Divergenti nella storia

Jeremy Bentham neuro divergente (in vita come post mortem)

Se è vero che per formulare la diagnosi clinica basta un’occhiata, è vero anche che per comprendere l’individuo autistico si può fare affidamento solo su studi biografici, in quanto nulla di meno completo potrà bastare (O. Sacks)

Niente di più vero in questa affermazione, tratta dal libro “Un antropologo su Marte”, che consente di ipotizzare che il filosofo Jeremy Bentham (1748-1832) fosse una persona con sindrome di Asperger. Sulla sua vita e su cosa disse, ci sono tante testimonianze, a partire da William Hazlitt e John Stuart Mills che scrissero un saggio su di lui. Il primo lo conobbe personalmente in quanto fu suo inquilino nella casa di York Street a Londra nel 1819. Il secondo ebbe un rapporto indiretto e controverso: suo padre era amico di Bentham e su alcune sue idee aveva fondato l’educazione del figlio; nonostante avesse del risentimento, successivamente John Stuart Mills lavorò con lui e pubblicò alcuni suoi scritti.

Jeremy Bentham era un bambino fragile, nervoso, facilmente impressionabile, preda degli incubi e spaventato dai fantasmi. Riguardo a questo scrisse: La questione dei fantasmi è stata tra i tormenti della mia vita, il diavolo era dappertutto ed anche in me […] quanto meno infelice sarei stato se avessi riconosciuto le mie paure.

Gli piaceva leggere libri e ascoltare musica. La madre di Bentham morì che aveva dieci anni. Aveva un fratello – Samuel – di nove anni più piccolo, al quale era molto legato. Il loro rapporto è stata la cosa più importante della sua vita. In una lettera indirizzata al padre, quando aveva dodici anni e Samuel quasi quattro, Jeremy immaginò le reazioni del fratello alla sua assenza e al suo ritorno: Mi immagino appena ritornato, che trovo te, la nonna e il piccolo Sammy che siede vicino al camino quando entro e il suo piccolo cuore che esulta e urla “Jery è tornato”. – suppongo che spesso vi chieda dove sono e per quanto tempo sarò fuori. Immaginare cosa avrebbe potuto pensare il fratello sembra contraddire la Teoria della Mente, ma come afferma Uta Frith: la consapevolezza degli stati mentali non è richiesta per il comportamento di attaccamento. Per Jeremy, l’amore di Samuel fu probabilmente l’emozione più forte nella sua vita. Successivamente legò molto anche con il nipote George, che divenne un celebre botanico. Andò a Londra a trovare lo zio in compagnia delle sorelle, ma solo lui fu invitato in casa. Descrisse l’incontro nella sua autobiografia: Dopo cena, mi tenne fino alle 23 per parlare delle mie sorelle, del suo lavoro e di molte altre cose. Non so come si convincerà a vedere le mie sorelle, che adesso dice di essere determinato a non fare.

Bentham aveva pochi amici ed era estremamente sensibile, anche troppo. Quando a Oxford gli rubarono tutti i soldi, non lo disse al padre che era molto entusiasta di avere un figlio così brillante. Jeremy studiò legge per accontentarlo, ma non divenne un avvocato praticante; sviluppò invece un interesse sulla filosofia legale e la teoria della legislazione.

Era un tipo eccentrico e solitario, aveva un bastone da passeggio che chiamava Dapple, un gatto con il nome di Reverendo Dr. John Langborn, ed un vocabolario con neologismi da lui inventati. Per sua volontà, dopo la sua morte il corpo venne dissezionato davanti ad un gruppo di amici.

Hazlitt così descrisse la sua stranezza sociale: Nelle abitudini generali ed in tutto tranne che nelle sue attività professionali è un bambino. Ha vissuto gli ultimi quarant’anni in una casa a Westminster, affacciata sul parco, come un anacoreta nella sua cella riducendo la legge a un sistema e la mente dell’uomo ad una macchina. Raramente esce e vede poca gente. I pochi favoriti, che hanno il privilegio di far parte di una cerchia ristretta, sono ammessi uno alla volta. Non gli piace avere testimoni alle sue conversazioni. Parla molto ma non ascolta nient’altro che i fatti.

Ed ancora: Considera le persone intorno a lui non più delle mosche di un’estate […] La sua visione della mente umana assomiglia ad una mappa, piuttosto che ad un’immagine: il contorno, la disposizione è corretta ma manca di colore e rilievo.

Ross Harrison nel libro “Bentham” del 1983 fornisce un ulteriore aspetto della sua propensione a isolarsi e lavorare intensamente, da solo. Molte volte si riferiva a se stesso come un eremita e, quando poteva si seppelliva in collegi, camere e cottage. Anche quando andava a visitare suo fratello in una parte piuttosto remota della Russia, andava a vivere in un cottage ancora più lontano, al sicuro da ogni interruzione, dove poteva lavorare dall’alba al tramonto. Al ritorno in Inghilterra, sia prima che dopo aver ereditato la grande casa dal padre, si seppelliva per lunghi periodi in una stanza in una fatiscente fattoria a Hendon, a otto miglia da Londra.

Un altro aspetto che conferma il sospetto che fosse autistico è la sua disfunzione comunicativa, il particolare modo di scrivere. Marx lo descrisse come “l’oracolo insipido, pedante, dalla lingua di cuoio, della intelligenza borghese comune del diciannovesimo secolo, un genio sulla via della stupidità borghese”. A ciò Hazlitt aggiunse: “il suo stile è impopolare, per non dire inintelligibile. Scrive una lingua tutta sua che oscura la conoscenza. Le sue opere sono state tradotte in francese – avrebbero dovute essere tradotte in inglese […] scrive in maniera cifrata, di cui il volgo non ha la chiave. La costruzione delle sue frasi è una curiosa cornice con pioli e ganci su cui appendere i suoi pensieri, per uso e guida personale, ma quasi fuori dalla portata di chiunque altro. È un barbaro gergo filosofico, con tutte le ripetizioni, le parentesi, le formalità, la rozza nomenclatura e la verbosità del diritto latino […] il signor Bentham scrive come se gli fosse concessa solo un’unica frase per esprimere tutta la sua visione di un argomento […] La cosa migliore è che pensa che il suo attuale modo di esprimersi sia perfetto e che qualunque cosa si possa obiettare alla sua legge o logica, nessuno può trovare il minimo difetto nella purezza, semplicità e perspicuità del suo stile”.

L’osservazione di Snyder secondo cui “la mente autistica sembra adatta a lavorare algoritmicamente all’interno di un sistema chiuso di regole specifiche” sembrerebbe una descrizione appropriata dei metodi di lavoro di Bentham. L’ipotesi che Bentham possa essere stato neurodiverso avrebbe senso proprio nel suo bisogno ossessivo di “riempire tutte le lacune ed esplorare tutte le vie secondarie rilevanti”.

Riguardo agli interessi circoscritti ed ossessivi, non c’è esempio migliore del suo progetto Panopticon. Per più di due decenni, e usando proprie risorse, Bentham si sforzò di realizzare il suo sogno di un penitenziario che credeva sarebbe stato un modo per ottenere potere della mente sulla mente.

Il Panopticon o Casa d’Ispezione, il grande edificio circolare formato da tante celle disposte attorno a una torre centrale di osservazione, dalla quale un custode poteva sorvegliare contemporaneamente numerosi detenuti, è in un certo senso un’incarnazione dell’immaginazione di Jeremy Bentham, è la concreta manifestazione della sua filosofia. L’aspetto riabilitativo del penitenziario Panopticon attinge e sviluppa i temi preferiti di Bentham della riforma e del miglioramento della condizione umana. L’enorme scala del progetto, con una straordinaria ricchezza di dettagli, ha dato libero sfogo al genio (incompreso?) di Bentham. L’emblema di Jeremy per la sua casa di ispezione era un occhio sempre aperto circondato dalle parole “Misericordia, Giustizia, Vigilanza”. Questa immagine risuona agghiacciante nei secoli.

Gabriella La Rovere


L’auto-icona di Bentham

Jeremy Bentham lasciò scritto nel suo testamento che il suo corpo fosse trasformato in un’ “auto-icona”, quindi  secondo la sua volontà fu imbalsamato ed esposto seduto in una cabina vetrata all’University College di Londra. La testa però non fu trattata a dovere, siccome era deformata  e annerita fu tagliata e messa tra le gambe della mummia, a cui ne fu  ricostruita una in cera. Gli  studenti  un giorno la rubarono e chiesero un riscatto per restituirla, per cui ora è stata messa in un frigorifero nei sotterraneo del collegio.

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Redazione

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