I terrestri che hanno paura degli autistici
Sono cresciuta all’ombra di un mantra che mia madre aveva preso in prestito da un comico: “Se la montagna non va a Maometto, Maometto va al mare”. Una frase che sintetizzava la sua natura orgogliosa, qualcosa che cercava con fatica di trasmettermi. Erano i tempi in cui non si rischiava la vita per una frase scherzosa e non si viveva ancora in nome del politically correct.
Con il passar degli anni, da un lato ci siamo evoluti: per fortuna una rock-star del calibro di John Lennon, oggi non potrebbe mandare in delirio il suo pubblico mimando una persona spastica; dall’altro invece siamo regrediti, se penso che qualche anno fa sono stata bollata come razzista, per aver condannato alcuni comportamenti oggettivamente stupidi del calciatore [nero] Balotelli.
Ed è qualcosa che succede spesso con i disabili, come se fossero “The Untouchables”. Meglio – a scanso di equivoci – distogliere lo sguardo da loro, prima che l’espressione con cui li si guarda non sia quella giusta. O meglio ancora, fingere che siano invisibili: e se l’interazione è proprio inevitabile, affrettarsi a dire che sono meravigliosi. E questo è molto grave, perché significa non vedere più una persona, al di là della sua condizione.
Checco Zalone l’ha capito con il suo meraviglioso spot sulla SLA e allora ben venga l’iniziativa di formare i giornalisti e di combattere il pietismo. Perché la triste realtà è che i terrestri hanno paura degli autistici e di qualsiasi altra categoria protetta, per disabilità, sindrome, razza o religione. Non una paura fisica, naturalmente, ma il terrore di dire o fare qualcosa di sbagliato, che li faccia diventare – nel giudizio degli altri – brutte persone. L’ho capito rendendomi conto che potevo parlare tranquillamente delle mie frequenti emicranie, o della mia rotula ballerina, ma non del mio autismo. Dopotutto lo nascondo bene…: non possiamo far finta di niente ed evitare di imbarazzare gli altri?
Ho un amico toscano che esce da questa logica, e spesso mi dice scuotendo la testa, con il suo accento impagabile: “Te ti hanno proprio montata al contrario!”. Vorrei che il mondo fosse fatto di persone così, ma dobbiamo essere noi a cambiare per primi, a non fare tragedie se qualcuno usa a sproposito il termine autistico, o se ne esce con altre frasi dettate soltanto dalla non conoscenza. In breve: a dimostrare che è possibile comportarsi in modo spontaneo e rilassato anche in nostra presenza. E che è possibile chiedere quello che non si sa o non si comprende del nostro funzionamento, il tutto senza paura di offendere o ferire.
E così oggi so che Maometto non può permettersi di andare al mare: se davvero vuole integrarsi, il primo passo verso la montagna deve farlo lui. Noi.
E al diavolo il politicamente corretto, se deve trasformarci in ordigni da maneggiare con cura.
Silvia Totino
Informatica con una diagnosi di Asperger, vive principalmente a Milano. Condivide un appartamento part-time con un figlio non ufficialmente autistico, ma selvatico e silenzioso al punto giusto, con un interesse fisso spropositato per i motori.
È molto arrabbiata con tutti quelli che – grazie alla sua capacità di adattamento – insistono nell’ignorare la sua diversità anche quando porta loro dei benefici, rendendole così la vita decisamente più complessa.