Dio dammi la forza di non andarmene prima di lui
“Dio dammi la forza di non andarmene prima di lui, in questo mondo egoista non lo lascio!”. Questo è lo slogan provocatorio ideato da Brigitte Pepe, mamma di Loris, bambino autistico di 11 anni, per scuotere le coscienze e sensibilizzare l’opinione pubblica sull’argomento del “dopo di noi” dopo l’ennesima beffa dei LEA. All’idea di vedere il suo ragazzo, relegato in una struttura, senza più definizioni precise della sua condizione una volta raggiunta la maggiore età, in balia di vaghi trattamenti e più verosimilmente chiuso in una stanza, grida con forza il suo disappunto: “solo noi genitori possiamo pretendere il meglio per i nostri figli”.
Brigitte è una sociologa, giornalista che ha seguito anche programmi speciali per le scuole proprio per gli alunni disabili, ha un altro bambino Natan di 6 anni e non si è mai arresa all’idea che per crescere il suo Loris, già nato con le difficoltà di essere prematuro, solo 810 grammi alla nascita, bisognasse ringraziare chi concedeva le terapie e garantiva quelli che sono i diritti minimi. “Ho visto madri distrutte, stanche accontentarsi di poche ore di psicomotricità come fosse già quello un dono. Allo stesso tempo non accetto che mi si dica che sono super solo quelli che lasciano tutto (compreso il lavoro) e portano i figli autistici in giro per il mondo. Io e mio marito, come gran parte della gente, credo, non ce lo possiamo permettere, anche se, a dirla tutta, non ci dispiacerebbe assecondare la passione di Loris di marciare chilometri, ma qualcuno deve pur lavorare per sopravvivere. La straordinarietà spesso è nella semplicità del quotidiano. Pretendo di avere le giuste terapie e gli strumenti adatti per far crescere Loris, che seguano la sua naturale predisposizione. Nulla di speciale, ma non sto zitta se mi viene negato e non mi inginocchio quando mi viene dato”.
Abituata ad alzare la voce e allo stesso tempo a mediare per ottenere ciò che potesse garantire una normale serenità a Loris, ora è pronta a lottare perchè è infuriata, indignata, delusa: nella legge anche lei ci aveva creduto ed ora sente che si sta tornando indietro, che di nuovo sarà tutto esclusivamente sulle spalle dei genitori.
“Spesso mi sono sentita dire “faccia la mamma e non la terapista”, solo perchè chiedo e suggerisco sulla base della mia esperienza quotidiana con mio figlio. Sono io a portarlo al parco, ad avergli insegnato ad andare sullo scivolo, dove vuole andare ancora adesso, sebbene con qualche mio imbarazzo nel vederlo ‘grandicello’ tra piccoli e dispiaciuta per non vederlo ‘in gruppo’ con i suoi coetanei; io lo porto al cinema, in pizzeria, a Messa. Io provo a costruirgli attorno una normalità fatta di cose semplici e di relazioni che possano includerlo. Sempre io faccio ogni giorno un’ora di macchina per portarlo a fare le terapie”.
Da Manoppello, piccolo comune in provincia di Pescara, Loris deve andare nel capoluogo per fare logopedia e psicomotricità, ed ora ha aggiunto anche la terapia multisistemica in acqua (T.M.A.), perchè andare in piscina è la passione del figlio e vuole provare anche questa nuova strada. “E’ un regalo delle mamme di scuola, hanno fatto una raccolta per il compleanno. Il cuore delle persone che si sostituisce all’assenza delle istituzioni.” Brigitte non vuole essere considerata una supermamma, ma semplicemente una mamma che cerca di dare e pensare il meglio per il suo figlio ‘speciale’. “Vorrei che non si dovesse lottare perchè venga seguito con attenzione a scuola. Noi genitori auspichiamo e speriamo in un suo inserimento nel mondo del lavoro e non nella lista d’attesa di un manicomio.”
Non si crede nei miracoli e non si vuole la luna, ma si combatte per l’assistenza che garantisca a Loris, come tutti gli altri disabili, di vivere il più possibile in maniera normale.
Brigitte non ama la retorica, ma uno dei ricordi più emozionanti della vita di Loris riguarda la sua comunione, un passaggio che spesso le famiglie dei bambini autistici preferiscono dimenticare, come ennesimo momento di esclusione. “Il catechista lo ha accolto da subito bene, lo lasciavamo sereni con lui ogni sabato, infatti la cerimonia ci ha colpiti. Loris, aiutato da un suo compagno di classe che lo ha assistito, ha vissuto con partecipazione tutti i momenti della Messa. Questo è un esempio di normalità ed inclusione sociale per cui vale la pena di lottare. Sempre!”