Intanto noi “decerebrati” ancora dobbiamo combattere per il diritto a una vita dignitosa
La violazione dei diritti inizia proprio dall’uso indebito delle parole. Ci hanno dato dei crudeli lapidatori quando qualche giorno fa abbiamo sostenuto che la dignità d’esistere delle persone neuro divergenti inizia proprio dall’attenzione nel non ribadire l’antico stigma, per cui disabile psichico sia sinonimo di persona spregevole. Il nostro puntualizzare non nasce da un ossequio al politicamente corretto, è crudamente un’azione di difesa della vita di queste persone.
Forse non è noto a tutti ma una persona a cui è diagnosticata una diagnosi psichica gravissima, art3 comma 3 della nota legge 104, non è scontato che sia concesso il permesso per il parcheggio riservato ai disabili. Una madre di Imperia è stata costretta a lanciare una petizione per sensibilizzare le istituzioni, a livello nazionale, sul fatto che a suo figlio questo diritto sia negato. Eppure in altre città (Roma compresa) il permesso al parcheggio disabili è concesso per le medesime condizioni di disagio.
Ci troviamo di fronte al paradosso che in Italia alcuni Comuni rilasciano il contrassegno per il parcheggio anche alle persone con grave disabilità psichica e relazionale (come prescrive la legge), altri lo negano con il pretesto: “può camminare con le sue gambe!”. Ricordiamo come già spesso qui scritto il passaggio in cui il parere n. 1567/2016 del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti estende “il contrassegno di parcheggio per disabili non solo agli invalidi e ai disabili con capacità di deambulazione impedita o sensibilmente ridotta, ma anche a coloro che sono affetti da una patologia agli arti superiori o da disabilità psichica, che precluda loro una autonoma e completa mobilità. Con precedente parere n. 2242/2015 il Ministero si era già espresso sulla concessione del contrassegno anche ai disabili intellettivi e psichici affetti da autismo”.
Questo mi pare sintomatico che nelle attuali grandi battaglie per i diritti esista una categoria di persone la cui fragilità non sembra un tema abbastanza politicamente gratificante per farne la propria bandiera. Siamo ancora a combattere per poter avere un parcheggio riservato per esseri umani che ne avrebbero diritto a tutti gli effetti. Questo significa che in alcuni comuni d’ Italia molti saranno costretti a muoversi meno, a restare a casa, ad avere una montagna di difficoltà concrete anche solo per spostarsi nelle città, per fare terapie, per studiare, lavorare, avere una parvenza di vita sociale.
Non parliamo quindi solo della sofferenza di sentirsi ancora assimilati a creature spregevoli; ancora di più non usare le parole giuste, qualunque sia il contesto, significa essere complici dell’incuria delle istituzioni nel considerare i “cervelli ribelli” persone con pieno diritto di cittadinanza.
Riporto qui sotto l’articolo del Fatto Quotidiano che racconta tutta la vicenda nei particolari.
Il pass per il parcheggio sia garantito anche alle persone autistiche e con disabilità psichica. Basta discriminazioni dai Comuni”
Assegnare il contrassegno per il parcheggio delle auto anche alle persone autistiche e alle persone con disabilità psichiche con riconosciuta invalidità civile al 100% comma 3 art.3 e con l’accompagnamento (la forma più grave di riconoscimento da parte delle Asl). In Italia oggi non tutti i Comuni e le Asl di competenza garantiscono questo diritto, visto che manca nel nostro ordinamento una legge che lo specifichi. Per fare chiarezza una volta per tutte Alessandra Giuliani, madre di un ragazzo autistico di 20 anni, al quale è stato riconosciuto l’accompagnamento, ha lanciato il 4 luglio una petizione su Change.org che ha già visto superare le 43mila firme. “Ci sono Asl che assegnano alle persone autistiche il contrassegno e altre no, ma questo rappresenta una discriminazione che non possiamo più tollerare, una ingiusta differenziazione tra Comune e Comune”, ha dichiarato al fattoquotidiano.it. “La mia lotta è per vedere riconosciuto questo diritto a tutte le donne e gli uomini con autismo e con disabilità psichica, è una questione di giustizia e rispetto per questi soggetti fragili”.
“Serve una legge che faccia chiarezza e garantisca questo diritto” – La promotrice della petizione si rivolge direttamente al governo e al titolare del dicastero dei Trasporti: “Bisogna porre rimedio il prima possibile a questa forte discriminazione, mi rivolgo in primis al ministro Matteo Salvini, che spesso dice di essere sensibile e vicino alle famiglie dei disabili, per produrre una normativa chiara e inclusiva non solo per chi ha difficoltà di deambulazione ma anche per le persone autistiche e quelle con disabilità psichica accertate dalle Asl con invalidità civile che corrisponde alla massima gravità”. Nel nostro Paese al momento esiste solo un parere scritto non vincolante espresso nel 2015 dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ma non una legge ad hoc. Il dicastero aveva pubblicato una comunicazione spiegando che “il contrassegno potrebbe essere rilasciato a persone, come il disabile psichico, che teoricamente non presentano problemi di deambulazione, ma che proprio a causa della loro specifica patologia, non possono essere considerate autonome nel rapporto con la mobilità e la strada e necessitano comunque della mediazione di terze persone che le accompagnano e gestiscono i loro spostamenti”. Il parere terminava però cosi: “Sarà solo l’Ufficio medico legale dell’Azienda Sanitaria Locale di appartenenza del disabile che, per propria competenza e sotto la propria responsabilità, potrà determinare e certificare, secondo scienza e coscienza, il diritto all’autorizzazione valida su tutto il territorio europeo”. Insomma la politica demandava alle singole Asl di determinare, caso per caso ma a parità di condizione, se concedere oppure no il contrassegno parcheggio auto.
“Sono anni che faccio richiesta ma finora non ho ottenuto nulla” – Giuliani, che da qualche anno vive a Imperia, ha provato a fare richiesta anche agli uffici competenti della Asl ligure ma le hanno risposto che suo figlio non ha i requisiti necessari per ricevere il pass e che, in particolare, non esiste una legge che precisi tale diritto. “Molte volte mi sono vista negare dalla Asl il contrassegno parcheggio disabili per l’auto con cui trasporto e accompagno mio figlio, mi sono recata pure dai Vigili e in Comune più volte, ma non ho mai ottenuto nulla”, scrive Giuliani nella petizione. “Mio figlio cammina, ma male, ha le gambe storte e tende a intraruotare i piedi. Inoltre è sempre molto oppositivo e non ha percezione dei pericoli”, aggiunge. Contattato da ilfattoquotidiano.it, il Comune di Imperia ha risposto spiegando che stando la legislazione vigente spetta “solo all’Ufficio medico legale dell’Asl di appartenenza della persona disabile determinare il diritto all’autorizzazione del contrassegno”, di fatto citando il parere del ministero compente.
“Il problema è nazionale. È molto grave che esistano differenze sull’assegnazione del contrassegno a parità di condizione delle persone che ne hanno bisogno” – A confermare la gravità della situazione che riguarda tutta Italia è la vice presidente dell’Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici (Angsa) Benedetta Demartis. “Ancora oggi dobbiamo assistere a interpretazioni soggettive sull’uso del pass per il diritto al parcheggio disabili in molte città italiane – afferma Demartis-. A quanto mi riportano alcune famiglie che hanno un parente con diagnosi di autismo, il contrassegno non sempre viene rilasciato nonostante l’intervento della circolare del ministero dei Trasporti parli chiaramente del suo utilizzo anche per le persone con disabilità psichiche”. Demartis conclude amareggiata: “Dobbiamo ancora spiegare a rigidi funzionari che sì, nostro figlio autistico cammina (a volte anche troppo) ma che fatica a comprendere il pericolo (apposta ha l’accompagnamento), che spesso scappa, oppure che se ha problemi comportamentali in pubblico, diventa difficile trascinarlo nell’auto se questa è parcheggiata distante. Ancora dobbiamo subire discriminazioni”. Soluzione? “È fondamentale che venga scritta una legge che faccia chiarezza e faccia capire a chi fatica a comprendere che certe disabilità non possono sottostare alle interpretazioni soggettive di chi incontriamo (sfortunatamente) nei nostri Comuni o nelle Asl”.