Paul Erdös un grande matematico che non riusciva ad allacciarsi le scarpe
Paul Erdös, che morì di un attacco cardiaco il 20 settembre 1996, mentre era ad una conferenza a Varsavia, fu uno dei più brillanti e, probabilmente, dei più importanti matematici del secolo scorso. In più di sessanta anni di febbrile attività, non soltanto scrisse moltissimi lavori (circa 1500, alcuni non pubblicati) con molti co-autori (quasi 500), ma lasciò alla comunità scientifica molti altri problemi irrisolti e stimolanti.
Nacque il 26 marzo 1913 a Budapest in una famiglia ebrea ungherese; entrambi i genitori erano insegnanti di matematica e fisica. Aveva appena un anno e mezzo quando, all’inizio della Prima Guerra Mondiale, suo padre fu fatto prigioniero dai Russi e ritornò dalla Siberia soltanto sei anni dopo. Il giovane Erdös venne perciò cresciuto dalla madre e da una Fräulein tedesca.
Divenne abile con i numeri fin da piccolo, studiando il calendario e andando a contare i giorni che mancavano al ritorno a casa della madre. All’età di quattro anni si divertiva a calcolare cose assurde, tipo quanto tempo impiegava un treno per raggiungere il sole, e faceva divertire gli amici di sua madre chiedendo loro quanti anni avessero e poi calcolando mentalmente quanti secondi avevano vissuto.
Erdös venne educato a casa, soprattutto da suo padre, che gli insegnò non solo la matematica e la fisica, ma anche l’inglese, il francese, il latino e il greco antico.
Nel 1930 entrò all’Università Cattolica Pázmány Péter di Budapest e divenne presto il principale riferimento di un piccolo gruppo di matematici ebrei. Nel 1934 si laureò e gli venne conferito un dottorato per il quale lasciò Budapest per Manchester, unendosi ad un gruppo di matematici guidato da Louis Mordell.
Erdös trascorse quattro anni felici e prolifici a Manchester, Londra, e Oxford e consolidò la sua amicizia con i matematici Harold Davenport e Richard Rado. Nel 1938 andò negli Stati Uniti dove rimase per dieci anni.
Gli furono tributate numerose onorificenze, alle quali dava poca importanza. Nel 1984, dopo aver ricevuto 50.000 dollari per la sua parte del Premio Wolf, tenne per sé 720 dollari e regalò il resto. Fu membro di molte illustri accademie, comprese la Royal Society e US National Academy of Science.
Non ebbe mai un lavoro vero e proprio, ma non lo cercò neanche; non aveva un libretto di assegni o carta di credito; non prese la patente di guida e non aveva assicurazione sanitaria. Per più di 60 anni viaggiò per tutto il mondo, di università in università, portando due valigie mezze piene, indossando un vecchio abito, con ai piedi un paio di sandali o di scarpe da ginnastica più grandi di numero. Dovunque andasse, portava il risultato degli ultimi studi fatti. Era famosa una sua frase – ho la mente aperta – che diceva al matematico che gli apriva la porta di casa. Voleva dire che era pronto a collaborare e che si aspettava di essere ospitato. Dopo pochi giorni intensi, nei quali lavorava anche per 20 ore, lasciava la casa del collega dandogli il compito di approfondire i dettagli e scrivere il lavoro scientifico.
Nel 1999 lo psichiatra Michael Fitzgerald scrisse un breve articolo sul Nordic Journal of Psichiatry nel quale ipotizzò che il grande matematico avesse la sindrome di Asperger, elencando gli elementi che gli avevano permesso di fare una diagnosi postuma.
- Problemi nelle relazioni. Non ebbe mai una fidanzata. Diceva: il privilegio del piacere nel trattare con le donne non è stato dato a me. Una volta disse ad un giornalista: Fondamentalmente ho un’anomalia psicologica. Non sopporto il piacere sessuale. E, oltre a questo, non sopportava di essere toccato, né tantomeno baciato.
- Interessi ristretti. Era un prodigio matematico. All’età di tre anni poteva moltiplicare a mente i numeri a tre cifre e a quattro anni scoprì i numeri negativi. Egli viveva nel mondo dei numeri primi con i quali sentiva una particolare affinità. Riguardo alla matematica, Erdös diceva: è l’unica attività umana infinita. È concepibile che l’umanità possa eventualmente imparare tutto in fisica o biologia. L’umanità non sarà mai in grado di scoprire tutto in matematica, perché la materia è infinita. I numeri stessi sono infiniti. Ecco perché la matematica è davvero il mio unico interesse. Veniva descritto come uno “strano”. Il giornale The Economist scrisse: per trovare un’altra vita in questo secolo così intensamente dedicata all’astrazione, bisogna tornare a Ludwig Wittgenstein, che ha messo a nudo la sua vita per la filosofia. Ma, mentre Wittgenstein scartò la fortuna della sua famiglia come una forma di autotortura, Paul Erdös diede via la maggior parte del denaro che guadagnava perché semplicemente non ne aveva bisogno. E laddove Wittgenstein era spinto da compulsioni quasi suicide, Erdös ha semplicemente costruito la sua vita per ottenere la massima quantità di felicità! Era sicuro della sua abilità in matematica, ma al di fuori di quel mondo arcano, Erdös era, e si sentiva, indifeso.
- Comportamenti particolari. Aveva un aspetto avvizzito e cadaverico. Si vestiva mettendo insieme dei capi con l’unico scopo di coprirsi. Non camminava, ma galoppava per strada come una grande scimmia, curvo, muovendosi lateralmente, con le braccia che dondolavano. La gente si voltava a guardarlo e lo fissava. Andava sempre a pattinare e anche qui, pattinava come uno scimmione. Come diventò vecchio, la sua andatura fu meno simile a quello di una scimmia, ma sempre molto strana. Si muoveva velocemente e nel tempo aveva sviluppato una strana abitudine: quella di correre contro un muro, fermarsi all’improvviso, voltarsi bruscamente e correre indietro. Una volta non si fermò in tempo e si schiantò contro di esso riportando delle ferite. Si lavava le mani anche 50 volte al giorno.
- Arrivava all’uscio di un collega e dichiarava “la mia mente è aperta”. Stava a casa del collega per uno o due giorni finché non si annoiava, o il suo ospite non si stancava, e così si trasferiva in un’altra casa. Aveva così pochi vestiti che i suoi ospiti lo trovavano spesso a lavarsi le calze e l’intimo. Egli affermava che la proprietà privata era un fastidio. Gli unici beni che contavano per lui erano i suoi quaderni di matematica.
- Problemi motori. Anche da adulto ebbe difficoltà ad allacciarsi le scarpe. Una volta chiese alle persone in una festa di farlo per lui. Non riusciva a capire come usare una doccia ed era incapace a chiudere i rubinetti.
Gabriella La Rovere