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Giro di Amon o Ippocampo

In medicina con il termine di eponimo si intende il nome dello studioso o dello scienziato che va a denominare un organo, una sindrome o una malattia. Inizia così il viaggio di Gabriella La Rovere nella storia delle neuroscienze  all’origine di alcune parole identificative.



Amon era la divinità suprema nella teogonia dell’antico Egitto. Noto anche come Amen, che significa oscuro, misterioso o criptico, Amon era la divinità principale di Tebe, il cui culto raggiunse il suo apice durante la XII dinastia. Prima che Amenhotep IV ne proibisse il culto e imponesse temporaneamente una religione monoteista sotto il dio del sole Ra, il sacerdote di Amon ricopriva il rango più alto nella società egizia. Tuttavia, una forma evoluta di Amon, raffigurata con corna di ariete per simboleggiare la fertilità e la natura guerriera dell’antico animale del tempio, fece un prepotente ritorno come dio supremo del Nuovo Impero (1550-1069 a. C. comprendente le dinastie XVIII, XIX e XX). Quattro faraoni della XVIII dinastia presero il suo nome, compreso Tutankhamon, che significa “immagine vivente di Amon”.

Dopo la conquista della Nubia (attualmente regione dell’Africa nord-orientale, priva di confini precisi, divisa tra Egitto e Sudan anglo-egiziano), venne costruito un tempio a lui dedicato nell’antica città di Napata, oggi scomparsa, che divenne meta di pellegrinaggi anche dei Greci. Ecco, quindi, l’ingresso di questa divinità nella teogonia greco-romana. Durante il V secolo a. C., Pindaro contribuì ad estendere il culto di Amon dalla Cirenaica alla Grecia. Un carro con la statua del dio venne eretto a Delfi; tuttavia, il primo luogo in Grecia in cui il dio venne raffigurato con le corna di ariete fu Megalopoli, città dell’Arcadia meridionale.

Dopo la conquista dell’Egitto, Alessandro Magno si proclamò figlio di Amon. Il culto di questo dio non scomparve quando Grecia ed Egitto andarono sotto il dominio dei Romani; come in tante altre occasioni, fu adottato dalla nuova civiltà. Ne è testimonianza una moneta risalente al regno di Claudio dove nel retro è presente il simbolo alessandrino di Zeus Amon, figura assimilata nella mitologia romana come epiteto di Giove.

Con il Rinascimento ci fu il ritorno alle origini dell’antichità classica attingendo alle fonti originali. In medicina si recuperarono gli scritti di Ippocrate e Galeno e ci fu la creazione di un nuovo paradigma anatomico e strutturale basato sulla dissezione di cadaveri umani e sulla vivisezione animale. Il paradigma funzionale galenico, in vigore prima di allora, si basava esclusivamente sulla dissezione animale poiché in Grecia e a Roma era proibita quella dei cadaveri. Questo dette origine ad una serie di errori che si sono protratti per secoli. La nuova scuola di Padova, con Andrea Vesalio e William Harvey, introdusse un nuovo modo di studiare il corpo umano con un dettaglio senza precedenti. Qui, gli dèi e i miti greco-romani giocarono un ruolo importante in quanto i loro nomi vennero dati a diverse strutture anatomiche.

Dalla mitologia greco-romana venne recuperato il termine ippocampo, proposto da Giulio Cesare Aranzio (1530-1589) ad indicare la regione mediale del lobo temporale in quanto somigliante al cavalluccio marino, ma furono gli anatomisti francesi del XVIII secolo a preferire il termine di “Corno di Ammone”

La struttura dell’ippocampo, con popolazioni cellulari apparentemente condensate in singoli strati, attirò l’attenzione di molti studiosi del sistema nervoso centrale. Tra questi Camillo Golgi e il suo famoso disegno a documentarne l’organizzazione particolare. Il medico Santiago Ramòn y Cajal descrisse la stratificazione dei vari sistemi afferenti e tracciò una distinzione tra cellule con lungo assone e quelle con corto assone.

In ambito patologico, si deve al neurologo Vladimir Bechterev (1857-1927) la scoperta del ruolo dell’ippocampo nelle funzioni  mnemoniche grazie a studi su pazienti che erano affetti da gravi disturbi della memoria. Piccole lesioni focali del lobo temporale anteriore, e in particolare nell’ippocampo, sono responsabili di epilessia del lobo temporale, le cui prime descrizioni furono fornite dal neurologo John Hughlings Jackson. Anomalie di struttura e funzione dell’ippocampo sarebbero coinvolte nei disturbi dello spettro autistico.

Gabriella La Rovere

gabriella la rovere

Redazione

La redazione di "Per Noi Autistici" è costituita da contributori volontari che a vario titolo hanno competenza e personale esperienza delle tematiche che qui desiderano approfondire.

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