Lo strano caso fantapietistico dell'autistico senza microfono
Sta facendo il giro della rete e stavamo per rilanciare anche qui la compassione e lo sdegno per quanto accaduto nel West Virginia alcuni giorni fa. In occasione del Ringraziamento, la scuola di Caleb aveva preparato una recita. Tanti genitori in platea, tutti i bambini travestiti sul palco. Tra loro c’è Caleb, appunto, l’autistico disturbatore di turno. Quello che gira in rete ed è stato ripreso da numerosi media stranieri e adesso anche da qualche giornale italiano, è un frammento di video: due compagni di Caleb, a turno, parlano brevemente nel microfono, poi arriva il suo turno ed ecco che la maestra agguanta il microfono e Caleb resta con lì, ad impugnare l’asta, reclamando “no, no” e scoppiando in lacrime.
Articoli sulla vicenda potete trovarli ai seguenti link:
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Autistic Boy Left In Tears After Teacher Snatches Mic From Him
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Tragic moment autistic boy bursts into tears when teacher grabs microphone from him
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Autistic boy left in tears at Thanksgiving play after teacher snatches microphone away from him
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e sugli italiani Leggo e TGCom24
https://www.youtube.com/watch?v=3dKK4o-oSPA
E’ una storia amara e verosimile. Non sono purtroppo nuovi casi come questo: abbiamo parlato tante volte di bambini esclusi da gite, o non invitati ai saggi della propria classe, o addirittura lasciati soli in classe. Non ci stupiva allora che a un bambino autistico fosse sottratto il microfono: che fosse silenziato, insomma, nel momento in cui poteva mandare all’aria la buona riuscita di un evento come la recita scolastica, che spesso sottopone le insegnanti a un’ansia da prestazione capace di annichilirne ogni sentimento di pietas.
Eppure, senza che venga meno l’indignazione e la denuncia per quanto potrebbe a tutti gli effetti essere accaduto (e di fatto spesso accade), qualche dubbio ci è sorto, quando abbiamo cercato su Facebook il profilo di Amanda Riddle, la mamma del bambino, autrice del post che è stato copiato e incollato in alcuni degli articoli che girano sul web. Di Amanda Riddle ce ne sono diverse, ma non quella: nessuna che abbia il volto che appare nel post, nessuna che abbia pubblicato quel post. C’è anche, da qualche ora, una pagina pubblica che si chiama così: rimanda a uno degli articoli sul caso Caleb. Nient’altro.
Qualche altro dubbio ci è sorto quando abbiamo visto il video integrale, che in pochi giorni ha totalizzato su Youtube oltre 22 mila visualizzazioni: qui Caleb non sembra affatto isolato, messo ai margini, silenziato. Partecipa all’evento, ride e scherza, salvo poi scoppiare a piangere quando la maestra afferra il microfono. Ma forse così era previsto, forse non era il suo turno, forse la sua frustrazione, per quanto comprensibile, non è da assecondare né da compatire. E’ avvenuto quando tutto era finito: e dopo che l’autistico Caleb si era preso il suo spazio, senza che nessuno lo facesse fuori.
https://www.youtube.com/watch?v=RggF6RShqWo
Il caso, ci pare, è esploso senza che ci fossero gli elementi per farne, appunto, un caso. E colpiscono i termini ricorrenti, le parole chiave degli articoli che narrano questa vicenda:
il video è uno “shock video”
il ragazzo è un “poor boy”
il gesto della maestra, per l’italiano “Leggo”, è decisamente “crudele”
la mamma si lamenta che suo figlio soltanto sia vestito da tacchino: ma è vestito da indiano, come tutti gli altri.
Senza voler derubricare il caso come una bufala, solleviamo tutta via il dubbio che si tratti di fantapietismo, in cui l’autismo sia usato per suscitare tenerezza. E in cui tutto viene preso per buono, senza necessità di verifica alcuna: perché un post su Facebook è verità e in un attimo diventa notizia. Perfino quando il suo autore è irreperibile, o addirittura inesistenti.
E allora siamo cauti: prima di gridare allo scandalo, prima di compiangere il “poor boy” di turno, verifichiamo che non si tratti solo dello sfogo – comprensibile e legittimo – di una madre (o di un padre) che a volte hanno una visione distorta della realtà. O, peggio ancora, che non sia una bufala messa su ad arte, chissà perché: per gettar fango su una scuola o una maestra, per fare proseliti, per accaparrarsi tanti click. In questo, l’impresa della misteriosa Amanda è certamente riuscita.