Manuale di difesa per autistici parte 2. Marina Viola: le parole usate da ignoranti fanno male e pesano
Marina Viola replica alla domanda che ha fatto Silvia Tutino, una donna Asperger, che ha scritto un pezzo in cui si domanda quanto possa giovare a noi autistici fare una battaglia di civiltà sulle parole, come nel caso della “malattia” attribuita a Greta Thunberg. Il dibattito è aperto è aperto a quanti vogliano parlarne sulle nostre pagine.
Ecco il primo pezzo: Per noi autistici non è strategico arrabbiarsi se ci chiamano malati
Silvia carissima,
mi chiamo Marina e sono la mamma di un ventiduenne autistico a basso funzionamento. Sono anche la mamma di una diciannovenne impantanata nella battaglia del politically correct: abitiamo a Cambdrige, negli Stati Uniti, dove le parole pesano a volte in modo esagerato.
Ti faccio un esempio: qualche settimana fa, un professore del liceo locale aveva fatto una domanda ai suoi studenti e ha poi deciso di coinvolgere anche genitori e colleghi, per stimolare un dibattito sulla parola Nigger, che qui, come in Italia ma forse di più, è considerata la parola più orrenda che si possa dire, e che è chiamata “The N word”. Lui, il prof, voleva sapere se nella poesia o nelle canzoni possa essere usata e se i bianchi potessero, in quel contesto, pronunciarla. Durante la discussione, una mamma, invece di dire “The N word”, ha detto nigger, ed è stata fortemente contestata, se ne è parlato per giorni e giorni su tutti i giornali. La città era divisa tra chi diceva che si sta esagerando con questo politically correct e chi dice che in nessuna circostanza una donna bianca può pronunciarla, mai. Io sono stata per tanto dalla parte del primo gruppo, ma poi un amico nero mi ha detto: “Ma tu che ne sai che effetto ha su una persona come me sentire un bianco usare una parola del genere? Chi sei tu per dirmi se devo incazzarmi o no?”. Ecco, la sua posizione mi fatto immediatamente cambiare idea.
Le parole, anche se usate, come dici giustamente tu, in modo leggero o senza conoscere veramente cosa ci sta dietro, pesano e fanno male.
Parlavo di mia figlia: poco tempo fa ha annunciato di essere gender fluid, che significa che non si sente né donna (SHE) né uomo (HE) e ci ha chiesto di usare il pronome THEY, che è neutro, quando si parla di lei. Ti dico la verità: per quanto qui negli States quasi tutti i ragazzi della sua età passino un periodo in cui mettono in dubbio il proprio gender, a volte credo che sia più una moda che altro. Poi mi dico: ben venga un periodo in cui si vuole uscire dai ranghi e mettere in dubbio quello che noi non abbiamo mai neanche lontanamente considerato. Ben venga tutto. Ma adesso, se per sbaglio dico SHE, mia figlia s’incazza. Esagerato? Sì, assolutamente, eppure per Sofia questo pronome la definisce, in questo momento della sua vita, e sbagliarlo vuol dire in qualche modo negare i suoi sforzi di far valere chi si sente. Discuto moltissimo con lei sull’importanza del linguaggio, e sul fatto che molto dipende dal contesto: se io prendo in giro mio figlio Luca per le sue peculiarità autistiche (tipo presentarsi nudo a tavola) non mi sento di offendere nessuno. Ma se una persona che non conosco viene a casa mia e lo prende in giro, m’incazzo. Lo stesso con il pronome di Sofia: se la prendo un po’ in giro io va bene, ma se la prende in giro un’altra persona è diverso.
L’ignoranza, dici tu: è vero che chi non conosce un mondo e dice una cosa sbagliata non deve necessariamente essere aggredito. Tutti noi ci siamo trovati in quella circostanza. Ma credo che sia importante educare chi sbaglia. La parola ritardato per esempio: non so in Italia, ma qui la si usa spesso. Ecco, io (che sono una rompicoglioni) ogni volta faccio notare che dirla è offensivo. Chiamare una persona Aspergers malata lo trovo meno offensiva, ma è anche vero che non ho l’Aspergers e che, come diceva il mio amico, cosa ne so io che effetto ha sulla gente che invece ce l’ha? Chi sono io a stabilire quali sono le parole da dire o da non dire? L’ignoranza, nell’era di Wikipedia, di Google, è meno tollerante, e le parole devono essere pesate, sempre, soprattutto in un mondo sempre meno omogeneo. Magari questa battaglia non risolverà nulla di importante, ma se non altro è un primo passo verso una civiltà meno divisa.
Ti abbraccio,
Marina Viola
http://pensierieparola.blogspo