UNA STORIA PER RIFLETTERE
Questa è una storia triste, ma anche di speranza.
Franco, un ragazzo minorenne che entrava e usciva dalla prigione e da comunità per tossicodipendenti, quando è libero, va in affidamento a casa di una persona, che vive con la compagna, Silvia. I due hanno un rapporto sessuale, e Silvia, anche lei con problemi di tossicodipendenza, rimane incinta. Siccome Franco è minorenne, non riconosce Andrea, il figlio che nasce con una forma grave di autismo e cieco.
Andrea passa quattro anni a casa, ma poi viene messo in un istituto a Milano, il più famoso, che si chiama Sacra Famiglia. Ogni tanto, ma raramente, la mamma lo porta a casa per il fine settimana, così che Franco, il padre, possa stare un po’ con lui.
Ma, in linea di massima, Andrea è abbandonato: passano mesi, anni prima che riceva una visita da uno dei genitori. In compenso, è accudito con amore e competenze dallo staff della Sacra Famiglia, che lo considera la mascotte del centro.
Passano anni, e Franco, il padre, comincia ad andare a trovarlo con più frequenza e riesce a instaurare con Andrea un buon rapporto: gli porta i cioccolatini, gli canta le sue canzoni preferite, lo porta a fare delle passeggiate. Andrea è felice e aspetta ogni mese la visita del papà.
Franco si ammala di cancro e viene affidato a mia sorella Anna, che di mestiere fa l’operatrice sociale in carcere e che lo aveva conosciuto anni prima, quando lui era ancora dentro. Anna si occupa di lui tutti i giorni: gli procura una casa del comune di Milano, chiede ad amici e parenti di donare vestiti, mobili e tutto quello che serve in una casa, e lo porta dai medici. Quando viene ammesso in ospedale, Anna lo va a trovare quasi tutti i giorni e quando invece non è in ospedale, lui e Anna vanno a trovare Andrea. Anna, che è la zia di Luca, si affeziona molto ad Andrea, anche perché in tante cose le ricorda suo nipote. Decide di incontrarsi con le persone del centro per spiegare che il padre ha poco tempo da vivere. Chiede loro come si possa preparare Andrea a questa imminente mancanza. Lo staff la rassicura: Andrea, che adesso ha più di vent’anni, è un ragazzo felice, amato da tutti e soprattutto non è abituato alle visite di amici e parenti. Poi, quando veniva il papà era contento, ma per lui la mancanza non sarebbe stata un problema insormontabile.
Qualche mese fa, Franco non ce l’ha fatta. Anna è andata a trovare Andrea, che quando ha sentito la voce di mia sorella, ha detto: “Anna! Papà!”. Dopo qualche minuto di imbarazzo, i due diventano amici: Anna scopre che ad Andrea piace la canzone Il Caffè della Peppina, e gliela canta mentre lui ride e si mangia cento cioccolatini. Poi scopre anche che gli piace quando lei le fa il solletichino sul braccio. Insomma, in qualche modo diventano amici.
Lo staff chiede ad Anna un favore enorme: di essere lei, adesso, la persona che va a trovare Andrea una volta al mese. La madre ci va raramente, magari due volte l’anno, e adesso che non c’è più Franco, Andrea non avrà più nessuno.
Anna mi ha chiamato per chiedere consigli. All’inizio ero un po’ titubante: è un grosso impegno, e le persone autistiche sono molto abitudinarie: se sanno che tu vai il giovedì, tu devi andare il giovedì. Ma non solo: mia sorella lavora a San Vittore con persone con difficoltà psichiche, in più lavora per aiutare gli immigrati a cercare i servizi che servono. Infine, ha due figli, tre cani, delle galline e un’oca che si chiama Anita. Temevo che l’entusiasmo iniziale potesse diventare un impegno difficile da mantenere. Poi ne ho parlato con Dan e Emma, una sera a tavola. “Che bello! Speriamo che anche Luca un giorno abbia la stessa fortuna di Andrea, di conoscere una persona che non fa parte della sua famiglia e che lo va a trovare…”. Così risponde Emma, mentre Dan dice: “Beh, spero che dica di sì!”.
Affare fatto, dunque: Anna andrà a trovare il suo nuovo amico Andrea tutti i mesi. La settimana prossima gli porta un nuovo peluche di una scimmia, perché quello che ha e ama si è rotto.
Insomma, malgrado tutto, Andrea ha trovato un suo spazio nel mondo, ha scoperto di essere felice, e si è conquistato mia sorella. Un vero happy ending!
(Tranne quello di mia sorella, i nomi sono stati cambiati per mantenere la privacy)
Marina Viola
http://pensierieparola.blogspo