Perché non ci sono nei salotti degli autistici le macchine stringitrici di Temple Grandin
I genitori degli autistici spesso vanno nel pallone quando il loro figliolo/a, che appartiene al variegato mondo dello spettro, comincia a dare segni di inequivocabile ansia che in un crescendo rossiniano può presto diventare panico, esplosione di rabbia, furia distruttrice, aggressività auto ed etero. Siccome è una vera e propria escalation, molti di noi genitori di soggetti autistici hanno il tempo mettere di attivare le “buone pratiche” che dovrebbero, qui il condizionale è d’obbligo, contenere “l’ira funesta”. Ci si ingegna, ci si industria come si può.
Una mamma di mia conoscenza imbraccia come se si trattasse di una lancia, un volgare battipanni, quelli che un tempo si compravano dai “Casalinghi” e ora si trovano nei bazar cinesi. Non lo usa mai, al massimo lo fa roteare con aria di minaccia davanti al figlio. Io invece quando vedo che il nervosismo del mio gigantone monta, vado nella sua camera, prendo la sedia a rotelle da ufficio, imbottita in similpelle nera, comprata all’Ikea, e la colloco vicino a lui. Tommy ci si siede e comincia a girare, girare, girare come una trottola, un Dervisci in trance seduto. Nel frattempo emette gridolini, mugolii, risatine ecc. Serve a calmarlo o meglio a fargli sfogare l’angoscia ansiosa che lo sta attanagliando.
La sedia con le rotelle è per lui quello che è stata la macchina per gli abbracci di Temple Grandin l’autistica ad altissimo funzionamento famosa in tutto il mondo, i cui libri autobiografici sono stati pietre miliari per conoscere più in profondità il mondo interiore degli autistici. Ebbene a diciotto anni Temple si costruì una macchina per gli abbracci. Aveva visto che le mucche si calmavano dentro la gabbia di contenimento usata dal veterinario per visitarle, e aveva intuito che una macchina simile a quella gabbia avrebbe potuto calmare anche lei. Così, con due assi di compensato che si stringevano ai lati di una panca, realizzò questo strano oggetto. Nel libro “Pensare per immagini” la Grandin racconta che la macchina per gli abbracci la usava a casa ma anche a scuola. Quando arrivava l’ansia a sconvolgerla Temple si riparava dentro la macchina e la pressione del congegno di contenimento miracolosamente la calmava.
Per Temple, incapace di capire i rituali della socialità, un abbraccio non è, ad esempio, che un sovraccarico sensoriale di impulsi contraddittori. Ecco perché deve rifugiarsi dentro una macchina, se vuole provare senza complicazioni quel piacere. Agli animali capita lo stesso con una grande varietà di stimoli, che interpretano secondo i loro codici specifici. Un impermeabile giallo appeso a un cancello per noi non ha alcun significato particolare, ma per una mucca è un segnale, che può scatenare reazioni di panico. Per scoprire questa correlazione inaspettata occorre una mente fuori dal comune, in grado di vedere la realtà dal punto di vista dell’animale. Capire il linguaggio degli animali non è solo un’avventura intellettuale, ma anche un modo concreto per imparare a comunicare con loro: grazie a una donna autistica e al suo affascinante mondo interiore, oggi siamo in grado di farlo.
Ma di macchine stringitrici, alla maniera di Temple Grandin, non se ne vedono proprio in giro. O meglio.. prototipi sofisticatissimi si possono trovare in internet, quasi tutti motorizzati elettricamente come le poltrone reclinabili e massaggianti di ultima generazione. Sono oggetti sofisticatissimi e anche molto costosi, è difficile che possano avere una grande diffusione. Perché nessuno ha pensato a fare una produzione a largo raggio si mette a produrle? Chissà magari potrebbero diventare oggetti usuali di arredamento nelle case degli autistici e di chissà quanti cosiddetti “normodotati” stressati e isterici.
https://corticalchauvinism.com/2013/03/03/the-squeeze-machine/
https://gizmodo.com/hug-this-wooden-hugging-machine-and-it-hugs-right-back-