Buco Nero

Perché per noi autistici non è strategico arrabbiarsi se ci dicono che siamo dei malati

Ci arriva da Silvia, donna autistica, un contributo “dissidente” riguardo la battaglia “sulle parole” sostenuta, anche da noi, per rivendicare il diritto a ribadire che la neurodiversità sia un modo d’essere e non una malattia, come molti in questi giorni stanno affermando. Lo pubblichiamo perché ci piace dibattere e ci piace comprendere punti di vista differenti, ci piace soprattutto sovrascrivere le nostre convinzioni e quindi grazie a Silvia che ci stimola a farlo. 



Mi sono sempre chiesta per quale motivo una categoria diffusa come la nostra non riesca ad avere una forza contrattuale e politica: non credo che il numero dei produttori di pecorino sardo superi quello degli autistici, correggetemi se sbaglio… Certo, non si possono riversare gli autistici sulle strade, ma qualcosa in più si potrebbe anche fare. Persino i no-vax sono più organizzati di noi nel farsi sentire! E dunque?

Guardiamoci negli occhi: il costo di terapie comportamentali serie, a 360 gradi, sarebbe talmente elevato da mandare immediatamente gambe all’aria il SSN già traballante; idem per il sostegno e questo è un primo deterrente nell’occuparsi seriamente della questione. In un’ottica di medio-lungo termine, altri Paesi hanno dimostrato che il risparmio c’è, e riguarda gli autistici adulti rimasti soli, ma in Italia è impossibile da sempre fare programmi che vadano oltre i tre mesi: se fossi uno scienziato-genetista, probabilmente studierei prima questo aspetto che non l’autismo… E tuttavia ci sono cose che si potrebbero cambiare senza impattare in modo eccessivo sui costi, se soltanto riuscissimo a farci sentire nel modo giusto. E non è sufficiente che si faccia sentire uno su mille, come fanno Gianluca e pochi altri, chi ci governa è attento ai numeri. Servirebbe coinvolgere i non autistici nella nostra causa, ma per fare questo, dovremmo cambiare atteggiamento.

Ora dirò una cosa politicamente scorretta, tremendamente scorretta: tutto questo accanirsi contro le parole è controproducente. Ma davvero è un problema, se chi non è del settore, parla erroneamente di malattia, in assoluta buona fede? Dopotutto…

– L’autismo può essere un problema? Sì.

– È qualcosa che ha a che vedere con la Medicina? Sì.

Chiunque faccia 1+1 non è uno squilibrato, è soltanto qualcuno privo di esperienza o cultura in materia, che magari vorrebbe capirci di più e il cui eventuale interesse viene polverizzato da una risposta sprezzante. Perché aggredire o dare dell’ignorante – come avviene ogni volta – porta a un risultato opposto a quello voluto. E non sto parlando delle stupidaggini dette sulla ragazzina svedese [nessuna ragazzina di 16 anni – Asperger o no – dovrebbe mai essere paragonata alla protagonista di un film horror]; parlo dell’utilizzo dei termini malattia o disturbo, fatto con buone intenzioni: chi non intendeva offendere e si sente aggredito, eviterà l’argomento per il resto dei suoi giorni, potete starne certi!

In fondo, mettetevi nei suoi panni: a lui/lei cosa gliene frega? Ha provato una certa empatia, credendo fosse una malattia, se invece è un gran colpo di fortuna… beh, allora perché rompono questi autistici? Vogliamo forse preoccuparci di Michael Burry, Asperger americano miliardario grazie alla sua intuizione sui mutui subprime?!?

Noi esperti sappiamo che l’autismo ha sempre alcune aree di forza e altre di debolezza, ma il vero punto che preoccupa qualsiasi genitore, non è la passione sfrenata del figlio per il lissodelfino australe, ma il fatto che non possa riuscire ad avere una vita indipendente. Ecco, in quest’ottica io non so se ci convenga essere antipatici come siamo, per il gusto di cavillare su una parola. E se proprio vogliamo farlo [del resto, se non provassimo questo desiderio, non saremmo autistici…], vale sempre il detto est modus in rebus…

Lo dico da autistica che – pur amando mettere i puntini sulle i – risultando per questo antipatica – crede ancora nella diplomazia. Si tratta di essere realistici. Se proprio vogliamo scendere sul piede di guerra – e non dovremmo – quando si è 1 contro 99 [o anche 1 contro 59, come dicono le ultime stime americane], serve una strategia.

E l’orgoglio autistico – che chiunque è libero di provare su se stesso con grande beneficio – se sbandierato ai quattro venti con arroganza, non mi pare che ad oggi abbia dato grandi risultati: non quando si cerca di portare qualcuno dalla propria parte.

Silvia Totino

silvia totinoInformatica con una diagnosi di Asperger, vive principalmente a Milano. Condivide un appartamento part-time con un figlio non ufficialmente autistico, ma selvatico e silenzioso al punto giusto, con un interesse fisso spropositato per i motori.
È molto arrabbiata con tutti quelli che – grazie alla sua capacità di adattamento – insistono nell’ignorare la sua diversità anche quando porta loro dei benefici, rendendole così la vita decisamente più complessa.

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Leggi la replica di Marina Viola:

MANUALE DI DIFESA PER AUTISTICI PARTE 2. MARINA VIOLA: LE PAROLE USATE DA IGNORANTI FANNO MALE E PESANO


Redazione

La redazione di "Per Noi Autistici" è costituita da contributori volontari che a vario titolo hanno competenza e personale esperienza delle tematiche che qui desiderano approfondire.

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