Pensieri dal fortino dei serenamente distanziati
E’ vero. In questi ultimi mesi di segregazione globale mi sono sottratto dall’alimentare questo spazio. Eppure tempo ne ho avuto, tuttora ne ho in abbondanza dal momento che sono in felice sindrome della capanna; vale a dire sono tra le persone che alla fine si sono accorte che chiusi in casa non si sta poi tanto male. Per molti suonerà come un’offesa, ma perché nascondere il fatto che chi, come me, non ha poi questo disperato bisogno di socialità, si trova per contingenze indipendenti dalla sua volontà collocato nel suo habitat ideale e nella migliore condizione possibile, solo per non sentirsi obbligato a seguire quelle regole di fluidificazione relazionale, che ha sempre seguito con grande fatica.
Nessun obbligo a vedersi con persone, sia per lavoro che per consolidamento di reti di salvaguardia professionale. Nessun obbligo a partecipare a cenette, aperitivi, uscitine, passeggiatine, cinemini, giapponesini, chiacchierette, vacanzine, weekenducci. Uno poteva sempre sottrarsi anche in epoca “pre covid, ma era guardato con sospetto e spesso discriminato in quanto asociale. Oggi può fare a meno di tutto, con il vantaggio di sentirsi pure un esempio di virtù civica e altruismo sanitario. Volete poi mettere il privilegio di girare con la mascherina? Si può fare a meno di ammiccare, sorridere, rivelare attraverso la mimica facciale involontaria il proprio pensiero nei confronti di chiunque ci si pari davanti. Aggiungo l’indubbio vantaggio di non essere costretti a salutare le persone che vagamente si è frequentato, potendo fingere di non riconoscerle.
Al contrario ho lavorato dieci volte di più, mi sono attrezzato una tana tecnologica da cui trasmetto audio, video, scrivo, intrattengo…Quando voglio stare solo spengo tutto e sono felicemente inarrivabile. Infine mi sono goduto i figli come non mai prima; il mio fortino l’ho fatto volentieri espugnare da Filippo che è tutto il giorno qui con me a scrivere la sua tesi per la laurea specialistica, con Tommy divido la mia attività fisica quotidiana in tandem, come sotterranee incursioni nel nostro atelier, dove lui dipinge e io progetto. Anche questo è un punto che la pandemia mi ha messo maggiormente a fuoco: pensavo di costruire in questo posto una cattedrale, ora ho capito che invece mi serve un’officina. Come farò a trovare i mezzi per farlo? Ci sto pensando, intanto Tommy produce in maniera creativamente compulsiva e dopo quasi tre mesi senza avere preso un pennello in mano ha ripreso a raccontare il suo universo in quello che è il suo periodo post coronavirus.
Ha cominciato a disegnare una casa bifronte, d’altronde è rimasto anche lui sigillato in una casa per molto tempo, devo dire con grande serenità, dando lezione a tutti noi. Poi ha disegnato un elefante in equilibrio sulla palla e dietro le sbarre, che tenta di fuggire a delle fiamme. Poi ancora un mostro sorridente e infine un leone con la faccia da bambino, che offre le spalle ignaro a un’orda di lupi rossi sullo sfondo. Molti mi chiedono dai social di poter acquistare questi quadri. Per ora resteranno appesi a quelle pareti scrostate e intrise di salnitro. Copriremo con i suoi pupazzi ballerini umidità e sporcizia, è l’unica ristrutturazione che al momento ci possiamo permettere, quando capiremo come poter pagare muratori e idraulici forse faremo una grande mostra.
Spero che anche per gli altri non sia stato un periodo di sola angoscia, so che chi gestisce neurodiversità in famiglia spesso non ha avuto la vita facile e ancora meno l’avrà facie in questo periodo di transizione pieno di incertezza e ancora di più ostile per chi vive nell’invisibilità istituzionale. Ho detto e scritto tanto in questi anni sul problema che mi accomuna a tantissime altre persone. Quando mi mi sono guardato alla spalle però mi sono accorto trovarmi sempre al punto di partenza Ora vorrei per un po’ non pensarlo più come un dramma da risolvere, ma come la mia quotidiana norma di vita. Buona passeggiata a tutti!
TOMMY LAB: PERIODO POST LOCKDOWN
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