La figlia disabile della madre assassinata a Grugliasco
Il femminicidio in Italia si ripete in modalità tristemente ricorrenti. Teatri del crimine sempre uguali, maschi assassini e femmine assassinate, con storie e biografie che si sovrappongono, tanto da rischiare che l’opinione, superficiale e disattenta, cominci a considerarlo come fenomeno “ineluttabile”.
Nel caso di Grugliasco però c’è una vittima in più, è una ragazza disabile costretta ad assistere a quella macelleria domestica. Fernanda di Nuzzo aveva una figlia con Sindrome di Down, che conviveva con la madre e il padre che l’ha accoltellata a morte. Le cronache dicono che sarebbe stata lei a dare l’allarme, prima ancora che telefonasse una vicina, che aveva visto la donna chiedere aiuto sull’uscio di casa.

Non è giusto e umano in questo momento andare a scarnificare ulteriormente questa porzione di umanità, attraversata da un dramma di tale portata. Non posso però fare a meno di chiedermi chi si prenderà d’ora in poi cura di questa ragazza; ha un fratello di 30 anni che non viveva in famiglia e che immagino stesse costruendo in autonomia la propria vita di “sibling”, come è auspicabile che faccia ogni fratello di persona disabile che, da un certo punto della sua vita, avrà visto ogni risorsa materiale ed emotiva dei suoi genitori assorbita dal più fragile tra i figli.
Non riesco a immaginarmi quale potranno essere queste ore per quel giovane uomo che dovrà fronteggiare il fatto di avere una madre assassinata, un padre assassino incarcerato e una sorella la cui psiche è più fragile della media, però costretta a vivere una tragedia che annichilirebbe il più forte degli umani.
Mi è capitato svariate volte di raccontare massacri familiari con al centro un figlio disabile. La fine di ogni speranza di una sua vita dignitosa oltre l’esistere dei propri genitori, ha portato spesso uno di questi allo sterminio radicale di sé stesso e della fonte amatissima di ogni sua angoscia. Uno schema delittuoso che rappresenta il punto più profondo della disperazione di un essere umano, il cui destino è legato a un figlio disabile.
Per la prima volta ora mi trovo a riflettere sul fatto che l’estensione del femminicidio può portare anche a quello che è successo a Grugliasco, l’assassinio di una compagna che comporta anche l’uccisione emotiva di un figlio disabile, per cui quella famiglia, per quanto malandata e disfunzionale, rappresentava l’unico universo possibile.
Il dopo di noi di quella ragazza inizia e termina nell’esatto momento in cui ha assistito alla scena del padre che sventra la madre.
Non mi permetto di fare classifiche sull’intensità del dolore tra figli nella norma e figli fuori standard. Vivo in un Paese vilmente ipocrita riguardo a ogni iniziativa pubblica, efficace e non fumosa, sul destino oltre noi dei nostri figli fragilissimi. Forse qualcuno cominci a sentirsi, anche per la sua parte, coinvolto su quanto di terribile potrebbe accadere tra le mura di una casa come quella, in cui matura ogni giorno l’ossessione di una creatura il cui destino è nascere orfana, non solo dei suoi genitori ma del mondo intero. (pubblicato su La Stampa 30 maggio 2025)