“Cervelli Ribelli” non è la sigla dell’ “autismo radicale” ma una proposta culturale
Ancora una volta devo guardarmi dal “fuoco amico”… Non capisco, o lo capisco troppo bene, perchè ci sia una parte di genitori con figli autistici che sbrocchi per ogni mia iniziativa, come se fossi il peggior nemico della loro causa…Non sarò certo un santo e mai ho affermato di esserlo, ma mi pare di sbattermi abbastanza per diffondere cultura sulla neurodiversità…Il fatto che lo faccia da una condizione di oggettiva notorietà non può essermi imputato come una colpa, penso di usare nella migliore maniera possibile i canali professionali che mi sono costruito con fatica e impegno in più di trent’anni di lavoro. Non divaghiamo, andiamo al punto:
Mi è stato segnalata una riflessione del prof Fabio Brotto, presidente di Autismo Treviso che mi chiama in causa direttamente con un suo post su Facebook a cui stanno seguendo i commenti acidelli delle solite vestali che inorridiscono a ogni mio manifestarmi. In coscienza leggere “la confusione e l’arretratezza che Nicoletti sta spalmando da anni crea danni a tutti” mi offende, sarebbe interessante conoscere qualche effetto di questi danni…Ma in ogni caso non mi ritraggo da ogni spunto di confronto, anche con chi esprime disaccordo, quindi qui la riporto integralmente come è stata pubblicata su Facebook e cerco per quanto possibile di rispondere.
Fabio Brotto è un professore di filosofia, un uomo colto e quindi la sua attenzione mi stimola ad argomentare più che mai quello che forse non sono riuscito a esporre in maniera sufficientemente chiara. L’oggetto del contendere è il “Manifesto dei cervelli ribelli” che ho postato due giorni fa dando ufficialmente visibilità al progetto “Cervelli Ribelli”.
MANIFESTO DEI CERVELLI RIBELLI
Fabio Brotto nella sua duplice competenza di padre di un autistico a basso funzionamento (esattamente come mio figlio Tommy) e di uomo di pensiero, esprime la sua preoccupazione che quello che potrebbe sembrare l’espressione di un movimento d’0pinione che rivendica l’orgoglio dei cervelli non omologati (che lui valuta simile alle avanguardie del primo 900…Magari fosse!) possa banalizzare la condizione autistica in una sorta di impeto creativo, gettando nell’ombra quelli che sono i reali problemi di chi la condizione autistica la vive come una grave mancanza di autonomia.
Questo potrebbe portare, nel ragionamento di Brotto, a una lettura generale alleggerita e romanzata dell’autismo che penalizzerebbe chi ne vive al contrario la condizione più invalidante, come suo figlio appunto (e il mio…Naturalmente!).
Devo dire che per me è un paradosso dovermi giustificare in questo senso. Fino a poco tempo fa la critica più aspra che mi veniva fatta era di segno totalmente contrario: io con il mio film e i miei libri avrei focalizzato l’attenzione sull’autismo più problematico che vivo in famiglia, gettando discredito sociale e pregiudizio sugli autistici ad alto funzionamento e Asperger che potrebbero essere discriminati per colpa del mio raccontare di mamme scalpate e simili battaglie domestiche. A questo ho dedicato un capitolo nel mio “Io figlio di mio figlio”
Detto questo vorrei rassicurare il professor Brotto: Cervelli Ribelli, come è chiaramente scritto nel sito è un progetto culturale ad ampio respiro. Di alcune iniziative targate “Cervelli Ribelli” hanno beneficato ragazzi autistici ad alto e basso funzionamento (Giardini Ribelli per avviare all’attività di ortisti e giardinieri ragazzi post adolescenziali con autismo, il Tour del film “Tommy e gli altri” corredato da un kit didattico multimediale che ha portato all’attenzione di 5000 studenti dei licei italiani la condizione autistica in tutte le sue declinazioni.) Sempre come Cervelli Ribelli avvieremo un progetto di micro impresa familiare assieme all’ Università Luiss. Non mi pare che questo alimenti la discriminazione….
Poi c’è atro…Cervelli Ribelli si pone come un’idea culturale per valorizzare l’eccentricità dei punti di vista. Questa è un’iniziativa che va oltre il parlare di autismo ma ha orizzonti più vasti e abbraccia ogni forma di pensiero non omologato, con i nostri partner abbiamo avviato così “Cervelli Ribelli Project”. Nel sito è scritto ma qui ne riporto la sintesi.
Cervelli Ribelli Project
- Cervelli Ribelli è un format di comunicazione adatto ad accompagnare un Partner i cui valori siano coerenti con la contemporaneità, con la valorizzazione delle differenze e dell’unicità, con l’orgoglio di chi non ha paura di mostrare il proprio punto di vista e di chi ama valorizzare il proprio sguardo sul mondo.
- Cervelli Ribelli è un marchio già attivo, ma allo stesso tempo in continua evoluzione (come sottolinea il payoff “Evoluzione in corso”) e in grado quindi di adattarsi e di essere declinato in iniziative sia strategiche sia tattiche.
- La diversità si presenta come sfida contemporanea a saper cogliere il valore delle differenze, presenti comunque in ciascuno di noi e in ogni manifestazione del mondo naturale. Differenze cognitive, comportamentali, di relazione mettono in gioco il nostro futuro e la scoperta di come ognuno abbia una sua impronta unica da lasciare.
- Cervelli Ribelli è la piattaforma strategica di comunicazione su cui poter pianificare di volta in volta eventi e progetti di chi crede che accettare questa sfida sia un’occasione di crescita e di evoluzione.
Spero con questo di aver fatto chiarezza e fugato le preoccupazione del Prof. Brotto a cui auguro serenità. spero che si faccia una ragione che io possa esprimere un mio punto di vista più “fluido” delle sue incrollabili certezze, che ribadisce in conclusione del suo articolo: “che l’autistico, una delle cui caratteristiche è la rigidità, ami giocare con “l’intrepido esercizio del dubbio” come recita il punto 6, questo fa capire che Nicoletti ed io (ma non solo io, di certo) parliamo con lingue differenti di due “autismi” differenti.” Sicuramente si prof Brotto, punti di vista differenti dai suoi…E allora?
CERVELLI RIBELLI E AUTISMO RADICALE.
Ho già espresso il mio dissenso da alcune delle idee che nel corso di questi ultimi anni Gianluca Nicoletti ha espresso sull’autismo. Ora, dopo aver letto questo “Manifesto dei Cervelli Ribelli” (che sembra riecheggiare certi momenti della cultura primo-novecentesca) dico che non posso tollerare ulteriormente i discorsi di chi sostiene che l’autismo è un vantaggio e non una disabilità, che è una grande cosa, una dote di cui l’umanità non potrebbe fare a meno. O troviamo un termine differente per indicare la condizione di Einstein e quella di mio figlio Guido, che non parla, non comprende quello che dice la gente, e non conosce il bene e il male, o quest’uso di “autismo” per coprire uno spettro smisurato e disomogeneo
produrrà sempre più confusione, fraintendimenti e caos. E quelli che ne patiranno maggiormente le conseguenze non saranno quei “cervelli ribelli” che il Manifesto tratteggia, ma quei poveracci con ritardo mentale come mio figlio Guido, che di “ribellione” e anticonformismo non sa che farsene, perché non se ne può formare il concetto (sì io uso ancora l’espressione “ritardo mentale” perché rende bene la condizione di mio figlio, che ha imparato – più o meno – a fare la cacca seduto sul water e non nelle mutande non a 2 ma a 15 anni, e a 13 per socializzare a mo
do suo sputava sulle persone). Leggete il Manifesto! Un anticonformista vi si può ritrovare. Ma “anticonformista” è una cosa, “autistico” un’altra, almeno finché l’autistico continuerà ad avere bisogno di insegnanti di sostegno, residenze protette, e sarà privo di autonomia. Perché la discriminante che conta non è quella tra conformismo e anticonformismo, a cui sembra tendenzialmente riportare tutto questo Manifesto, ma tra capacità e incapacità di vita autonoma. Sei capace di fare con le tue forze la tua strada nella vita? Sei perfino in grado di “cogliere varianti imprevedibili rispetto a sistemi di pensiero stabilizzati”? Allora tu hai ben poco in comune con gli autistici-radicali-disabili con i quali io ho avuto a che fare in questi anni.
Il massimo del distacco dalla realtà dell’autismo radical-disabile emerge nei punti 6 – 10: lo confesso, mi hanno fortemente irritato, per il potenziale di confusione che possono seminare nell’opinione pubblica impreparata sul tema. Qui si conferma la vecchia idea dell’autistico geniale, del filmico Rain Man. Che un autistico, sempre ansioso perché il suo cervello non gli consente di adattarsi ad un mondo che continuamente cambia, perché è “cieco al contesto” (autism as context blindess) e alla sua fluidità; che l’autistico, una delle cui caratteristiche è la rigidità, ami giocare con “l’intrepido esercizio del dubbio” come recita il punto 6, questo fa capire che Nicoletti ed io (ma non solo io, di certo) parliamo con lingue differenti di due “autismi” differenti.Fabio Brotto
Presidente Autismo Treviso onlus
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