Continua l’ipocrisia sull’inclusione dei neurodiversi “tosti”. Gli insegnanti di sostegno per autistici non si improvvisano
A Treviso un insegnante di sostegno ha rinunciato al suo incarico perchè ha ammesso di non avere strumenti professionali tali da poter gestire una ragazza autistica. E’ il primo che abbia avuto il coraggio di scoperchiare il barile dell’ipocrisia della nostra “legge sull’inclusione scolastica che tutto il mondo ci invidia”. Per gli autistici a basso funzionamento questa inclusione è sempre stata un miraggio, salvo rarissimi casi felici la scuola per loro è un corridoio o uno stanzino battezzato in totale controsenso “aula di sostegno”. Il professore si è dimesso, è stato leale e onesto a scapito del suo lavoro. In altri casi suoi colleghi si limitavano a chiamare a casa o genitori al minimo segno d’irrequietezza chiedendo che venissero a prendersi il figlio. Non prendiamoci in giro: un autistico va gestito con specifici strumenti professionali, non basta la buona volontà o il buon cuore. Serve un comportamentista esperto, che sappia prevenire e gestire anche le crisi oppositive, una persona che per mestiere sappia trattare gli autistici. Sono anni che questo si dice, sono anni che si fanno orecchie da mercante o si risponde con ridicoli corsi di formazione che non permetteranno mai di seguire un’inclusione corretta di autistici di “modello tosto”.
Sulla questione degli “Insegnanti di sostegno specializzati” non sembra esserci apertura da parte della categoria stessa degli insegnanti. Evidentemente a nessuno interessa considerare la specificità di un soggetto neurodiverso rispetto ogni altro tipo di disabilità, per gli autistici alla fine l’inclusione non è considerata un diritto, parliamoci chiaro!
Evelina Chiocca, docente di sostegno e componente del direttivo del Coordinamento italiano insegnanti di sostegno commentando il fatto di Treviso chiede che tutti i docenti siano formati, a inizio servizio e in itinere, per attuare una piena inclusione scolastica degli studenti disabili. “La soluzione è formazione obbligatoria, subito, per tutti i docenti: ogni altra ipotesi è solo un palliativo – commenta – Senza entrare nel merito del singolo caso – spiega – la questione non è ‘essere adatti a lavorare come docente di sostegno’, ma essere adatti a insegnare. Il resto è da attribuirsi alla responsabilità politica e all’incapacità di tutti coloro che si sono avvicendati al ministero dell’Istruzione, ma anche nelle sedi istituzionali governative: sono loro che devono operare una scelta coerente, che può consistere unicamente nello ‘specializzare’ tutti coloro che accedono all’insegnamento nella scuola italiana. Se non si andrà al più presto verso questa direzione – conclude – sarà meglio dire chiaramente che quella dell’integrazione scolastica è stata una scelta di facciata, che ha garantito molti posti di lavoro e fornito occasioni per seminari, convegni, corsi di formazione e scrittura di articoli, libri, ecc. In due parole, una speculazione culturale”.
Ancora si continua a parlare di una sorta di infarinatura generica sulla disabilità che dovrebbero avere tutti gli insegnanti, che può anche starci, ma nessuno ammette che per gli autistici serva personale specializzato e formato sull’autismo. Si continuerà ad andare avanti così, sperando di arrangiarsi aggirando il problema fino all’entrata dello studente autistico nella fase “fantasma” che toglierà alla scuola l’onere di doverci pensare.
GIA’ 3 ANNI FA DICEVAMO A CHI TEORIZZAVA: “PER FARE L’INSGNANTE DI SOSTEGNO NON BASTA UN CORSO DI TAI CHI
«Non sono all’altezza»: insegnante di sostegno lascia l’incarico
Sta facendo molto discutere, in questi giorni, la vicenda di Giorgio Pavan, docente di violino trentanovenne chiamato, da un noto istituto scolastico trevigiano, a fare l’insegnante di sostegno a una ragazzina affetta da una grave forma di disabilità con istinti autolesionisti.Come riportato da “Il Gazzettino di Treviso”, l’insegnante ha deciso di rinunciare all’incarico dopo appena una settimana di lavoro. Pavan è nel mondo dell’insegnamento da ben 8 anni ma solo l’anno scorso gli era stato affidato il primo incarico come docente di sostegno. A fine anno il dirigente aveva prospettato al trentanovenne la possibilità di confermarlo nella stessa classe ma così non è stato e, nelle scorse settimane, Pavan si è ritrovato a gestire una nuova alunna con una grave forma di autismo senza avere le competenze adatte per farlo. Nonostante i primi tentativi fatti a inizio anno, il docente ha capito presto di non poter essere all’altezza di un incarico che avrebbe dovuto essere affidato a un docente specializzato, non a un insegnante di violino. Pavan si è trovato costretto a rassegnare le dimissioni licenziandosi ma ora sarebbe pronto a presentare un esposto all’ufficio scolastico di Treviso perché le promesse fatte dal dirigente in merito alla continuità lo avrebbero portato a rifiutare in estate molte chiamate da parte di altre scuole. Il dirigente scolastico è però di tutt’altro parere: «Chi sceglie di fare l’insegnante sa che questa è la gavetta da fare – ha commentato in tono lapidario – Se non ci sono insegnanti specializzati nel sostegno non siamo certo noi dirigenti ad averne la colpa». Fonte Treviso Today
Betty Demartis: «di belle parole siamo stanchi»
Mi dispiace molto che il docente abbia perso il lavoro, ma la nostra posizione è molto chiara riguardo la scuola: non si possono improvvisare insegnanti di sostegno senza avere titoli e competenze in materia di autismo, altrimenti si rischia di fare un grave danno all’alunno. Così come non si può insegnare la storia senza avere la conoscenza della materia, non ci si può improvvisare insegnante di sostegno di un ragazzo autistico senza conoscere il tipo di approccio che serve a lui.
Nel caso specifico di Treviso è giusto che la ragazza abbia un insegnante per la sua specifica disabilità con un approccio adatto a lei visti i comportamenti autolesionistici che denunciano senza dubbio un grande disagio. Ho ammirato l’onestà intellettuale di Pavan, che ha deciso di lasciare l’incarico, forse non tutti gli insegnanti avrebbero agito in questo modo, il suo gesto ha salvaguardato invece l’alunna trevigiana. Superficiale invece la posizione (se è vero ciò che hanno scritto) da parte del dirigente scolastico che trovava giusto mettere allo sbaraglio l’insegnante mettendolo a fare una sorte di apprendistato nel sostegno, o la cosidetta “gavetta” a scapito dell’alunno più fragile in assoluto!
Una mentalità (ripeto, se fosse cosi) che va assolutamente cambiata. I nostri figli non sono cavie su cui fare sperimentazione senza una formazione adeguata. Non bastano solo pazienza e buona volontà per insegnare pedagogia speciale, ci vogliono le competenze giuste, e se la scuola italiana è considerata in Europa come la più inclusiva, ma si continua a sottovalutare il problema, allora siamo distanti anni luce dalla soluzione.
Mi piacerebbe proclamare una buona volta uno sciopero collettivo degli insegnanti di sostegno, dei bambini disabili e di chi ha davvero a cuore l’integrazione e l’inclusione.
Di belle parole e di teoria siamo davvero stanchi!
Benedetta Demartis Presidente Nazionale ANGSA