Non trattateci da stupidi, siamo autistici e abbiamo un cervello eccentrico
Chi ha a che fare con soggetti autistici di quelli “tosti” sa bene quante volte si sia colti dall’ impressione che comprendano anche pensieri complessi e siano capaci di elaborazioni velocissime e del tutto inaspettate per una persona con un certificato deficit intellettivo. Spesso questo territorio di confine dell’ autismo viene classificato come un’illusione, coltivata magari dai genitori, o peggio ancora diventa il terreno fertile per le facili derive “medianiche”, di chi si ingegna per dare voce a chi non sembra essere capace di esprimersi. Esiste tuttavia un dibattito scientifico che inizia a mettere in discussione alcuni dei più solidi luoghi comuni che da decenni ormai ingabbiano l’autismo, visto unicamente come sinonimo di grave ritardo mentale.
Sul magazine on line americano The Atlantic il 23 settembre scorso è apparso a proposito un interessante articolo di Olga Khazan, già il titolo incuriosisce “Autism’s Hidden Gifts”, (il senso sarebbe “le doti nascoste degli autistici”) ma il contenuto, se sarà confermato da ulteriori ricerche e studi, è travolgente perché riscrive la storia dell’autismo.
Si parte dalla constatazione che alcuni must della cultura autistica mondiale, come il racconto di Oliver Sacks in cui si sorprendeva delle capacità di due gemelli autistici contare con un colpo d’ occhio un mucchio di fiammiferi; oppure il celeberrimo film Rain Man (in realtà Kim Peek, il savant che ha ispirato il personaggio di Dustin Hoffman, non era propriamente autistico) hanno contribuito ad alimentare la credenza popolare che gli autistici abbiano si delle competenze, ma prive di una possibile applicazione pratica , soprattutto non connesse a una reale intelligenza.
Per un altro verso alcuni libri a sfondo autobiografico scritti da soggetti con sindrome di Asperger (es. Born on a Blue Day, di Daniel Tammet il cui protagonista ha grandi problemi di comunicazione, ma è in grado di padroneggiare ben dieci idiomi diversi) hanno avvalorato l’idea che alcuni soggetti autistici posseggano straordinarie abilità, capaci di svolgere funzioni di altissimo livello.
Ci fa sapere la Khazan che invece, negli ultimi anni, un buon numero di ricerche ha evidenziato che anche gli autistici, che a prima vista appaiono gravemente disabili, possono avere doti intellettive sorprendenti. I talenti non sarebbero limitati solo a piccole e inutili abilità , come per esempio sapere che il 5 gennaio 1956 era un martedì. Gli scienziati credono, infatti, che gli autistici abbiano i segni di una intelligenza vera, che potrebbe essere addirittura superiore a quella delle persone non autistiche.
La maggior parte degli autistici non si relaziona facilmente, non risponde alle domande, ma quando dà risposte queste risultano totalmente inusuali. Laurent Mottron, psichiatra dell’Università di Montreal, che ha studiato per decenni l’autismo, ha condotto l’anno scorso una ricerca sul comportamento del cervello degli autistici. Innanzitutto il loro cervello “focalizza” il genere di informazioni che “preferisce” elaborare, mentre ignora materie – come segnali verbali e sociali per esempio – che non gli piacciono.
E come tanti ciechi hanno fortemente sviluppato il senso dell’udito, continua Mottron, i cervelli degli autistici sarebbero più abili a capire numeri e immagini. Nel 2011 Mottron era già arrivato alla conclusione che gli autistici concentrano le risorse del cervello più verso i processi visuali e meno su compiti di organizzazione e controllo degli impulsi. Questo perché, come ha mostrato nel 2009, gli autistici sono in grado di risolvere problemi il 40% più velocemente dei non autistici.
Per i suoi soggetti autistici Mottron si servì di un test chiamato Raven’s Standard Progressive Matrices, basato su un riconoscimento visuale di modelli. Fu criticato da molti colleghi perché si riteneva che il test fosse troppo complesso per gli autistici. Nel primo decennio del 2000, infatti, gli autistici non verbali erano considerati dalla maggioranza come ritardati mentali. Invece dal test sarebbe emerso che “gli autistici sono esperti percettivi”, come spiegò Mottron, e dunque “superiori ai neurotipici nell’ elaborare modelli complessi”.
Mottron ha anche confermato che gli autistici hanno una memoria eccellente sia nel ricordare eventi passati da molto tempo, sia nel memorizzare dettagli che normalmente sfuggono ai neurotipici. Ma la novità più sorprendente è che gli autistici avrebbero anche notevoli capacità creative. Un articolo pubblicato il mese scorso su Journal of Autism and Developmental Disorders ha provato a misurare azioni che denotino creatività in soggetti autistici e neurotipici.
Ai partecipanti è stato chiesto di riflettere il più possibile sui molteplici usi, non quelli scontati, di un mattone e di una graffetta. Le risposte (poche ma straordinariamente interessanti) date dai soggetti con autismo grave nel corso dell’esperimento sono risultate altamente insolite, segno di un’impressionante capacità di pensiero creativo. I soggetti neurotipici, all’inizio, non sono andati oltre alle soluzioni ovvie, come resettare il proprio smartphone con la graffetta. Solo in seguito si sono cimentati nella ricerca di possibili usi meno scontati.
Invece gli autistici sono saltati direttamente a conclusioni ingegnose e rispondendo, ad esempio, che avrebbero usato la graffetta come un peso applicato sulla parte anteriore di un aeroplanino di carta, oppure che l’avrebbero riscaldata per suturare una ferita. La co-autrice dello studio Catherine Best, ricercatrice all’Università di Stirling, ha concluso che “la maggior parte della gente dà più importanza alla proprietà dell’oggetto e ricerca per lo più le varie associazioni con esso. Le persone con tratti autistici, invece, sono proprio quelle capaci di dare le risposte più complesse”.
Il mito che il cervello di un autistico presenti carenze cognitive è stato sfatato anche da Steve Silberman; nel suo ultimo libro Neurotribes scrive: “Pensate al cervello come un sistema operativo, ma solo perché un computer non riesce ad avviare Windows non vuol dire che sia danneggiato. Di conseguenza, non tutte le funzioni del ‘sistema operativo’ di un essere umano atipico presentano dei bug”.
Silberman evita termini comuni come “alto funzionamento” e “basso funzionamento”. Può accadere che le persone classificate con alto funzionamento spesso si comportino in maniera poco chiara – come ha spiegato recentemente Terry Gross in un’intervista a NPR – mentre la scienza ha dimostrato che le persone classificate con “basso funzionamento” spesso dimostrano di possedere talenti e abilità che non sono subito evidenti. La sintesi di tutto è che molte persone affette da autismo pensano in maniera diversa e non peggio degli altri.
Tutte queste e altre ricerche potrebbero indicare che sia arrivato il momento di rivalutare il modo con cui gli educatori addestrano i giovani autistici a essere autonomi nella loro vita. Gli interventi nella prima infanzia dovrebbero lavorare sul potenziamento delle originali diversità del pensiero autistico, piuttosto che cercare di eliminare le differenze tra i bambini autistici e quelli neurotipici. Lo stesso Mottron ha detto di non credere più che la disabilità intellettiva sia intrinseca dell’autismo, secondo lui non bisognerebbe porre dei limiti agli autistici nel voler sempre semplificare i materiali didattici ed educativi a loro destinati.
In attesa che l’evidenza scientifica dia maggiore consistenza a quelle che possono sembrare per ora delle ipotesi suggestive, sicuramente è corretto ribadire il concetto che gli autistici non vadano “normalizzati” a tutti i costi, sarebbe veramente un passo avanti verso la civiltà cominciare a considerare un valore, come un diritto indiscutibile, anche il “nostro” pensare eccentrico rispetto a ogni logica lampante solo per l’ umanità neurotipica.
(Traduzione e adattamento di Filippo Nicoletti)