Pensare Ribelle

Lo stress da genitore di autistico


Leggo di due studi scientifici, uno in Polonia e uno in Islanda, che, dopo diversi questionari dati ai genitori, scoprono che chi ha figli autistici vive con un livello maggiore di ansia rispetto a chi non ne ha. Ho sorriso, a dire il vero. Credo che abbia lo stesso valore scientifico di uno studio che si pone la domanda: se bevi il cianuro, muori? Ma comunque, avrebbero potuto risparmiare i soldi e il tempo necessario, e chiedere a me. Avrei detto senza esitazione che sì, crea un’ansia pazzesca. Non la disabilità in sé, che anzi è affascinante e quasi terapeutica per il genere umano che si crede così perfetto, ma la continua e inesorabile rinuncia a una vita, come dire, normale.

Per esempio, sono ormai tre mesi che cerco di organizzare un fine settimana lontano dai figli, con mio marito, nella nostra casetta in campagna. Uscire anche solo per due giorni, da questa bolla che è la mia famiglia, è talmente complesso che spesso in passato ci abbiamo rinunciato. Ma per qualche motivo, questa volta mi sono impuntata come un mulo: io e Dan avremmo passato settantadue ore lontani da Luca, lontani da Emma, senza orologi e senza dover continuamente assecondare i bisogni altrui.

Ho contattato due ex terapiste di Luca, che lo conoscono bene: ne abbiamo bisogno di due, perché due sono le notti che dovrebbero passare qui e possono fare a turno. Ex terapiste perché Luca è estremamente complesso da gestire, e loro lo conoscono molto bene, e lui conosce loro.

Trovare un weekend che andasse bene sia a loro che a noi non è stato facile: prima non potevano loro, poi è arrivata mia madre dall’Italia, poi pioveva, poi Luca ha avuto l’influenza, poi dovevamo portare Emma e le sue amiche a fare roller derby perché visto che la pista di pattinaggio è lontano da Cambridge noi e altre tre famiglie facciamo a turno a portarle.

Poi martedì sera ricevo un messaggino da Ariel: “Questo fine settimana possiamo! Facciamo a turno. Tutto a posto. Non vediamo l’ora di rivedere Luca”. È stato un momento di grande soddisfazione, come quando si conquistano cose che sembrano irraggiungibili. Mando cuoricini e faccine ridanciane e ringrazio. “See you Friday!”, scrivo entusiasta.

Poi guardo il calendario e noto che anche questo sabato è il nostro turno per portare le ragazze a roller derby. “Non c’è problema, faccio cambio di turno con un’altra famiglia”, mi dico ottimista. Ma niente: nessun altro genitore può sostituirmi. Per loro un fine settimana via si può facilmente posticipare, d’altronde. Mica sono stressati come noi, loro. Non allo stesso modo, comunque, altrimenti se ne sarebbero accorti gli scienziati polacchi e islandesi. Abbiamo la scienza dalla nostra parte, mica diciamo le cose a vanvera!

Mi viene addosso una rabbia incontenibile. Non tanto per il finesettimana in sé, ma perché la disabilità di Luca mi riduce a essere l’unica delle quattro famiglie a portare le ragazze il sabato, visto che non posso lasciarlo a casa da solo, e quindi durante la settimana è impensabile che io possa avere un turno.

La disabilità di Luca mi riduce a sognare un fine settimana tranquillo, e non un viaggio di due settimane a Parigi con mio marito. Figuriamoci: manco riusciamo ad andare via due giorni!

La disabilità di Luca mi riduce a vivere una vita ritmata dai suoi limiti, dalla sua dipendenza da altri per sopravvivere.

La disabilità di Luca mi riduce a piangere di rabbia in fondo per una scemenza, per qualcosa che se non si può fare questa volta, si farà la prossima.

Perché come giustamente dicono in Polonia e in Islanda, noi genitori con ragazzi autistici siamo stressati, o meglio ne abbiamo le palle piene di rinunce, di “lo faremo un’altra volta”, di “questa cosa è impensabile da fare”, di “se non ci siamo noi chi pulisce il culo a Luca quando va in bagno?”.

Per fortuna poi in tutto questo c’è Luca, che invece se ne frega altamente di queste riduzioni e ridendo come un matto mi chiede di cantargli per la centomillesima volta ‘Nella Vecchia Fattoria’, perché quando il serpente fa SSSSSS lui si sbellica. E per un istante mi fa pensare che anche se è il più grande rompicoglioni sulla faccia della Terra, in fondo in campagna ci posso andare un’altra volta.

Marina Viola

marinaliena

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http://pensierieparola.blogspot.com
Marina Viola porta il quaranta di scarpe. Vive a Boston e ci fa il diario di quella che pensiamo essere l’ altra parte della luna. Che significa per noi autistici vivere negli Stati Uniti? Potete farle anche domande….

Redazione

La redazione di "Per Noi Autistici" è costituita da contributori volontari che a vario titolo hanno competenza e personale esperienza delle tematiche che qui desiderano approfondire.

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