Grazie davvero a chi mi ha letto: “Io, figlio di mio figlio” è già alla seconda edizione…
Del mio ultimo libro “Io, figlio di mio figlio” è già in ristampa la seconda edizione. Me lo ha detto la mia editor Nicoletta, colei che mi ha sempre seguito in tutta la trilogia dell’autismo, e che sicuramente meriterebbe autori più riconoscenti di me. Io adesso mi giustifico della mia ruvidezza e le dico: “Ma che vuoi? Io sono autistico!” e così mi salvo la faccia.
Dovrei fare i salti di gioia, in fondo il libro è distribuito nelle librerie da tre settimane, infatti sono molto fiero e soprattutto grato ha chi già mi ha letto. Però mi sento anche molto in colpa verso questo mio affaticante libretto: si sta facendo strada con le sue sole gambe, io lo sto spingendo molto poco. E’ evidente che ho un po’ paura di lui…
Adesso mi telefonerà Nicoletta per cazziarmi: “Nessun autore parla così dei suoi libri!!! Sei matto?” Forse potrei risponderle di si, certamente sono matto… Il problema è che promuovere questo libro mi sta costando tanta fatica. Lo confesso con molta vergogna.
Mi stanno chiamando veramente tanti per invitarmi a parlarne in giro per l’Italia…Io cerco di rimandare (anche se poi lo so che mi tocca…Nicoletta non molla!). Nemmeno ho fatto con convinzione il consueto giro della questua con i colleghi per chiedere recensioni, credetemi non perché voglia fare il duro e puro, ma perché mi sono subito accorto che l’effetto che provoca quando ne parlo è di imbarazzo e spaesamento.
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Mi metto nei panni di chi conoscendomi si dovesse accingere a scriverne: dovrebbe ammettere che un collega, che magari frequenta da decenni, ha scritto di avere un cervello ribelle certificato e diagnosticato. Capisco che sia spiazzante, non ci sono precedenti ed è difficile uscire dal guado del dubbio: “Ma ci è o ci fa?”
Se avessi scritto di una mia fulminante conversione sarebbe stato più semplice, è questa la stagione dei convertiti: a una fede, a una filosofia di vita, al veganesimo, a un’ideologia…Che ci vuole! Ancora più semplice se avessi rivelato di essere attirato dagli uomini. Siano pelosi con i baffi, o grassi e opimi, muscolosi e tatuati, o asciutti e azzimati…Ci sarebbe stato un sacco a scrivere.
Tragicamente è persino più facile scrivere di una persona che racconta di avere un malessere fisico di qualsiasi tipo: grave, fatale, inguaribile. Oppure un male dell’anima, un gorgo di sconforto di scoramento di tristezza…I giornalisti su questo campo del dolore sanno come articolare, raccontare, costruire in casi esemplari storie di vite sofferenti.
In realtà io non lamento sofferenza, non ho alcuna catarsi in corso, nulla di incurabile, nulla che possa far fremere di sdegno le sentinelle in piedi, tanto meno quelle stese, accovacciate, prone o impecorinate.
Scrivo semplicemente che ho il cervello che funziona in maniera atipica. L’ho fatto per dimostrare che esistono persone neurodiverse camuffate, o nascoste o rinnegate e rinchiuse. Perdono diritto alla cittadinanza in ragione della percentuale di difformità dalla “regola” del loro modo di vedere e interpretare il mondo.
E il mondo è banalmente dominato da “savi” che temono come la peste i cervelli ribelli.
Così io mi sono fatto “misurare” il mio grado di diversità cerebrale e in questa chiave ho provato a rileggere alcune delle più superstiziose fobie collettive, che hanno proprio al centro della loro ossessione l’idea che possa esistere un grande complotto per attentare all’integrità dei cervelli dei bambini.
Da ora comincerò a girare con più assiduità per il mio libro, so che devo farlo. Mi auguro che chi mi leggerà e riconoscerà punti in comune tra il mio racconto e la sua esperienza personale, possa trovare spunti per vivere con maggiore serenità il suo sentirsi “inadeguato” al pensare comune. Mi auguro pure che molti genitori di ragazzi autistici come il mio Tommy facciano pace con il destino che ha portato loro un problema in famiglia, ma come ho fatto da tempo anche io, sentano sempre più i loro figli come parte della loro stessa carne, cervello compreso.