Quante energie perse a discutere su Facebook di autismo!
Gli ultimi dati epidemiologici sull’autismo mostrano un aumento dell’incidenza, risultati che indubbiamente portano a riflettere sul ruolo di fattori ambientali, iatrogeni, che vanno ad incidere su un corredo genetico difettoso che interessa i cromosomi 15, 16, 22 e il cromosoma sessuale X.
Rispetto a ventisei anni fa, quando nacque mia figlia, le persone autistiche sembrano aver occupato la Terra costringendo tutta la popolazione a venire a patti con un modo altro di sentire e di relazionarsi.
Abbiamo percezione di questa invasione dai social network, soprattutto Facebook, dove è un pullulare di gruppi di aggregazione per scambio di informazioni e discussioni. Gruppi formati principalmente da genitori e, in minima parte, dai diretti interessati, soprattutto quelli nei quali la sindrome autistica fa parte della malattia genetica di base (X fragile e sclerosi tuberosa, malattie nelle quali è possibile un ritardo cognitivo lieve, se non assente).
L’autismo è uno dei tanti aspetti della diversità ed è esso stesso ampiamente eterogeneo, ma è l’unico in grado di provocare i dibattiti più accesi. Viene affermato tutto e il contrario di tutto nel giro di poco tempo, disperdendo energie che forse sarebbero meglio impiegate per realizzare la tanto agognata vita indipendente alla quale noi genitori non siamo emotivamente pronti dopo anni di simbiosi.
Dopo aver assistito da spettatrice all’ennesima querelle sull’autismo, ho ripercorso con la mente gli anni della mia infanzia e giovinezza quando la forma di disabilità più visibile era la Sindrome di Down. Anche in questo caso l’espressività è quanto più varia possibile con forme caratterizzate da un ritardo mentale di grado moderato e forme nelle quali anche l’espressione fenotipica è sfumata. È il cosiddetto mosaicismo che coinvolge una piccola percentuale di casi.
Non mi sembra di aver mai letto sui social dibattiti riguardanti quale coòrte di segni clinici rappresentasse meglio la Sindrome di Down. E dire che ho tante amiche le cui figlie ne sono affette. Anche il successo di Nicole Orlando non ha indotto le recriminazioni che siamo soliti leggere per l’autismo. L’impegno dei genitori e di Nicole stessa è motivo di orgoglio per tutti, è l’esempio che spinge a non mollare mai, a sperare che sia sempre possibile un’evoluzione tendente a una maggiore autonomia di pensiero e azione.
Le famiglie interessate dalla Sindrome lavorano in silenzio, vanno avanti per la loro strada creando legami di solidarietà. La loro storia non è stata facile: additati, emarginati, derisi tanto da avere un epiteto caratterizzante, quel mongoloide che ancora viene usato in senso dispregiativo.
Non sono diversi da noi nella fatica quotidiana, eppure non cadono nella facile recriminazione. Hanno quello che spesso manca anche in situazioni normali: la dignità, ovvero rispetto prima verso se stessi e poi verso i figli che rappresentano.
Gabriella La Rovere