciso ruolo di intervento specifico, che può essere soddisfatto soltanto con l’impiego di personale formato sull’autismo e con l’adozione di percorsi abilitativi e di inserimento lavorativo aderenti alle indicazioni cognitivo-comportamentali (strutturazione, prevedibilità, etc..), secondo progetti individualizzati nel rispetto di tutte le persone con Autismo. Al pari del vuoto di referenza sanitaria, quanto sopra evidenzia anche per l’intervento abilitativo/sociale, specialmente per l’inserimento lavorativo, una tale carenza di risposte qualificate da costringere i genitori, loro malgrado, a scegliere la permanenza del congiunto in famiglia sino alla loro tarda età.
Il carico di fatiche psicofisiche risulta essere superiore a quello profuso persino per altre gravi disabilità, condizionando pesantemente le loro scelte lavorative, così come i loro rapporti di coppia e sociali, e anche le possibilità educative nei confronti degli altri figli.
IL DOCUMENTO
OBIETTIVI E PRIORITA’
Servono delle Linee Guida nazionali per le persone con autismo che hanno raggiunto la maggiore età. Gli autistici adulti non devono “sparire” dalla società ma conservare i diritti in materia di assistenza sociosanitaria che avevano prima. La Persona con Autismo ha il diritto a una diagnosi tempestiva, corretta e aggiornata, anche in età adulta. Un profilo diagnostico non è completo se non comprende anche una valutazione delle aspettative, desideri, preferenze e valori della Persona o della sua figura di sostegno, l’assetto dei bisogni di sostegno e un profilo di indicatori di esito della qualità di vita della stessa Persona. La Persona con Autismo e la sua famiglia deve essere coinvolta in ognuno di questi passaggi. La diagnosi costituisce elemento fondamentale della valutazione multidimensionale e multi professionale da condividere nel gruppo di lavoro e con la Persona e la sua Famiglia in ordine alla definizione degli obiettivi clinici, funzionali e personali (Qualità di Vita) e alla conseguente estensione del Progetto Individualizzato.
Per la valutazione della psicopatologia nella disabilità si useranno i manuali specifici di riferimento per la disabilità intellettiva e psicopatologia (quali il Diagnostic Manual Intellectual Disability DM-ID2; 2016) e non i manuali per la psicopatologia tout court.
PROGETTO DI VITA
È necessario, poi, definire il percorso di valutazione del funzionamento adattivo, neuropsicologico, psicoeducativo, con l’analisi delle preferenze, mirato a individuare il progetto generale di vita e a programmare i singoli progetti individuali che si sviluppano nei diversi momenti di vita di un autistico adulto.
Deve essere effettuato un percorso medico di valutazione secondo le linee guida scientifiche, (metabolica, gastroenterologica e altro) che dovrebbe sempre considerare che ci si sta occupando di una Persona con Autismo e quindi si dovrebbe sempre avere una visione globale che tenga conto di questo dato sia per definire quali approfondimenti clinici prevedere sia per definirne le strategie.
La presa in carico delle persone con Autismo deve essere globale e continuativa per tutta la durata della vita per superare l’esclusiva considerazione dei bisogni primari e delle problematiche correlate alla condizione di base, per coglierne i diritti e le aspirazioni per l’intero arco della loro vita.
AUTONOMIA E INSERIMENTO LAVORATIVO
Ogni situazione assistenziale alloggiativa a ciclo continuativo e/o diurno e qualsiasi intervento deve tendere alla emancipazione della Persona con Autismo. A seconda dei contesti e delle opportunità deve essere data la possibilità ai centri, ai servizi e alle strutture accreditate di applicare questo principio per realizzare situazioni di lavoro protetto pur mantenendo, in alcuni casi ed a seconda delle necessità, un regime di ricovero. Si ritiene opportuno che le attività giornaliere vengano esercitate in contesto diverso da quello dell’abitazione, per analogia a quanto succede per i normali ritmi di lavoro e riposo.
I progetti di inserimento lavorativo per gli autistici con bisogno di sostegno non intensivo che abbiano seguito progetti di educazione al lavoro vanno promossi nei confronti degli imprenditori anche attraverso la mediazione delle loro associazioni.
Gli inserimenti lavorativi devono essere individualizzati e non segreganti, anche in riferimento all’art 14 della legge ex 68 e successivi aggiornamenti. Accanto ai benefici dell’attività lavorativa per la persona con autismo, l’integrazione con il tessuto sociale circostante, potrebbe favorire utili sinergie sul piano economico, consentendo da un lato alle imprese di assolvere l’obbligo di legge relativo all’assunzione di persone appartenenti alle categorie protette e, dall’altro, alle strutture alloggiative di ottenere un contributo per la sostenibilità economica, da reinvestire nella promozione delle attività abilitative e produttive degli ospiti.
ABITAZIONI
Semi residenze e residenze di dimensioni famigliari (10 posti divisi in due nuclei di cui alla Legge n.112 del 2016 detta Dopo di noi, che impone di “realizzare interventi innovativi di residenzialità per le persone con disabilità grave di cui all’articolo 1, comma 2, volti alla creazione di soluzioni alloggiative di tipo familiare e di co-housing), le fattorie sociali (farm communities), i gruppi appartamento intesi come “casa” a cui si torna dopo il lavoro esterno (anche se 1 D.M.23 novembre 2016:
Deve trattarsi di soluzioni che offrano ospitalità a non più di 5 persone; deroghe al principio possono essere stabilite dalle Regioni, in via eccezionale, motivate in base ai particolari bisogni assistenziali delle persone inserite, nella forma di più moduli abitativi nella medesima struttura; in ogni caso, a valere sulle risorse del Fondo, non sono previsti finanziamenti per strutture con singoli moduli abitativi che ospitino più di 5 persone, per un totale di non più di 10 persone complessive nella struttura, inclusi eventuali posti per situazioni di emergenza e/o sollievo, in un massimo di 2;
La Legge 134 del 2015 ed i recentissimi LEA, all’art.60, confermano l’obbligatorietà delle Linee di indirizzo del 2012, in attesa delle nuove, che si spera possano vedere la luce al più presto, così come la Linea guida dell’ISS, che avrebbe dovuto essere revisionata nel 2014, sempre con la collaborazione delle associazioni.
INDIPENDENZA DALLA FAMIGLIA
La Persona con Autismo deve poter accedere ad una vita indipendente dalla famiglia di provenienza, qualunque sia il suo bisogno di sostegno. Per raggiungere questo obiettivo servono programmi educativi che si svolgeranno in ambiente “naturale” con adeguata/qualificata mediazione anche dei familiari miranti all’educazione domestica, alla mobilità (uso dei mezzi pubblici, treni, aerei e dove possibile di auto/moto), all’educazione al lavoro possibilmente in contesti non protetti, alla gestione del danaro, all’ educazione alla convivenza (anche in coppia).
Per queste persone adulte saranno promossi programmi di vita indipendente e/o interdipendente con varie modalità a seconda del bisogno di sostegno (propria abitazione con assistenza/mediazione diradata; coabitazione con assistenza più intensa; progetti di cohousing), così come previsto dal progetto individuale ex art. 14 Legge n. 328/00.
LA FORMAZIONE CONTINUA DEGLI OPERATORI
La formazione e l’aggiornamento degli operatori sono un punto chiave non derogabile. Chi non è adeguatamente formato non possiede i requisiti per lavorare con Persone con Autismo. La formazione continua sarà focalizzata sulle pratiche evidence based sul piano clinico, abilitativo, riabilitativo ed educativo, sociale, ma anche sul piano organizzativo.
Altro tema forte della formazione riguarda il lavoro sociale di rete e la mediazione tra servizi e comunità. I centri per l’autismo pubblici e in particolare i Centri pilota regionali Hub hanno la funzione di promuovere e verificare i processi formativi a livello territoriale, integrandosi con le offerte formative istituzionali da parte delle Università e degli Uffici Scolastici Regionali del MIUR.
Al MIUR ed alle Università viene fortemente richiesto di inserire il tema relativo alle Persone con Autismo e le raccomandazioni delle Linee Guida nei programmi di formazione degli studenti dei dipartimenti di medicina e chirurgia, di scienze dell’educazione, di psicologia, delle scienze umane, e in particolare dei relativi corsi postlaurea (scuole di specializzazione, Master e corsi di aggiornamento), poiché la formazione permanente può dare risultati nel breve periodo, senza attendere il lento ricambio professionale con le nuove leve.