Il terremoto nelle liste scolastiche di WhatsApp. Ragazzi fuori, autistici confusi
Il Terremoto è sempre sinonimo di panico. Tremano i pavimenti, tremano le pareti, la testa inizia a girare e non sai quando finirà. Le scosse di oggi si sono sentite forte anche a Roma, dove la gestione dell’emergenza, effettiva o solo possibile, è sempre particolarmente rocambolesca. E quello che è accaduto nelle scuole ne è la prova più evidente: poco dopo la prima scossa, già le liste WhatsApp delle varie scolaresche iniziavano ad animarsi. Nel giro di pochi minuti, la stragrande maggioranza degli studenti era in cortile, o in palestra, su disposizione dei rispettivi dirigenti scolastici. E fin qui nulla di male, anzi: si esercitava così il dovere istituzionale di tutelare chi è affidato alla propria custodia. Il panico però correva in rete, mentre nessuna comunicazione ufficiale giungeva, in molti casi, dall’istituzione scuola. La cronaca del terremoto scolastico avveniva solo ed esclusivamente sui social, insieme alla comunicazione dei vari provvedimenti. Ufficiale e ufficioso si confondevano. “E’ ufficiale!”, esclamava qualcuno. Ma lo esclamava su WhatsApp e senza prove. “C’è l’ordinanza”, assicurava un altro. Ma nessuno la trovava. Finché la sindaca finalmente ha detto la sua, facendo chiarezza sul fatto che nessuna ordinanza per la chiusura delle scuole era stata emessa.
Com’è finita? Con il solito spontaneismo all’italiana: i genitori si sono rincorsi su WhatsApp, incaricandosi reciprocamente di prelevare i proprio e gli altrui figli, perché “la preside dice che è preferibile farli uscire”. Perché poi “anche le cuoche sono in giardino e la mensa non funziona”. Al freddo e affamati, con la terra che trema: immaginando i propri figli in questo stato, quasi tutti i genitori si sono affrettati a portarli via da questa brutta situazione.
Perché raccontiamo qui tutto questo? Perché ci siamo chiesti cosa ne sia stato degli studenti #teppautistici, in tutta questa situazione concitata e un po’ surreale, dove la reazione al terremoto ha scosso più del terremoto stesso. E ce lo ha raccontato Stefania Stellino, che oltre a presiedere Angsa Lazio, ha due figli entrambi autistici. Ed è stata anche lei travolta, come tutte le mamme romane, dal panico collettivo delle liste WhatsApp. Ed ecco il suo racconto, così come ce l’ha mandato.
Notizie e comunicazioni solo sulle liste WhatsApp dei genitori: dalla segreteria scolastica nulla, dalle insegnanti di sostegno neanche. Le ho contattate io per sapere come andava. “Lei è tranquilla”, mi assicura l’insegnante di Nicole”. “Tranquilla, lui mi segue e poi stiamo in giardino e a lui piace”, l’insegnante di Daniel.
Ma com’era la situazione a scuola?
Confusione, bambini sballottati fuori, dentro, sotto i banchi, senza sapere perché, come, quando. Difficile far capire ad un Daniel perché all’improvviso deve scappare. O perché deve mettersi accucciato sotto il banco. Nicole dice che c’è un pericolo, ma lo sa solo perché glielo hanno detto. Perché per lei la stanza che si muove non costituisce un pericolo finché non lo “vede”, il pericolo.
L’ultimo terremoto, quello di ottobre, in casa si muoveva tutto, un mobile con le ante con gli specchi si è squinternato, le porte scorrevoli ballavano dentro il muro, le sedie ballavano e lei mi chiedeva perché mi agitassi tanto e li costringessi sotto la porta di casa. Mentre Daniel mi seguiva nei movimenti, guardandomi come se fossi un’ indemoniata. A scuola oggi mi hanno detto che si guardava intorno e non capiva perché tutti si agitassero tanto.