Abbigliamento e ipersensibilità

Un recente lavoro inglese, pubblicato sulla rivista “Autism”, ha analizzato l’impatto dell’ipersensibilità tattile, correlata all’abbigliamento, sulla vita di 86 adulti autistici, concentrandosi su alcuni parametri quali l’insoddisfazione per l’aspetto fisico, l’autostima, la consapevolezza e l’espressione di sé. È stato visto che la ipersensibilità tattile nei riguardi dell’abbigliamento è un fattore comune tra gli autistici adulti con una percentuale che varia dal 48 al 73%. Sperimentare un sovraccarico sensoriale può portare a grave disagio emotivo, difficoltà cognitive, fino anche il dolore fisico. Ad esempio, alcuni adulti autistici hanno riferito di provare nausea dopo aver mangiato determinate consistenze alimentari, dolore fisico per essere stati abbracciati, difficoltà di concentrazione per il rumore e di sperimentare veri e propri blocchi in ambienti sensoriali intensi. Si è anche visto che l’ipersensibilità si associa ad ansia e disturbi del sonno.
Tutto questo può condizionare la vita e la persona autistica spesso decide di evitare luoghi affollati per paura di un contatto occasionale che, al di là di stimolare le terminazioni nervose con una risposta spropositata, può spingere il soggetto a lavarsi compulsivamente per paura delle malattie.
L’ipersensibilità tattile influenzando la scelta dell’abbigliamento, incide sulla soddisfazione per il proprio aspetto e l’autostima. È riduttivo parlare della sola ipersensibilità tattile perché solitamente c’è il coinvolgimento degli altri sensi e quindi il colore e l’odore della manifattura. La presenza di cuciture e targhette è un altro elemento importante da non sottovalutare.
Quando l’autistico adulto trova un capo di abbigliamento che risponde a tutte le richieste di vestibilità, di solito ne compra altre uguali per garantirsi la comodità per diverso tempo, addirittura per anni. Questo essere uguali a se stessi, nonostante le mode, può essere ulteriore motivo di dileggio più o meno grave e di chiusura al mondo. La conseguenza è la depressione che sembra colpire gli adulti autistici con percentuali molto variabili, ma elevate.
Oltre all’impatto emotivo, la sensibilità tattile legata all’abbigliamento è stata descritta come un ostacolo alla partecipazione ad attività come il lavoro e gli eventi sociali formali. Secondo i dati diffusi dall’Istat, in Italia i giovani adulti autistici tra i 18 e i 30 anni sono circa 110mila, ma meno del 10% ha un lavoro regolare retribuito. Gli ostacoli all’ottenimento e al mantenimento dell’occupazione per gli adulti autistici includono lo stigma, le difficoltà nelle funzioni esecutive e in quelle sociocomunicative. A questi vanno aggiunte le barriere sensoriali sul posto di lavoro quali luci intense, rumore di fondo costante e ambienti affollati. Da non dimenticare che la maggior parte dei lavori obbliga ad abbigliamento adeguato, tipo tute, maschere, cappelli, uguali per tutti, senza alcuna attenzione a condizioni di ipersensibilità sensoriale.
Anche l’industria della moda non può essere completamente assolta dal momento che produce principalmente capi prêt-à-porter che non soddisfano le esigenze delle persone con disabilità fisiche o delle persone autistiche con ipersensibilità. Secondo una recente ricerca, la moda è considerata il terzo campo meno inclusivo per persone con disabilità, dopo i trasporti e l’urbanistica. L’abbigliamento adattivo è ancora una chimera, sconosciuta alla maggioranza delle persone e, paradossalmente, alle stesse persone con disabilità. La scarsa conoscenza della moda adattiva è anche dovuta ai pochi brand che se ne occupano e, tra questi, Tommy Hilfiger Adaptive, Zalando Adaptive Fashion e Primark nei quali, è logico ipotizzare che ci siano esperienze personali che ne hanno allargato lo sguardo.
Gabriella La Rovere
