L' autistico è un gatto
Mi cominciano ad arrivare tracce fantasticamente “bislacche” delle menti vivaci dei miei colleghi genitori di autistici. Era ora! L’ ho sempre sospettato che ci fosse ancora una bella fame di vita dietro a quelle facce rassegnate, a quegli abitucci fuori tempo. Quel mesto accontentarsi di sopravvivere che ci imponiamo tutti noi quando ci coglie come come un male inesorabile la certezza che la nostra badanza a vita non ci permetterà più di avere una nostra vita.
Mi piace Silvia che decide di vedere il suo Paolo sfuggente come un gatto salterino, piuttosto che assumere quella classica postura da mater dolorosa, che da generazioni si pretende per ogni genitrice di figliolo problematico, come se alla fine un po’ di colpa fosse anche sua. Le mamme degli autistici devono avere il tempo per andare a ballare, per farsi belle, persino per trovarsi gagliardi amanti quando i mariti scappano per paura, come spesso succede. Avranno così più fantasia per inventarsi nuove maniere di pensare i loro figli senza doversi massacrare il cuore. I padri non devono portare a spasso i loro figlioloni con i baffi pensando che siano entrambi condannati ad essere bimbi a vita. Invitino qualche amica simpatica e facciano festa assieme.
Mi sono fissato con la mia “Insettopia” proprio perché vedevo troppa rassegnazione e infelicità nelle famiglie di autistici. Ne riconosco i tratti comuni quando vedo persone che fendono invisibili le folle neurotipiche come se fossero fantasmi già trapassati, scivolano discrete nei luoghi pubblici come se dovessero farsi perdonare qualche colpa…Ma stiamo scherzando? Ne abbiamo più noi di fantasie fugaci che ogni banale nostro collega, amico, conoscente che non sa quanto sia preziosissimo il tempo della gioia, quel così raro e imprevedibile fremito vitale che, ogni tanto, riusciamo a strappare al nostro perenne esser sentinelle dell’ amatissimo nostro carceriere.
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Facciamo uno scherzo ogni tanto, per cercare di decifrare gli strani comportamenti di Paolo, il nostro bellissimo bambino autistico di 10 anni. Diciamo che è un gatto. E’ come avere una chiave di lettura delle sue stranezze.
Tanti piccoli particolari si possono leggere come un comportamento da gatto: si infastidisce molto per luci e rumori troppo forti, diventa schizzatissimo quando non trova il cibo che vuole lui, a volte fa pipì dove non deve …. preferisce stare appollaiato in cima allo schienale della poltrona, si arrampica ovunque (senza mai cadere), ha paura delle automobili ma a volte si lancia in mezzo alla strada come se non ci fossero …. e noi ci ripetiamo “ma certo: è un gatto!”.
E si capisce anche perché è così bello, affascinante e sfuggente. Decide solo lui quando e da chi prendere le coccole, ama i luoghi caldi e morbidi, non ha mai avuto paura del buio.
Non piange, riesce a tollerare soglie altissime di dolore fisico, ma impazzisce se si sente immobilizzato e non può concepire di tenere un berretto in testa.
Quando pensiamo a Paolo come un gatto diventiamo più tolleranti nei confronti delle sue stranezze. Nessuno cerca di cambiare un gatto, lo si apprezza per quello che è. Così riesce più facile accettare che non riuscirà mai ad attraversare una strada da solo. E non ci viene più il magone quando vediamo che non riesce a distinguere neppure mamma da papà. Semplicemente non gli interessa, è un gatto! silvia.panini@fcp.it
UN ASSAGGIO DI INSETTOPIA