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A lezione di vita e di sport con gli atleti del Tevere Remo special team

teveremookNel più antico circolo di canottaggio di Roma scendono in barca gli special olympics. Insieme agli altri atleti si allenano in piscina, in pista e anche sul campo di calcetto. Continuiamo il viaggio tra le realtà sportive che si aprono a chi ha disabilità: dopo la SMIT di Roma e i suoi campioni di basket, raccontiamo cosa è accaduto negli ultimi dieci anni, sempre nella Capitale, al Reale Circolo Canottieri Tevere Remo.

“Il canottaggio insegna ad essere costanti solo così arrivano i risultati. E’ la costanza che paga, in questo modo abbiamo ottenuto traguardi impensabili per i nostri atleti speciali.”

Paolo Ramoni, coordinatore nazionale canottaggio indoor rowing (disciplina nata dalla fusione tra canottaggio e fitness nella quale l’equipaggio si allena come in una barca, ma in palestra) per Special Olympics Italia e referente per la stessa attività per gli atleti special olympics nella Federazione Italiana Canottaggio, racconta come è riuscito a creare la squadra di 50 ragazzi con disabilità intellettive all’interno del prestigioso circolo remiero della capitale e come a farla accedere alle gare della Federazione Italiana.

paolo-ramoni“Ho fatto canottaggio sin da quando sono ragazzo. Lo sport per me è stato un mezzo di socializzazione e gratificazione personale. Ricordo quando andavo in trasferta, mi sentivo più fico degli altri miei coetanei. A 18 anni quando è morto mio padre è stato un sfogo fondamentale. Dieci anni fa ho pensato che gli stessi valori e gli stessi benefici si potessero trasferire a dei ragazzi disabili. Avevo visto che una mia compagna di classe era diventata direttrice di Special Olympics e le ho spiegato la mia idea. Così abbiamo messo insieme un piccolo gruppo di ragazzi e iniziato a fare degli allenamenti il lunedì mattina.”

La storia del Tevere Remo special Team parte in salita, caratterizzata dalla prudenza di chi l’ha condotta, soprattutto per farsi accogliere nel luogo scelto per realizzarla. Il Reale circolo Canottiero Tevere Remo fondato nel 1872, insignito dalla stella d’oro e collare d’oro al merito sportivo, conta circa mille persone tra soci e atleti. Il suo scopo sociale è la promozione e l’organizzazione della pratica dilettantistica del canottaggio, della vela, del tennis, del calcio a 5 , altri sport autorizzati dal consiglio direttivo e di attività didattiche e culturali.

“Io sono socio onorario del circolo per motivi sportivi, quindi ho chiesto agli altri e abbiamo cominciato un giorno e in un orario nel quale non ci fossero tante altre attività. Ad aspettare i ragazzi c’era Camilla Corsetti ex atleta di canottaggio, laureata in psicologia. I soci qui non pagano poco e, trovarsi mentre giocano a tennis un ragazzo che magari entra in campo o vederne un altro che corre intorno, ha provocato delle lamentele. La direzione però è stata dalla nostra parte e alla fine anche chi era più scettico ha imparato a conoscere i nostri atleti. Non solo: il nostro lavoro è servito affinchè alcuni soci decidessero di mandare i propri figli con disabilità a fare sport insieme a noi. Abbiamo assistito ad una crescita sociale di tutti. Così ci siamo allargati anche con le altre discipline come il calcetto, il nuoto, l’atletica e gli sport sulla neve.”

Il gruppo iniziale passa da 5 a 50, aumenta l’offerta delle attività e il team degli allenatori cresce. “Non abbiamo figure di operatori o assistenti sociali che ci supportano, abbiamo avuto volontari maggiormente formati sulle disabilità, ma alla fine l’impostazione che vogliamo dare è quella di una squadra quindi abbiamo bisogno soprattutto di tecnici con formazione sportiva. Siamo un gruppo di 15/20 allenatori e atleti partner.”tevere-remo-3

La settimana degli atleti al Tevere Remo è lunga e diversificata: il lunedì atletica e nuoto, il martedì calcetto e canottaggio, mercoledì canottaggio e venerdì solo atletica. E in più ci sono le trasferte, tante, per gare e tornei in giro per il paese e non solo.

“E’ il momento più bello, è lì che si va oltre la componente sportiva. C’è la maggiore socializzazione e soddisfazione più grande. Li vediamo cambiare. Arrivano silenziosi e poi li senti canticchiare, sono diffidenti e in viaggio, insieme, cominciano ad aprirsi. Diventano loro il traino che coinvolge anche noi. Non nego ci siano stati momenti di difficoltà che hanno rappresentato passaggi di fondamentale riflessione sul campo. Se i ritiri superano i 6 giorni e le giornate sono troppo piene e faticose, i ragazzi che non riescono ad esprimere bene la loro stanchezza possono manifestarla con aggressività. Quindi è meglio prevenire e alleggerire il programma. Esempi più banali: abbiamo messo in camera un atleta che dormiva solo con la luce accesa ed uno solo con il buio pesto,è stato una nottataccia per entrambi e per noi, abbiamo capito dall’esperienza  che è meglio conoscere le loro abitudini prima di partire.”

trasferta-teveremoSuperate le diffidenze dei ragazzi, bisogna aggirare quelle dei genitori, timorosi e soprattutto spesso convinti che le attenzioni debbano essere esclusive sul proprio figlio. “Se potessi avere a disposizione figure professionali come gli assistenti sociali le userei per gestire i rapporti con i genitori. Con alcuni è stato molto difficile, anche se devo ammettere che il confronto è aspro anche con quelli dei normotipici. Alcuni vorrebbero che gli allenatori si comportassero come farebbero loro. Hanno la tendenza, che posso capire, ad essere iperprotettivi poi però spesso si ricredono sulle proprie paure, anche in questo caso grazie all’esperienza. Ricordo una trasferta di canottaggio a Torino: la mamma non voleva, il ragazzo si era già preparato la borsa per partire. Alla fine si è sciolta la resistenza materna, e quando siamo tornati ci ha ringraziato.”

L’obiettivo del lavoro di squadra al Tevere Remo è proprio superare la diversità senza negarla, ma cercando di farla convivere, nella sport, con la cosiddetta normalità.

“Gli equipaggi di canottaggio sono integrati. Gli atleti disabili, durante l’allenamento scendono in acqua con chi non ha disabilità. Non è stato sempre facile trovare atleti disponibili, ma poi è un’esperienza che, fatta una volta, si ripete. Siamo riusciti finalmente a ottenere che anche durante le gare della Federazione canottaggio escano barche integrate di special olympics. Abbiamo lavorato molto, non è stato facile: abbiamo dovuto creare regolamenti specifici, come pure approntare diverse norme a livello sanitario. Bisognava far capire che per loro non è un’attività in cui l’agonismo è prioritario. Magari, anche se non hanno disabilità fisiche, vanno più lentamente, perchè, per loro, è una vittoria essere in barca e partecipare insieme ad altri.

Intanto ogni settimana 50 atleti, dai 20 ai 40 anni, con disabilità intellettive, fanno attività sportiva senza sentire il peso della propria disabilità come un limite o un tratto distintivo, in un luogo aperto e condiviso con altri sportivi che hanno deciso di superare perplessità e pregiudizi iniziali. Una realtà positiva da raccontare per consentire ad altre analoghe di emergere e farsi conoscere, unico neo l’autonomia economica. I corsi costano 25 euro al mese per una volta a settimana, 40 per due, tutto reinvestito per dare un minimo di rimborso ai volontari.tevere-remo-2

“Ci dicono che siamo il fiore all’ occhiello della società, io vorrei che ci considerassero una sezione sportiva con gli stessi diritti e un budget definito che non fosse solo il ricavato delle nostre raccolte fondi da vendita di biglietti di lotteria, biscotti e prodotti di artigianato. Non voglio essere polemico, ci basterebbero 5 mila euro l’anno. Non vogliamo però succhiare risorse e dare fastidio, ma avere quello che basta per rimborsare chi lavora con noi e ci aiuta.”

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