Il 2 aprile a Marina Viola venne l’orchite
Mi figlio Luca mi ha svegliato alle tre emmezza, stamattina. Capita spesso. Capita anche spesso che, dopo aver smadonnato in silenzio, come prima cosa dopo quella che ritengo una tortura da parte di mio figlio, ho aperto il sito di Repubblica. Il video del presidente Mattarella in visita alla pizzeria Pizza Out di Monza mi è piaciuto molto. Sono contenta che il due aprile, giornata mondiale dedicata all’autismo, abbia deciso di conoscere gli enormi problemi e le incredibili lacune di servizi con cui noi genitori, ma soprattutto i nostri figli, dobbiamo convivere. Avrebbe potuto fare altro, questa prima domenica di aprile, ma il presidente ha deciso di pensare a noi.
Dopo aver letto dei festeggiamenti. Monza, però, ho letto l’intervista a Gianluca Nicoletti, che mi ha fatto tornare alla realtà. Dopo anni di impegni, dopo anni di promesse da parte di politici, le istituzioni non hanno mai alzato un dito. Non è mai successo assolutamente niente. Siamo ancora qui, noi genitori, a tremare di fronte al terrore di cosa sarà dei nostri figli quando non ci saremo più. I nostri nomi sono in centinaia di liste d’attesa immaginarie; i servizi non esistono. Sarebbe già un passo avanti sapere che esistono, ma che non funzionano bene. Non esistono proprio. Come Elio disse in un’intervista, non ci sono neanche strutture mediche specializzate in autismo, dove poter andare per avere una diagnosi precisa. Mancano proprio le basi. Quando i nostri bambini diventano adulti, poi, ci si trova di fronte a un deserto: abbandonati a noi stessi, soli a trascinare i nostri figli ormai adulti senza futuro. Qualche genitore investe tutti i soldi che ha per compensare, almeno un minimo, l’assoluta mancanza di opportunità. Ma la maggior parte di noi non ha tante possibilità economiche e rimane in balìa di promesse non mantenute, progetti fantasma. Questa è la realtà. La nostra realtà, che sembra così terribile quando la si racconta, ma che anche il due aprile rimane sempre lì, senza andare né avanti né indietro. Fa rabbia a chi non fa parte del nostro mondo e una volta all’anno riscopre il nostro disagio, e poi la rabbia svanisce. L’autismo no, quello rimane.
Ogni due aprile mi viene un attacco di orchite, malgrado io sia orgogliosamente donna. Tutto questo fumo senz’arrosto; tutte queste parole commoventi, i racconti di famiglie all’estremo della sopportazione; l’esercito di figli a basso funzionamento nascosto dalle telecamere perché quelli sì che fanno impressione. Il mondo si riveste di luci blu, si organizzano le pizzate, si ascoltano i discorsi dei politici di turno, e molte persone non coinvolte nella nostra realtà, quel giorno, mettono sui loro profili social cuoricini e faccine. Tutto molto bello, ma se partecipare significa voler davvero migliorare questa situazione, un giorno non basta.
La sensibilizzazione, quella il più delle volte c’è e al momento scalda il cuore. Ma è ovvio che non basta: bisogna in qualche modo trasformarla in partecipazione, in incazzatura, in richieste pratiche che possano davvero fare una differenza. Mio marito mi ha detto che stasera gli piacerebbe andare al cinema. Lui, ovviamente. Perché andare al cinema insieme non è concepibile. Trovare una persona disposta a stare tre ore con un ventiseienne autistico a basso funzionamento è come cercare un ago in un pagliaio. E se manco riusciamo a uscire insieme, provate ad immaginare la difficoltà di trovare una casa-famiglia idonea, dei servizi utili, un centro che non sia un parcheggio.
Potrei passare per persona cinica, a cui non va mai bene niente. Ma purtroppo sono realistica: non credo più che una pizzata possa risolvere qualcosa. Il fumo negli occhi non mi frega più.
MARINA VIOLA
http://pensierieparola.blogspo