Le nuove linee guida per l’autismo in Usa: terapia comportamentale già a 18 mesi. Famiglie più coinvolte anche nel passaggio all’età adulta
Il 2019 si chiude negli Usa con un aggiornamento delle Linee Guida sull’Autismo dell’American Academy of Pediatrics, in pratica la più importante organizzazione dei pediatri americani apparso sulla rivista Pediatrics. La novità è l’importanza di anticipare prima possibile la diagnosi o comunque l’identificazione del disturbo e intraprendere tempestivamente l’attività terapeutica al fine di ottenere più risultati importanti. Le nuove linee stabiliscono che già all’età di un anno e mezzo è auspicabile avviare l’intervento riabilitativo. Un altro aspetto inedito, rispetto alle ultime linee guida che risalgono al 2007, è una maggiore attenzione al riconoscimento degli autismi, in quanto nel grande cappello dei disturbi dello spettro autistico la sindrome può assumere varie forme e nuances.
In Italia secondo i dati dell’Osservatorio nazionale per il monitoraggio un bambino su 77 nasce con qualche disturbo dello spettro autistico. Negli Usa si parla di un bambino su 59, nel 2007 le stime parlavano di un caso su 155. Una crescita enorme dovuta forse alla maggiore consapevolezza dell’autismo e non certo a una “epidemia”. In Italia le linee guida e le linee d’indirizzo sono state emesse dal Ministero della Salute nel 2012 e sostengono che una sindrome autistica può essere riconosciuta entro il terzo anno di età. Le nuove linee guida dei pediatri Usa invece sottolineano che l’autismo si può scoprire anche in un bimbo/a di 18 mesi. Quindi ribadiscono l’importanza di procedere a indagini sullo sviluppo del piccolo all’età di 9, 18 e 30 mesi nonché a screening specifici per i distrurbi autistici all’età di 18 e 24 mesi. In quanto gli interventi incentrati sul comportamento e sul linguaggio più sono precoci, intensi più sono efficaci. “Non c’è ragione di aspettare una diagnosi di autismo per cominciare le terapie” afferma Susan Hyman, pediatra dello sviluppo e del comportamento all’Università di Rochester. Altro tassello importante è il coinvolgimento della famiglia che “lavora” in sinergia con l’équipe sanitaria in quanto la terapia deve essere strutturata e individualizzata.
Ma non finisce qui. Nelle nuove linee guida si sottolinea anche la necessità che i pediatrici siano aggiornati e conoscano i criteri diagnostici per i disturbi dello spettro autistico. I bambini hanno il diritto di ricevere un supporto evidence-based (su base scientifica) per rispondere ai bisogni sociali, educativi e comportamentali a casa e a scuola, con accesso a adeguate cure pediatriche e di salute mentale. Un altro elemento importante riguarda il coinvolgimento della famiglia nel passaggio dalle cure pediatriche a quelle di medicina per gli adulti. Infine, informare i pazienti e le famiglie sui dati scientifici e i risultati relativi ai trattamenti, proponendo anche la possibile partecipazione all’interno di studi clinici e il supporto delle organizzazioni dedicate all’autismo.